STRATEGIE

Modello Industria 4.0 per la PA. Meloni: “Così si realizza la Data Driven Administration”

Intervista al Ceo di Dedagroup Public Services: “Estendere gli incentivi del piano smart manufacturing anche alla digitalizzazione dei servizi pubblici cruciale per accelerare la realizzazione di una burocrazia basata sui dati. Obiettivo: maggiore efficienza a costi minori. Sprint dal Gdpr”

Pubblicato il 26 Set 2018

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La data driven administration pilastro dell’Italia digitale. Fabio Meloni, Ceo Dedagroup Public Services racconta a CorCom quali strategie mettere in campo per raggiungere l’ambizioso obiettivo, partendo da quanto previsto dal Piano Triennale, che dovrà essere la bussola anche del nuovo governo

 

Con il cambio di governo anche il percorso di digital transformation della PA potrebbe arrivare a una impasse: come vede lo scenario?

Grazie all’approvazione del Piano Triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione, in realtà la strada della digitalizzazione della PA sembrerebbe avviata anche grazie all’attivazione di strumenti concreti, che possono funzionare da acceleratori, in particolare per le Amministrazioni Locali: oltre alla possibilità di accedere a un prestito ordinario infatti, le PA locali a partire dal 2019 possono richiedere spazi finanziari per investimenti finalizzati allo sviluppo di software e manutenzione evolutiva, oltre ai contributi previsti dal PON Governance. A questi si affiancano le circolari di AgID per la certificazione delle soluzioni dei Cloud service provider e delle soluzioni SaaS per la PA. Circolari che fissano requisiti minimi ai quali i fornitori si devono adeguare entro il 20 novembre. Ci auguriamo che la nuova legislatura prosegua in questa direzione e continui a sostenere la trasformazione digitale delle amministrazioni, prendendo come punto di partenza questo Piano Triennale e procedendo con lo sviluppo di obiettivi e progetti da realizzare e con milestone e roadmap con cui misurarne la realizzazione nel tempo. In questa fase di transizione, può essere molto importante la continuità assicurata dal Team Digitale che fin dall’inizio del proprio operato ha indicato con decisione la strada dei nuovi paradigmi digitali per la PA. Ci auguriamo che il Team non solo possa continuare a svolgere questo ruolo anche in questa legislatura, ma che vengano seguite le indicazioni di potenziamento che Piacentini ha dato annunciando il suo ritorno a Seattle. E naturalmente rinnoviamo  i nostri migliori auguri a Teresa Alvaro, la nuova Direttrice di AgID.

Quali sono le priorità da affrontare?

Sicuramente va messa in atto una sinergia tra pubblico e privato che permetta di condividere le best practice. Vanno definite delle norme che permettano di estendere gli incentivi dell’Industria 4.0 anche alla digitalizzazione dei servizi pubblici, oltre alla necessità di un marketplace per le PA che offra soluzioni compatibili con il modello Agenda Digitale. Gli obiettivi della PA per noi devono essere da una parte la razionalizzazione dei costi e dall’altra maggior efficacia nell’offerta qualitativamente alta dei servizi.  Su questo fronte il cloud e le soluzioni SaaS possono essere perno per il cambiamento atteso da tempo: il provider gestisce l’infrastruttura e il livello applicativo, l’Amministrazione si concentra sull’utilizzo e sul servizio da erogare a cittadini e imprese.  Ci sono momenti in cui si ha bisogno di più capacità o di una capacità differente e ci si può approvvigionare acquisendo ciò che serve nel momento stesso in cui serve. Quindi, il cloud può anche essere leva per spingere le PA a rivedere i propri modelli di procurement, razionalizzandoli e innovandoli.

Quali punti vanno assolutamente mantenuti, nella strada fatta finora? E quali potrebbero essere modificati o accelerati?

Il Procurement è un tema fondamentale e su questo fronte sono stati fatti importanti passi avanti: con la pubblicazione del Piano Triennale è emersa la necessità di un Marketplace di Soluzioni As a Service, ready to use, di cui sia certificata la compatibilità. Dopo meno di un anno sono uscite le circolari AgID che fissano i criteri per la qualificazione di servizi SaaS per il Cloud della PA e i criteri per la qualificazione dei Cloud Service Provider per la PA. Noi abbiamo avviato questo processo e vogliamo essere tra i primi a qualificare i nostri SaaS, crediamo che sia fondamentale muoversi lungo questa direttrice. Quest’anno, infatti, abbiamo potuto verificare il successo delle nostre soluzioni SaaS già operative presso numerosi Enti Locali e la piena consapevolezza degli Enti Centrali riguardo la necessità di cambiare i modelli di procurement. Tra i prossimi passi fondamentali c’è un nuovo modello di Convenzioni che superi la logica delle giornate uomo e dei Punti Funzione, come ha recentemente affermato Piacentini “… ingabbiare uno sviluppo software in ambito gestionale, che è un processo assieme tecnologico, organizzativo e sociale, entro una metrica rigida e con molte falle, è uno dei motivi che rende inefficiente, conflittuale e troppo costoso il rapporto cliente/fornitore per la PA”. La strada da intraprendere è quella delle Soluzioni As a Service, interoperabili, facilmente fruibili e integrabili con altri sistemi. Questo permetterà alle Città di divenire il vero front-end del sistema operativo del Paese, semplificando la comunicazione e migliorando la qualità dei servizi. Ad esempio, il progetto io.italia.it, recentemente lanciato dal Team Digitale, sottolinea l’importanza di questo percorso e delinea gli sviluppi futuri.

Quali sono le criticità principali, al momento, per la PA italiana nel percorso di transformation?

C’è un’inerzia che è inevitabile, in una fase di trasformazione come quella che stiamo vivendo. L’Italia ha una struttura amministrativa complessa con la sua numerosità di livelli di amministrazione. Ci vuole tempo. In questa fase è importante avere un modello di riferimento unico che dia indicazioni di come le PA devono interoperare, scambiarsi informazioni ed erogare in modo uniforme e coerente servizi a cittadini ed imprese. Le linee guida definite da AGID vanno in questo senso e costituiscono il riferimento per orientare lo sviluppo delle applicazioni che resterà necessariamente policentrico ma in un quadro di regole unitario. È importante fornire dei parametri di riferimento che permettano agli enti della PA Italiana di stabilire se una soluzione già sul mercato è compatibile con i requisiti richiesti e quindi adottabile.

L’economia dei dati sta prendendo il sopravvento: il 2018 è stato un anno cruciale su questo fronte, portato alla ribalta da casi come quello di Facebook. Il vostro slogan è da tempo “Data Driven Administration”: alla luce dei nuovi fenomeni la vision che ispira la vostra strategia ha necessità di aggiustamenti? Quali? Sta dando risultati, in Italia? Quali saranno i vantaggi? Il “problema” italiano in questo senso ha caratteristiche specifiche?

La Data Driven Administration, e con esso la messa a fattor comune di dati e servizi, è un obiettivo da raggiungere. Raggiungerlo significa più trasparenza, maggior efficacia delle politiche, maggior efficienza e minori costi, non da ultimo la possibilità di essere sempre più vicini a cittadini e imprese. Proprio per questo è necessaria la piena fiducia di chi fornisce i dati sul loro corretto utilizzo e sulla protezione della Privacy. Ecco perché il GDPR non deve essere visto come un adempimento che complica i processi, ma come uno strumento per costruire fiducia nella “Data Driven Administration”. Riteniamo che anche nella capacità di considerare la compliance come un elemento di sistema da incorporare nella tecnologia  stia la via europea, ma a noi piace pensare addirittura italiana, al Software di qualità e a una trasformazione digitale che sia votata allo sviluppo del genere umano. Dopo tanto parlare di disruption, insomma, direi che dobbiamo avere consapevolezza degli strumenti, delle potenzialità e dei limiti, e obiettivi da costruire. Infatti noi non parliamo solo di Data Driven Administration ma anche di “Costruire le infrastrutture digitali del Paese” e di “Realizzare il Cambiamento”.

Quali sono gli ostacoli principali di una data driven administration? Come superarli?

Proprio Ca.Re., Cambiamento Realizzato, è il nome dell’indice che offriamo agli Enti Locali per misurarsi sulla loro capacità di digitalizzare per migliorare, perché sicuramente uno dei “limiti”, se così possiamo definirli, dell’attuazione di una Data Driven Administration è il non poter misurare i risultati raggiunti dall’Ente. Per ovviare a questo problema abbiamo sviluppato un insieme di KPI (key performance indicator) che, collegati al DESI (Digital Economy and Society Index) possono essere misurati in maniera intuitiva e semplice attraverso la nostra piattaforma Civilia Next. In questo modo ogni singola amministrazione che ha in dotazione il nostro sistema può verificare il proprio grado digitalizzazione in tempo reale, ad esempio attraverso la misurazione delle proprie skill sul digitale o dell’aumento della percentuale di open data.

Dal suo osservatorio vede best practice su questo fronte all’estero? Dove? L’Italia potrebbe importarli?

Dedagroup è impegnata a costruire le best practice italiane da esportare. Vogliamo fare del “Made in Italy” un marchio di eccellenza anche nella produzione del software. Il gruppo ha già ottenuto importanti risultati nell’esportazione delle soluzioni ERP per il mercato fashion e delle soluzioni per Tesoreria e Pagamenti nel mercato Finance. Vorremmo che ci fosse maggiore consapevolezza del fatto che anche negli Enti Pubblici il nostro Paese presenta delle eccellenze che possono fare scuola all’estero: penso alla riabilitazione e prevenzione degli infortuni sul lavoro (Inail), al sistema della Coesione Territoriale, al livello di digitalizzazione delle Dogane e a tutta l’innovazione diffusa che nasce ogni giorno nelle nostre città (mobilità sostenibile, risparmio energetico, economia circolare).

Il vostro gruppo è attivo su una pluralità di snodi grazie anche a piattaforme messe a punto per traghettare le PA nel digitale: quali sono le criticità a cui i vostri strumenti (Civilia, PagoPA ecc) vengono incontro? Ci sono novità su questo fronte? Quali sono gli obiettivi futuri?

 

Lo sviluppo di software è uno dei pilastri del posizionamento del nostro gruppo, che ha come punto di forza proprio il blend unico fra competenze di system integration, digital design e soluzioni software, facendo leva sulla capacità di calare il codice nel contesto organizzativo e dei processi dei clienti.

Nel 2017 il Gruppo ha investito in attività di Ricerca & Sviluppo oltre 33M €, di cui ben 5,6M dedicati all’evoluzione, al completamento e alla compliance delle soluzioni in portafoglio.

Oggi più di 250 Comuni in Italia usano Civilia Next, la nostra piattaforma per la PA digitale, mentre Folium, soluzione modulare che governa tutti i processi di creazione, protocollazione, gestione e conservazione dei documenti è lo strumento in questo ambito più diffuso nella Pubblica Amministrazione italiana, usata da oltre 100 PA, tra cui Enti Centrali, Province, Comuni e ASL. Siamo impegnati in progetti nella realizzazione delle infrastrutture immateriali del Piano Triennale, ne supportiamo l’attuazione in ambiti quali la digitalizzazione end-to-end dei processi amministrativi, la sanità digitale, l’adozione di ANPR, di PagoPA e di SPID. Per esempio recente è il supporto al Comune di Milano nell’implementazione di PagoPA, piattaforma centrale dei pagamenti.

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