L'OPERAZIONE

Parte il risiko nella gig economy, Glovo compra Foodora Italia

La startup spagnola del food delivery mira alla leadership nel nostro Paese e acquisisce la concorrente di proprietà della tedesca Delivery Hero

Pubblicato il 31 Ott 2018

F. Me

Glovo1

Parte il risiko della gig economy. Glovo ha siglato un accordo con la società tedesca Delivery Hero per l’acquisizione di Foodora Italia. L’acquisizione rientra nella strategia di sviluppo della start up spagnola che mira a consolidare la sua presenza in diversi mercati, con un focus nell’area Emea, dove l’Italia riveste un ruolo chiave.

L’operazione prevede diverse fasi che porteranno le due realtà sotto il solo marchio Glovo. La piattaforma di Foodora Italia sarà attiva fino ad allora. Foodora, nata in Germania nel 2014, parte di Delivery Hero che ne detiene il marchio, è presente in Italia dal 2015, prima a Milano e Torino, poi a Roma e Firenze ed ora anche a Bologna e Verona, con una fitta rete di partner commerciali. Glovo opera in Italia in 12 città, mentre in tutto il mondo è attiva con i suoi servizi in 76 città e 20 Paesi.

“La diversificazione della nostra offerta di consegne on demand, estesa a ristoranti, supermercati, farmacie e negozi di ogni genere è un approccio di business che ci ha premiato sul mercato – spiega Matteo Pichi, Country Manager di Glovo Italia. “In un solo anno infatti, siamo passati da essere attivi in una sola città, Milano, a coprire capillarmente oltre 12 attraverso accordi commerciali con numerosi importanti partner da Roadhouse e La Piadineria, a McDonald’s fino a To.Market, il supermercato online disponibile sette giorni su sette. I clienti oggi vogliono soprattutto risparmiare tempo, delegando commissioni e incombenze a chi lo sa fare in modo efficiente, e vogliono poterlo fare da un’unica app che deve offrire un’ampia scelta di servizi, semplicità e immediatezza”.

Con questa operazione, l’app spagnola – stata fondata a Barcellona nel 2015 – di delivery mira a diventare leader indiscusso in Italia, proponendosi sul mercato con un potenziale raggio di azione di 620.000 utenti e 4.500 partner commerciali.

“La fiducia di rinomati fondi istituzionali – conclude Pichi – che hanno investito importanti capitali nel nostro business – 115 milioni di euro solo nel terzo round chiuso a luglio di quest’anno – ci hanno permesso di ottimizzare ulteriormente la nostra piattaforma tecnologica, fulcro vitale del nostro business, per proporre un servizio ancora più semplice, pratico e tempestivo a tutti i nostri interlocutori: rider, utenti ed esercizi commerciali”.

In Italia il food delivery ha il vento in poppa. Secondo il primo studio effettuato sul settore da Coldiretti e Censis, nel 2018 più di un italiano su tre (37%) ha utilizzato una piattaforma digitale per ordinare cibo dal telefono o dal computer, con un aumento del 47% rispetto all’anno precedente.

Si tratta del settore più dinamico della ristorazione che ha ormai allargato i suoi confini a offerte sempre più personalizzate. Della partita ora anche ristoranti di qualità che si servono di piattaforme come Just Eat, Foodora, Deliveroo, Bacchette Forchette o Uber Eats.

Tra gli aspetti che secondo gli italiani vanno migliorati, per il 38,1% c’è il rispetto dei diritti del lavoro dei fattorini, per il 28% l’esigenza di avere una maggiore sicurezza dei prodotti durante il loro trasporto; il 25,3% poi chiede alle piattaforme web di promuovere anche la qualità dei prodotti e il 17,7% vorrebbe migliorare anche l’utilizzo di prodotti tipici e locali.

Del resto che il food possa essere la leva strategica per lo sviluppo dell’e-commerce italiano emerge anche dai dati dell’Osservatorio Polimi-NetComm: “In Europa – spiega Alessandro Perego, direttore scientifico degliOsservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano – l’Italia è ancora lontana dai principali mercati e- Commerce. Lo sviluppo del nostro mercato deve passare in prima battuta dal potenziamento nell’offerta del Food&Grocery, la prima voce di spesa nel paniere degli acquisti degli italiani. Nonostante l’ingresso di diversi player locali e internazionali in questo settore, l’offerta non ha ancora la capacità di garantire una copertura territoriale capillare: oggi 4 italiani su 5 non possono ancora effettuare online la spesa da ‘supermercato’ con un adeguato livello di servizio.”

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