LE NUOVE NORME

Contenuti online, gli Usa pronti alla stretta sui social

Il Dipartimento di Giustizia punta a cambiare la parte del Communications Decency Act che garantisce l’immunità per i gestori dei siti web. Ma gli analisti lanciano l’allarme censura

Pubblicato il 27 Gen 2020

Antonio Dini

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Sedici parole che proteggono da quasi venticinque anni i big del tech. È la lunghezza della Sezione 230 del Communications Decency Act che garantisce sostanzialmente l’immunità per i gestori dei siti web relativamente ai contenuti pubblicati dagli utenti. Cambiare questa norma vorrebbe dire portare sulle spalle delle aziende della Silicon Valley delle responsabilità che non hanno mai dovuto affrontare sinora, ovvero aumentare in maniera radicale i costi dei giganti per la gestione e il monitoraggio dei contenuti.

Questo però pare sia l’obiettivo perseguito dal procuratore generale degli Stati Uniti, William Barr, che già un mese fa durante una seduta della Commissione giustizia del Senato aveva dichiarato che stava “studiando la Sezione 230 e i suoi obiettivi”. Adesso, mentre il Dipartimento di giustizia starebbe preparando una serie di incontri con esperti del settore, professori e anche rappresentanti dei big del tech e le altre parti sociali per esaminare il futuro della Sezione 230 del Communications Decency Act del 1996.

Il cambiamento della Sezione 230, e la sua possibile cancellazione a favore di un sistema basato sulla responsabilità degli ISP per i contenuti caricati in rete dagli utenti, potrebbe portare secondo alcuni osservatori a una rivoluzione in negativo del modo con il quale cresce la cultura della rete. La cosiddetta “clausola del buon samaritano” infatti è stata quella che ha permesso la creazione una cultura basata sulla libertà di espressione, il diritto al “free speech”. La sua eliminazione porterebbe da una parte dei costi molto più elevati da parte degli ISP sui contenuti postati dagli utenti (cioè adesso sostanzialmente i social network) che, a loro volta, limiterebbero fortemente la libertà di parola e di pubblicazione dei contenuti.

Invece, Barr sostiene che “in molti sono preoccupati che l’immunità garantita dalla Sezione 230 sia stata estesa molto oltre quello che il Congresso intendeva”. Inoltre, secondo Barr, la normativa attuale “permette alle piattaforme di evitare completamente la responsabilità di controllare i contenuti caricati dai loro utenti, mentre possono al tempo stesso bloccare e rimuovere i contenuti caricati da qualsiasi utente, anche quelli di tipo politico, con la più totale impunità”.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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