L'INTERVISTA

Morassut: “La partita del Green New Deal si vince sulle smart city”

Il sottosegretario all’Ambiente: “Il tema delle città è il tema del secolo, siamo di fronte a un nuovo urbanesimo e per raggiungere gli obiettivi 2050 occorrono investimenti e risorse pubbliche importanti. E l’Italia ha le carte in regola”

Pubblicato il 19 Feb 2020

roberto

La sfida del Green New Deal si vince sulle smart city. Ne è convinto il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Morassut che delinea a CorCom le azioni che il ministero intende mettere in campo per accompagnare la svolta.

Green new deal, in Italia che ruolo può svolgere l’innovazione nelle città nella messa in pratica del piano europeo?

Quando parliamo di green new deal facciamo riferimento ad un modello di sviluppo ecologicamente sostenibile, basato su una economia circolare, più efficiente nell’uso delle materie e dell’energia. Una nuova rivoluzione industriale e tecnologica incentrata sulla green economy ed al tempo stesso una nuova idea di benessere, più intelligente, che coinvolge anche il modo di pensare alle città, contribuendo a migliorare la qualità degli spazi urbani. I cambiamenti in direzione green possono avere un acceleratore e incubatore formidabile nelle città, dove in un progetto di green city possono interagire tre fattori chiave: la qualità ambientale, la circolarità delle risorse e le politiche di mitigazione e adattamento climatico. Le città sono tra gli emettitori principali di gas serra e CO2. Tutte le stime dell’Ocse ci dicono che la popolazione delle medie e grandi aree urbane è destinata a crescere, ma non potranno aumentare i loro perimetri, che, al contrario andranno contenuti attraverso opere di riqualificazione. È quindi evidente che servirà un’innovazione tecnologica del processo edilizio e delle reti dei servizi, una nuova visione della forma delle città, l’utilizzo di materiali non inquinanti per opere di demolizione e ricostruzione e la realizzazione di impianti di riutilizzo. Le città ospitano più della metà della popolazione mondiale, producono l’80% del Pil, generano oltre il 70% delle emissioni globali di gas serra e consumano circa il 70% delle risorse e dell’energia. Le condizioni ambientali sono diventate il fattore distintivo di quelle città che vogliono collocarsi tra le più avanzate al mondo. Solo investendo in innovazione e soluzioni alternative possiamo concretizzare il nuovo modello a cui aspiriamo.

Che azioni intende mettere in campo il ministero dell’Ambiente su questo fronte?

Il tema delle città è il tema de secolo, siamo di fronte a un nuovo urbanesimo e per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2050 occorrono investimenti e risorse pubbliche importanti. Il governo ha iniziato con il dl Clima, la legge di bilancio e ora col collegato ambientale ad investire nel lungo periodo nel fondo sociale per l’edilizia pubblica e nella mobilità urbana sostenibile. In particolare, nella manovra abbiamo istituito un fondo finalizzato al rilancio degli investimenti per lo sviluppo del Paese su cui transiteranno circa 20miliardi di euro fino al 2034. Si punta sull’economia circolare, sulla decarbonizzazione, sulla riduzione delle emissioni, sul risparmio energetico, sulla sostenibilità ambientale e sui programmi di investimento per progetti di carattere innovativo. Gli enti locali, nel periodo 2020 – 2034, disporranno di circa tre miliardi di euro per interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio comunale, nonché per investimenti di messa in sicurezza di strade. Le regioni a statuto ordinario godranno inoltre di contributi per investimenti volti alla realizzazione di opere per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio nonché per interventi in viabilità e per lo sviluppo di sistemi di trasporto pubblico ecologici, per la rigenerazione urbana e la riconversione energetica verso fonti rinnovabili, per le infrastrutture sociali e le bonifiche ambientali dei siti inquinati. Qui parliamo di circa 5miliardi e mezzo di euro nel periodo 2021 – 2034; 33 milioni di euro dal 2020 al 2023 e 66 milioni di euro dal 2024 al 2028 serviranno a finanziare la partecipazione italiana alla ricostituzione del «Green Climate Fund». Abbiamo poi previsto l’emissione di titoli di Stato “green”, ovvero delle obbligazioni verdi per finanziare investimenti per il contrasto al cambiamento climatico e la protezione dell’ambiente. Entro il prossimo anno, sarà istituita presso il Ministero dell’Ambiente una Commissione per lo studio e l’elaborazione di proposte sulla transizione ecologica e sui sussidi ambientalmente dannosi. Il fondo per la progettazione preliminare e definitiva degli interventi di bonifica di beni contaminati da amianto sarà incrementato di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 e sarà esteso anche agli interventi di bonifica delle navi militari. I comuni dovranno convertire almeno il 50 per cento dei loro mezzi di servizio con veicoli alimentati ad energia elettrica, ibrida o a idrogeno.

Quali sono le tecnologie chiave per dare sprint alle smart city?

La città intelligente si realizza attraverso un approccio alle città integrato e multisettoriale, basato sugli aspetti decisivi della elevata qualità ambientale, dell’efficienza e della circolarità delle risorse, della mitigazione e dell’adattamento al cambiamento climatico. Tutto questo si concretizza nella realizzazione di un trasporto locale accessibile, sicuro e sostenibile, abitazioni ad un prezzo equo per tutti, urbanizzazione inclusiva e sostenibile, attenzione all’inquinamento dell’aria e alla gestione dei rifiuti, verde urbano e spazi pubblici sicuri ed inclusivi. Il nuovo modello chiede lo sviluppo costante di tutte le telecomunicazioni digitali con applicazioni per il controllo e la gestione anticipata del traffico cittadino, dei percorsi da eseguire e della disponibilità dei parcheggi, la raccolta differenziata, l’efficienza e i consumi energetici della propria abitazione monitorando in tempo reale i consumi. Uno dei principali problemi delle nostre aree urbane è la forte congestione da traffico veicolare, conseguenza di un elevato squilibrio modale a favore dell’autovettura privata, con una media nazionale di 645 autovetture ogni 1.000 abitanti, il valore più alto a scala europea.

Come si può intervenire?

L’azione del Governo è rivolta, da un lato, alla dismissione dei veicoli più inquinanti e, dall’altro, all’utilizzo di soluzioni di spostamento alternative all’autovettura privata, con misure come gli “eco-bonus” per l’acquisto di nuove autovetture elettriche e ibride, la promozione della sharing mobility, l’implementazione del trasporto pubblico e la creazione di parcheggi intelligenti strategicamente collegati. Un altro punto importante riguarda il tema della rigenerazione urbana: la smart city ha edifici green, a basso impatto ambientale certificati secondo gli standard di efficienza energetica, che consentono una riduzione del 40-70% della spesa per acqua, tagliano le emissioni di CO2 del 70% e diminuiscono i rifiuti fino al 90%. Tutto questo genera un ritorno sugli investimenti pari al 40% che si ammortizzano in meno di 5 anni. C’è poi un altro elemento fondamentale.

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Che sarebbe?

L’energia rinnovabile. Le smart cities devono obbligatoriamente diminuire la dipendenza dalle fonti fossili e dalle reti esterne. Qui si collega il discorso della gestione dei rifiuti: una smart city deve essere in grado di recuperare il biogas dalle discariche cittadine per trasformarlo in una fonte di energia elettrica verde, tagliando le emissioni di CO2 e riducendo notevolmente l’inquinamento.

La sostenibilità è la bussola della città del futuro. Come si può declinare nella pratica “urbana” per evitare che resti solo uno slogan

Le città sono tra gli emettitori principali di gas serra e CO2. Tutte le stime dell’Ocse ci dicono che la popolazione delle medie e grandi aree urbane è destinata a crescere, ma non potranno aumentare i loro perimetri, che, al contrario andranno contenuti attraverso opere di riqualificazione. È quindi evidente che servirà un’innovazione tecnologica del processo edilizio e delle reti dei servizi, una nuova visione della forma delle città, l’utilizzo di materiali non inquinanti per opere di demolizione e ricostruzione e la realizzazione di impianti di riutilizzo. È una questione che chiama in causa una vera e propria rivoluzione culturale e politica perché ci chiede di cambiare il nostro modo di percepire lo spazio pubblico, il rapporto con le risorse naturali e l’uso dell’energia. I punti fondamentali sono l’investimento nella ricerca per l’innovazione tecnologica e nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica ad un uso sostenibile e condiviso delle risorse.

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