IL CASO

TikTok non molla: ricorso contro il ban Usa sugli app store

La società di ByteDance si è rivolta alla corte distrettuale di Washington per contrastare l’ordine dell’amministrazione Trump che diventerà esecutivo dal 27 settembre. Ancora in alto mare le trattative con Oracle

Pubblicato il 24 Set 2020

tiktok

TikTok prova a contrastare il blocco delle proprie attività negli Stati Uniti dettato dall’amministrazione Trump presentando un ricorso presso la corte distrettuale di Washington. L’obiettivo è ottenere la riammissione negli app store del paese.

La messa al bando di TikTok dagli Stati Uniti, decretata dal governo Usa sulla base di ragioni di sicurezza nazionale, dovrebbe infatti scattare il prossimo 27 settembre, termine massimo imposto alla società cinese ByteDance per cedere il controllo delle attività della app negli Usa. Si tratta comunque di una proroga di una settimana rispetto a quanto inizialmente previsto: sabato il Dipartimento del Commercio ha infatti ritardato l’esecuzione della direttiva citando “recenti sviluppi positivi” nei colloqui sul destino delle sue operazioni negli Stati Uniti.

Il presidente ha detto questa settimana che avrebbe benedetto un accordo proposto in cui Oracle e Walmart acquisissero una partecipazione del 20% in una nuova entità statunitense che si chiamerà TikTok Global. Ma ha anche detto che potrebbe ritirare la sua approvazione se Oracle non “avrà il controllo totale” sulle attività. Ma le due parti in causa sembrano al momento in disaccordo sulla struttura aziendale di TikTok Global. ByteDance, la società cinese a cui fa capo TikTok, ha dichiarato lunedì che continuerà a possedere l’80% dell’entità statunitense dopo un round di finanziamento. Oracle, nel frattempo, ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che gli americani “saranno la maggioranza e ByteDance non avrà alcuna proprietà in TikTok Global”.

I media cinesi hanno criticato lo stato della negoziazione, suggerendo che Pechino non è soddisfatta dell’accordo. Un editoriale del China Daily, di proprietà statale, ieri ha definito l’accordo un “trucco sporco e subdolo”.

Per TikTok le ragioni di Trump non sussistono

Nel suo ricorso presso il tribunale federale nel distretto di Columbia, TikTok afferma che le ordinanze dell’amministrazione Trump che la escludono dagli app store di Apple e Google “ecceda drammaticamente” le prerogative e i poteri del dipartimento del Commercio Usa e del presidente. TikTok sostiene anche che i divieti sanciti dal governo non siano motivati da genuine motivazioni di sicurezza nazionale, ma “da considerazioni politiche relative alle imminenti elezioni generali”. TikTok dice senza mezzi termini che l’ordine esecutivo di Trump del 6 agosto è illegale. L’azienda cinese ha detto che il presidente non ha l’autorità per intraprendere queste azioni ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale che ha citato, e che il divieto viola i diritti di parola del Primo Emendamento di TikTok e i diritti del processo legale del Quinto Emendamento. Non sussisterebbe quindi l’autorità per imporre le restrizioni perché le accuse non sono basate su questioni di emergenza nazionale.

TikTok non è l’unica piattaforma cinese a volersi “ribellare” al diktat del presidente americano. L’amministrazione Trump ad agosto ha anche avviato un processo per vietare l’app di messaggistica WeChat di proprietà di Tencent. Le restrizioni che avrebbero effettivamente reso impossibile l’utilizzo dell’app sarebbero dovute entrare in vigore domenica. Durante il fine settimana, un giudice federale della California ha approvato la richiesta di un gruppo di utenti WeChat statunitensi di ritardare tali restrizioni, spiegando che le azioni del governo avrebbero leso i diritti sanciti dal Primo Emendamento.

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