LA SENTENZA

Tlc, le offerte “zero-rating” bocciate dalla Ue: “Violano la net neutrality”

Il pronunciamento della Corte di Giustizia europea sui pacchetti con “corsia preferenziale”. Il caso riguarda l’Ungheria ma il principio vale per tutti gli Stati membri: favorire parte del traffico per motivi commerciali lede i diritti degli utenti

Pubblicato il 15 Set 2020

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La Corte di giustizia europea ha definitivamente chiarito che le pratiche di zero-rating possono essere proibite sulla base del regolamento europeo 2020 del 2015, che ha introdotto in Europa le norme sulla net neutrality.

Con la sentenza di oggi la Corte per la prima volta ha interpretato il regolamento dell’Unione che sancisce la neutralità di Internet. Gli obblighi di protezione dei diritti degli utenti di Internet e di trattamento non discriminatorio del traffico vietano che un fornitore di accesso a Internet privilegi talune applicazioni e taluni servizi mediante pacchetti che consentono a tali applicazioni e servizi di beneficiare di una “tariffa zero” e che assoggettano l’utilizzo delle altre applicazioni e degli altri servizi a misure di blocco o di rallentamento.

Il caso in questione riguardava l’Ungheria e la società Telenor che fornisce, in particolare, servizi di accesso a Internet. Tra i servizi proposti ai suoi clienti figurano due pacchetti di accesso preferenziale (zero-rating) la cui particolarità sta nel fatto che il traffico di dati generato da taluni servizi e applicazioni specifici non è computato nel consumo del volume di dati acquistato dai clienti. Inoltre, questi ultimi possono, una volta esaurito detto volume di dati, continuare a utilizzare senza restrizioni tali applicazioni e tali servizi specifici, mentre alle altre applicazioni e agli altri servizi disponibili sono applicate misure di blocco o di rallentamento del traffico.

Il caso Telenor e il ricorso alla Corte europea

Dopo aver avviato due procedimenti volti a controllare la conformità di tali due pacchetti con il regolamento 2015/2120 che stabilisce misure riguardanti l’accesso a un’Internet aperta, l’Ufficio nazionale dei media e delle comunicazioni ungherese ha adottato due decisioni con le quali ha dichiarato che essi non rispettavano l’obbligo generale di trattamento equo e non discriminatorio del traffico di cui all’articolo 3, paragrafo 3, di tale regolamento e che la Telenor doveva porvi fine.

Adita con due ricorsi proposti da quest’ultima, la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest) ha deciso di interpellare la Corte europea in via pregiudiziale al fine di sapere come debba essere interpretato e applicato l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, del regolamento 2015/2120, che garantisce un certo numero di diritti agli utenti finali di servizi di accesso a Internet e che vieta ai fornitori di detti servizi di adottare accordi o pratiche commerciali che limitino l’esercizio di tali diritti, nonché l’articolo 3, paragrafo 3, che sancisce un obbligo generale di trattamento equo e non discriminatorio del traffico.

Nella sua sentenza del 15 settembre 2020, la Corte, in Grande Sezione, ha interpretato per la prima volta il regolamento 2015/2120, che sancisce il principio essenziale dell’apertura di Internet (“neutralità della rete”).

La sentenza: “Lo zero-rating limita i diritti degli utenti”

La Corte ha rilevato che la conclusione di accordi mediante i quali determinati clienti sottoscrivono pacchetti che combinano una “tariffa zero” con misure di blocco o di rallentamento del traffico connesso all’utilizzo di servizi e di applicazioni diverse dai servizi e dalle applicazioni specifici soggetti a tale “tariffa zero” è idonea a limitare l’esercizio dei diritti degli utenti finali, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, di tale regolamento, su una parte significativa del mercato.

Infatti, siffatti pacchetti sono tali da incrementare l’utilizzo delle applicazioni e dei servizi privilegiati e, correlativamente, tali da rarefare l’utilizzo delle altre applicazioni e degli altri servizi disponibili, tenuto conto delle misure mediante le quali il fornitore di servizi di accesso a Internet rende quest’ultimo utilizzo tecnicamente più difficoltoso, se non impossibile. Inoltre, quanto più il numero di clienti che concludono siffatti accordi è rilevante, tanto più l’impatto cumulativo di tali accordi può, tenuto conto della sua portata, comportare una notevole limitazione all’esercizio dei diritti degli utenti finali, o addirittura compromettere l’essenza stessa di tali diritti.

In secondo luogo, per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120, la Corte ha rilevato che, per constatare un’incompatibilità con tale disposizione, non è richiesta alcuna valutazione dell’impatto di tali misure di blocco o di rallentamento del traffico sull’esercizio dei diritti degli utenti finali. Infatti, tale disposizione non prevede un simile requisito per valutare il rispetto dell’obbligo generale di trattamento equo e non discriminatorio del traffico ivi contenuto. Inoltre, la Corte ha dichiarato che quando misure di rallentamento o di blocco del traffico sono basate non su requisiti di qualità tecnica del servizio obiettivamente diversi di specifiche categorie di traffico, ma su considerazioni di ordine commerciale, tali misure devono ritenersi, in quanto tali, incompatibili con la suddetta disposizione.

Pertanto, pacchetti come quelli sottoposti al controllo del giudice del rinvio sono, in via generale, tali da violare sia l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento 2015/2120, che il l’articolo 3, paragrafo 3, fermo restando che le autorità e i giudici nazionali competenti possono direttamente esaminarli alla luce della seconda di tali disposizioni, ha concluso la Corte di giustizia europea. In Italia l’Agcom conduce una costante vigilanza sulle pratiche di zero rating e traffic management e ha emesso alcune diffide e avviato procedimenti in materia.

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