WORLD ECONOMIC FORUM

Industria 4.0 e digitale pilastri della ripresa. Ma c’è il nodo cybercrime

Nello studio “Covid-19 Risks Outlook” sfide e opportunità della digital economy. Modelli produttivi più sostenibili ma anche vulnerabilità delle reti e minacce alla privacy. Focus sulle competenze per arginare gli impatti dell’automazione sul lavoro

Pubblicato il 20 Mag 2020

Patrizia Licata

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Nella gestione dell’emergenza coronavirus la tecnologia ha assunto un ruolo primario per aiutare i governi, le aziende e le persone. Il lavoro, lo studio e l’intera economia si sono sorrette su modalità contact-free grazie agli strumenti digitali. È una digitalizzazione dell’economia e della società accelerata, avvenuta in modo improvviso,  quasi forzato, e che, nella fase di ripresa post-pandemia, potrà creare nuove opportunità, come lo sviluppo di Industria 4.0 e di processi produttivi più sostenibili. Tuttavia, una maggiore dipendenza dalla  tecnologia accresce i rischi di cyber-sicurezza. Sono le considerazioni espresse dal World economic forum (Wef) nello studio “Covid-19 Risks Outlook” (qui il report completo) condotto insieme a Marsh & McLennan and Zurich Insurance Group che fornisce una mappa preliminare delle implicazioni della pandemia sui diversi settori produttivi.

Secondo il 38% degli esperti di cyber-minacce intervistati dal Wef, il più probabile impatto negativo dello smart working sarà un aumento dei cyber-attacchi e delle frodi sui dati. Inoltre, la rapida implementazione di nuove soluzioni tecnologiche ha esacerbato altri rischi, continua  lo studio, come frammentazione digitale, violazioni della privacy e diseguaglianze. Il Covid-19 finirà col creare nuove sfide nella relazione tra tecnologia e governance, mentre una perdita di fiducia nella tecnologia, o l’uso per scopi illeciti dei suoi strumenti, potrebbe produrre effetti duraturi sulla società.

Più automazione, focus sul digital divide

La necessità di reagire alle interruzioni nel normale ciclo produttivo a causa del coronavirus e le misure di lockdown hanno facilitato le evoluzioni tecnologiche e le implementazioni di soluzioni di automazione e stampa 3D e nuovi processi come il lavoro distribuito e l’onshoring della produzione. L’automazione, in particolare, è destinata a diffondersi capillarmente perché migliora la resilienza delle catene logistiche e della produzione riducendo il personale in sede per motivi di sicurezza sanitaria.

Lo smart working dunque proseguirà e un maggior numero di mansioni sarà automatizzata, anche laddove in precedenza si prevedeva una automazione ibrida, cioè con una collaborazione tra l’uomo e il robot. Uno dei rischi evidenziati dallo studio del Wef è una significativa perdita di posti di lavoro e un aumento del  digital divide nella forza lavoro: chi ha competenze digitali è competitivo sul mercato del lavoro, chi non possiede digital skill resta escluso. Anche il divario tra paesi potrebbe allargarsi in base agli stessi fattori: automazione della produzione e diffusione delle competenze digitali.

Il nodo privacy: trust a rischio

Lo studio del Wef cita anche le tante app di contact tracing adottate o in via di adozione nel mondo per il monitoraggio degli spostamenti dei cittadini e il rilevamento di contagi e focolai. Queste app evidenziano i rischi per la protezione dei dati personali e portano alla luce un nodo difficile da sciogliere: quanto siamo pronti a cedere su privacy e sicurezza in nome del controllo dell’emergenza sanitaria? Il rischio è che un abuso dei dati e dei sistemi di monitoraggio (anche negli ingressi nelle aziende e nei luoghi pubblici) porti a una perdita di fiducia nella tecnologia e nelle azioni dei governi da parte delle persone.

Smart working: è davvero sicuro?

Un’altra preoccupazione espressa dai cyber-esperti intervistati dal Wef è che i nuovi modi di lavorare creino dei nuovi cyber-rischi, ovvero attacchi informatici e furto di dati. La crisi Covid-19 ha accelerato la dipendenza da processi economici abilitati dalle tecnologie digitali e, di conseguenza, i rischi per la sicurezza aumentano.

Il Wef sottolinea per esempio la vulnerabilità dei servizi usati per lo smart working, come le Vpn (Virtual private networks), spesso non adeguatamente protette, e i rischi creati dalla difficoltà di separare i sistemi aziendali da quelli privati: le informazioni sensibili non protette sui dispostivi personali potrebbero essere facilmente sottratte.

Uno studio dell’Ncsc britannico (Uk National cyber security centre) e del dipartimento americano di sicurezza nazionale (Us Department of homeland security) ha portato alla luce anche i modi con cui i cyber-criminali stanno già sfruttando la pandemia facendo leva sulla tendenza del pubblico di cercare informazioni sul virus, spinti da paura, confusione e anche dalla noia di un prolungato isolamento sociale. Gli hacker hanno così più opportunità di diffondere malware, ransomware e attacchi di phishing facendo leva sulla ricerca con le parole chiave coronavirus e Covid-19 e su falsi siti governativi. Si sono moltiplicate anche le registrazioni di nomi di dominio contenenti le parole coronavirus e Covid-19.

Esiste anche un rischio di interruzioni nel funzionamento delle infrastrutture critiche perché i servizi sono resi più vulnerabili dalla crescita esponenziale dalla domanda: accade sulle reti telecom, come su quelle energetiche, nei servizi finanziari come nella sanità.

Oltre i rischi, le opportunità per Industria 4.0

Il quadro tracciato dal Wef non è però tutto negativo. E non vuole fornire previsioni ma piuttosto, alla luce delle criticità emerse nel sondaggio con gli esperti di cyber-rischi, sottolineare la necessità di agire oggi in modo proattivo per indirizzare il futuro verso un progresso sostenibile e mitigare i rischi. Per il Wef “la crisi offre un’opportunità unica di dar forma a un mondo migliore”.

Per le aziende c’è l’occasione di accelerare la trasformazione verso modelli operativi più sostenibili e fortemente digitalizzati, aumentando nel contempo la produttività. Per quanto riguarda Industria 4.0, la tecnologia ha aiutato le società a gestire la crisi e portato alla luce i vantaggi della digitalizzazione di attività come il lavoro, la formazione e la produzione industriale, dalla telemedicina alla logistica alla “economia della conoscenza”. Esiste il potenziale di aprire una nuova era di innovazione e crescita e di migliorare la governance della tecnologia.

Con la ripartenza delle economie, c’è anche l’opportunità di ridurre le diseguaglianze sociali e di rendere l’economia più sostenibile e green con nuove misure per la mobilità e la lotta al cambiamento climatico. La crisi coronavirus ha anche permesso una nuova comprensione di quali sono i lavori e le infrastrutture e i servizi essenziali, dalle reti Tlc alla sanità e istruzione pubblici.

Tuttavia per assicurare che dalla crisi emergano esiti positivi, occorre gestire fin da ora i rischi emergenti e il Wef invita aziende e governi a mettersi al lavoro, anche con partnership pubblico-private per risolvere le sfide create dalla pandemia. “Il World economic forum”, conclude lo studio, “userà il suo ruolo unico di organizzazione internazionale per la cooperazione pubblico-privata per sostenere la ripresa e la trasformazione globale”.

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