LO STUDIO

Il bitcoin fa impennare la temperatura globale: in 15 anni il termometro salirà di 2 gradi

Una ricerca dell’Università delle Hawaii, pubblicata su Nature, mette in guardia dal mining: “Eccessivo consumo di elettricità, servono metodi più sostenibili”. Nel 2017 emessi 69 milioni di tonnellate di CO2

Pubblicato il 30 Ott 2018

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I bitcoin potrebbero spingere l’innalzamento della temperatura globale a 2 gradi centigradi nel giro di 15 anni, superando quindi il limite fissato a livello internazionale dall’accordo di Parigi sul clima. Stando ai ricercatori dell’università delle Hawaii a Manoa, se la moneta virtuale avrà un tasso di diffusione simile ad altre tecnologie, farà impennare il termometro mondiale, perché la produzione di bitcoin richiede un consumo molto elevato di elettricità.

Nello studio pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, gli esperti hanno preso in esame l’efficienza energetica dei computer usati per produrre criptovaluta, il luogo di produzione e le emissioni legate alla generazione di elettricità nei vari Paesi.

Stando ai calcoli, produrre bitcoin nel solo 2017 ha causato l’emissione di 69 milioni di tonnellate di CO2. Guardando ai tassi di adozione di altre tecnologie nella società, la valuta potrebbe generare abbastanza emissioni da determinare un aumento di 2 gradi della temperatura mondiale tra il 2033 e il 2040. “Attualmente le emissioni legate a trasporti, cibo, riscaldamento e raffreddamento domestico sono considerate le cause principali del cambiamento climatico in atto, ma i bitcoin dovrebbero essere aggiunti alla lista”, osservano i ricercatori.

Se l’uso della valuta si diffonderà anche al ritmo più lento mostrato da altre tecnologie, “sarà una cattiva notizia per il riscaldamento globale e per l’uomo”. Per questo, concludono, “qualsiasi ulteriore sviluppo delle criptovalute dovrebbe mirare in modo deciso a ridurre la domanda di elettricità”.

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