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Algoritmi al servizio del recruiting. Ma solo se affiancati dall’uomo

Indagine Monster: per il 70% dei lavoratori l’elemento umano “vince” la sfida contro l’intelligenza artificiale. Solo il 6% scommette su un futuro dominato dall’AI

Pubblicato il 31 Ott 2018

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Sarà un algoritmo a selezionare candidati per un posto di lavoro? La risposta è “no” per il 45% delle persone. Emerge da un sondaggio Monster.it, società del recruiting online, secondo cui la maggioranza degli intervistati ritiene che “un robot non potrà mai valutare una persona meglio di un essere umano”. Solo il 26% della platea la pensa in maniera diversa: secondo questa percentuale “la prospettiva di un robot recruiter che si occuperà in futuro della loro selezione, e non un recruiter in carne e ossa” rappresenta una possibilità non preoccupante: per quasi un terzo dei coinvolti “ben venga – dice una nota dell’azienda – l’innovazione tecnologica in tutte le sue derivazioni a favorire un primo contatto tra candidati e aziende, ma guai, per queste ultime, a rinunciare all’aspetto umano della faccenda”.

Ad essere invece dell’avviso che un algoritmo difficilmente potrà mai valutare l’idoneità di un candidato, pur attestandosi come alleato sempre più prezioso al servizio delle divisioni HR aziendali, è la quota di partecipanti, pari al 23%, che, tra le quattro alternative, ha indicato la risposta: “No, l’intelligenza artificiale potrà aiutare solo nella fase di valutazione dei curriculum”.

Infine, certi del fatto che l’attendibilità dell’intelligenza artificiale sarà in futuro sempre maggiore, fino a spazzare via del tutto ogni traccia di umanità dal processo di selezione e ricerca lavoro, sono quei partecipanti alla survey (il 6% del totale) che hanno preferito la risposta: “Sì, gli algoritmi saranno talmente precisi e attendibili da poter sostituire gli umani”.

“La maggioranza di chi cerca lavoro dimostra di pensarla come la maggioranza di chi il lavoro lo offre – ha commentato Nicola Rossi, Country Manager di Monster Italia – L’idea che l’intelligenza artificiale sia in futuro di sempre maggiore aiuto alle divisioni HR, senza per questo sostituirsi all’uomo nei processi che implichino sensibilità squisitamente umane, come la selezione e il recruiting, domina il pensiero comune nel mondo del lavoro e costituisce tra l’altro anche la conclusione di quasi ogni dibattito sul tema Intelligenza artificiale VS intelligenza vera e propria”.

L’errore, secondo Rossi, è “considerare l’intelligenza artificiale come un sostituto dell’uomo per l’intera gamma delle sue attività quando, invece, scopo degli algoritmi dovrebbe essere quello di ogni altro tipo di innovazione: semplificare. Che in questo caso vuol dire snellire, velocizzare e liberare i responsabili delle risorse umane di quei compiti routinari che incidono sulla qualità del loro lavoro e dell’intera divisione”.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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