LAVORO

Gig economy, dall’Europa sprint ai diritti sociali

La direttiva approvata dal Parlamento Ue stabilisce nuove tutele per i lavoratori delle piattaforme. L’analisi di Mario Fusani, avvocato giuslavorista – GF Legal

Pubblicato il 26 Apr 2019

Mario Fusani

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Il 16 aprile il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva che prevede nuovi diritti per i rapporti di lavoro atipici, con particolare riferimento ai lavoratori della Gig Economy.

Trattandosi di una direttiva, gli Stati membri saranno vincolati al raggiungimento degli obbiettivi ivi previsti entro tre anni dall’entrata in vigore della stessa.

Lo scopo della direttiva è quello di promuovere una occupazione trasparente e prevedibile, stabilendo alcuni dei diritti minimi garantiti alla maggior parte dei lavoratori dell’Unione Europea, prestando maggiore attenzione ai nuovi lavoratori della gig economy.

Tra le principali novità introdotte dal legislatore europeo vi è l’obbligo, per il datore di lavoro, di fornire, entro una settimana dal primo giorno di lavoro, a ciascun lavoratore un documento contenente tutte le informazioni relative al rapporto stesso, quali ad esempio: orario, retribuzione, modalità di impugnazione etc.

Nello specifico, il datore di lavoro, in caso di attività lavorativa “interamente o in parte imprevedibile”, è tenuto ad informare il lavoratore circa la possibilità che il programma di lavoro subisca variazioni, la quantità minima di ore retributive e quelle in cui al lavoratore può essere imposto di effettuare la propria prestazione, nonché il periodo minimo di avviso prima dell’inizio di un incarico ed il termine per l’eventuale annullamento.

Tale ultima previsione, va necessariamente letta assieme a quella contenuta nell’art.10 della direttiva Ue, rubricato “prevedibilità minima del lavoro”. Tale articolo fissa le condizioni per cui gli incarichi dei lavoratori a chiamata possano essere annullati e/o rifiutati.

Nello specifico, è fatto divieto per il datore di lavoro di adottare qualsiasi conseguenza negativa nei confronti del lavoratore nel caso si rifiuti, nei modi e nei termini previsti, di eseguire la prestazione.

Qualora, invece, sia il datore di lavoro ad annullare l’incarico, senza rispettare un termine ragionevole, al lavoratore spetterà una compensazione, che gli Stati membri dovranno definire “conformemente al diritto, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali”.

Si tratta di un vero e proprio risarcimento in caso di cancellazione tardiva del lavoro concordato.

La direttiva, inoltre, prevede il divieto di esclusività, per cui il lavoratore potrà lavorare per più datori di lavoro, purché non ricorrano ragioni obbiettive che dovranno essere previste dai singoli Stati membri.

Appare dunque, evidente, che tali norme costituiscano un tentativo di risolvere alcuni dei problemi che riguardano i nuovi lavori digitali, con particolare attenzione proprio ai riders.

In tutta Europa, infatti, la diffusione costante dei fattorini della gig economy ha portato alla crisi dei sistemi tradizionali basati sulla dicotomia tra lavoro autonomo e subordinato. Tra i problemi emersi con l’avvento di questo nuovo “terzo genere” vi è stato proprio quello relativo alle conseguenze di un eventuale rifiuto da parte del lavoratore così come il sistema di pagamento a cottimo utilizzato da alcune piattaforme.

La direttiva mira, come dichiarato dal relatore Enrique Calvet, ad effettuare un primo grande passo verso l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, che riguarda tutti i lavoratori dell’UE.

L’intervento del Parlamento Europeo, inoltre, costituisce un importante invito per i legislatori nazionali a disciplinare le nuove forme di lavoro nate con la digital economy, lasciando, magari, ampi spazi alle rappresentanze datoriali e sindacali, in modo che le stesse, sulla base della nuova direttiva europea, possano forgiare un sistema di regole aderente alle necessità e alle caratteristiche di questi nuovi lavori.

https://www.gflegal.it/

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