IL COMMENTO

Lavoro agile, a rischio la tutela del know how aziendale

A breve potrebbe essere possibile lavorare in parte in azienda e in parte all’esterno. Ma bisogna fare attenzione alla difesa delle conoscenze e delle abilità operative tramite policy ad hoc per il “lavoro a distanza”

Pubblicato il 11 Mar 2016

Edgardo Ratti, partner dello Studio legale Trevisan & Cuonzo

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Il nuovo disegno legge sul cosiddetto “lavoro agile” rilancia i temi della flessibilità e della conciliazione tra vita e lavoro. L’istituto potrebbe offrire interessanti opportunità sia ai lavoratori che ai datori di lavoro, i quali potrebbero avvantaggiarsi di un organico più motivato e quindi efficiente e performante.

Si pongono tuttavia una serie di criticità, tra cui il nodo cruciale relativo alla tutela del know-how aziendale e ciò tanto più considerando che la prestazione, nell’ambito del “lavoro agile”, verrà resa anche al di fuori della sfera aziendale e per di più con strumenti di lavoro che rimangono per lo più nella disponibilità del lavoratore anche presso spazi privati. Si tratterà, in altre parole, di porre in essere una difesa del know-how aziendale “a distanza”; il che comporta un’evidente maggiore difficoltà.

A tale situazione si dovrà, innanzitutto, fare fronte tramite l’implementazione di specifiche policy aziendali che impongano più stringenti modalità di impiego degli strumenti di lavoro aziendali, laddove siano utilizzati nell’ambito del nuovo istituto, e chiariscano le modalità con cui potrebbero essere effettuati i relativi controlli nonché le sanzioni in capo ai trasgressori.

Inoltre, sarà comunque consigliabile l’adozione di misure di sicurezza, anche sul piano tecnico / informatico, idonee a limitare l’accesso da remoto alle informazioni e ai dati aziendali e comunque a renderlo più sicuro e tracciabile: si pensi, ad esempio, alla richiesta di ulteriori password e codici di sicurezza nonché a modalità di conferma dell’identità dell’utilizzatore, laddove il collegamento da remoto superi determinate soglie di tempo o comporti il download di ingenti dati.

Infine, sul punto soccorre certamente la nuova disciplina dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, che consente al datore di lavoro di porre in essere controlli sugli strumenti di lavoro concessi al prestatore (ad esempio, tablet, smart-phone, etc.) senza la necessità dell’autorizzazione sindacale o amministrativa prima richieste.

Tali controlli a salvaguardia del patrimonio, materiale e immateriale, aziendale e quindi dello stesso know-how dovranno però, per essere legittimi, risultare rispettosi della privacy dei lavoratori, a cui peraltro andranno preventivamente comunicate le modalità dell’uso degli strumenti di lavoro e dell’effettuazione dei controlli.

Questi strumenti difensivi a disposizione del datore di lavoro per la tutela del know-how aziendale non valgono però ad eliminare i rischi di violazione e/o sottrazione delle informazioni e/o dei dati riservati aziendali e ciò tanto più nel contesto di modalità flessibili e delocalizzate di lavoro quali quelle del c.d. “lavoro agile” nonché dell’attuale evoluzione tecnologica”.

Ciò premesso, si può tuttavia ritenere che la recente evoluzione normativa dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori costituisca comunque una positiva evoluzione della possibilità datoriale di porre in essere un “controllo a distanza”, cercando di stare al passo con i tempi e non ultimo di fronteggiare in modo più incisivo le eventuali criticità poste sul punto dall’istituto del cosiddetto “lavoro agile” oggetto del recente disegno di legge.

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