SCENARI

Smart working e digital skill pilastri del lavoro post-Covid

Due dipendenti italiani su tre si aspettano di operare in modalità agile anche una volta terminata l’emergenza sanitaria. Ma sale il timore per la precarietà e le basse retribuzioni. Dalla formazione “evoluta” la chiave per restare competitivi

Pubblicato il 18 Nov 2020

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Il mondo del lavoro aveva iniziato a mutare ben prima della pandemia da Covid-19. Già da tempo infatti alcuni trend di lungo periodo, quali l’uso di nuove tecnologie digitali, l’evoluzione demografica e le crescenti preoccupazioni di stampo sociale per le disuguaglianze e la sostenibilità del pianeta, spesso accompagnate dall’introduzione di nuove leggi e regolamenti, stavano già cambiando il modo di lavorare, i lavoratori e il luogo di lavoro stesso.

Gli eventi del 2020 hanno però accelerato e amplificato questi mutamenti. Per dare rilevanza alla voce della forza lavoro e scoprire come i lavoratori abbiano reagito negli ultimi mesi, lo studio The voice of the European workforce 2020 di Deloitte ha raccolto le opinioni di oltre 10mila lavoratori in sette paesi europei, presentando un quadro chiaro ed aggiornato del loro sentiment alla luce dei recenti cambiamenti nella vita lavorativa.

Lo sprint allo smart working

Le misure straordinarie messe in atto in reazione all’insorgenza improvvisa e al rapido dispiegarsi della pandemia hanno sconvolto la vita di molti lavoratori.  Quasi l’80% dei rispondenti alla survey riferisce di aver sperimentato almeno un tipo di cambiamento in misura moderata o ampia nella propria quotidianità.

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Il primo elemento che emerge dalla ricerca è sicuramente che il Covid-19 ha dato maggiore autonomia ai lavoratori, oltre a rendere normale – se non obbligatoria come durante il lockdown – la pratica dello smart working. Infatti, prima del lockdown, solo per il 37% degli europei e per il 33% degli italiani era possibile lavorare in maniera smart, mentre per il 41% (sia in Europa che in Italia) il proprio lavoro non poteva essere svolto in alcun modo da remoto. Applicate a tutti i dipendenti in Europa, queste percentuali suggeriscono che più di 100 milioni di dipendenti sono passati al lavoro a distanza, con quasi 45 milioni che hanno fatto questo cambiamento per la prima volta.

Come naturale conseguenza dell’adozione di modalità di lavoro smart o da remoto, i lavoratori hanno percepito una maggiore autonomia personale durante la giornata lavorativa: ben il 57% dei rispondenti europei dichiara infatti che questo è l’aspetto che è stato più evidente per loro negli ultimi mesi.

Anche in Italia l’incremento di autonomia è stato sperimentato dal 43% dei rispondenti, unito ad una maggiore flessibilità della giornata lavorativa (45%), ad un cambiamento nelle priorità lavorative (32%) e ad una percezione dell’incremento delle proprie responsabilità (31%).

La fiducia driver di trasformazione

In generale, considerato il periodo molto delicato in cui questi cambiamenti sono avvenuti, per gli italiani non è stato particolarmente difficile adattarsi alle novità. Nello specifico, l’85% dei nostri connazionali dichiara che ha trovato facile o molto facile adattarsi al lavoro da remoto (vs 82% di media europea), mentre l’incremento di autonomia non è stato un problema per l’89% (vs 86% di media europea). Prima della pandemia, nessuno avrebbe scommesso che cambiamenti così profondi e improvvisi nella vita lavorativa quotidiana delle persone avrebbero potuto essere effettuati con così tanto successo su larga scala e, soprattutto, che i lavoratori avrebbero trovato così facile adattarsi.

Gli elementi chiave che hanno giocato un ruolo decisivo nel facilitare questa transizione per gli italiani sono stati il tempo (39%) – col passare dei giorni è diventato sempre più facile adattarsi ad una nuova modalità lavorativa; la possibilità di poter contare su un solido network di colleghi e relazioni personali (39%); la fiducia data dai colleghi (35%) e dalla leadership (33%). La fiducia in particolare è infatti fondamentale per il sano funzionamento della società e delle relazioni, ma diventa ancora di più un key no failure factor in tempi di grande incertezza come quello attuale.

A livello europeo infatti la fiducia – della leadership (40%) e dei propri colleghi (38%) – risulta essere l’elemento che ha inciso maggiormente nella facilità di adattamento dei lavoratori.

“Mentre ci avviciniamo alla seconda ondata della crisi sanitaria, i leader aziendali devono guardare al futuro e impegnarsi a non ritornare alle vecchie routine – dice Drew Keith, Human Capital Leader Deloitte – L’ambiente di lavoro è cambiato sostanzialmente negli ultimi mesi ed è improbabile che torni a quello che era prima del Covid-19. Riconoscendo la complessità ed eterogeneità dei propri dipendenti, i leader aziendali devono progettare le proprie politiche e interventi in modo mirato, sulla base della comprensione dei diversi attributi e bisogni dei propri lavoratori”.

Cosa resterà della pandemia

La situazione attuale è chiaramente eccezionale. Le restrizioni al movimento e all’interazione sociale saranno gradualmente eliminate una volta che un vaccino sarà sviluppato e ampiamente disponibile. Ciò potrebbe richiedere molto tempo e non vi è alcuna garanzia che le vite lavorative torneranno come erano prima della pandemia. La maggior parte degli intervistati in Europa (66%) si aspetta che alcuni aspetti della propria vita saranno permanentemente diversi.

In particolare, per i lavoratori il lavoro a distanza sembra essere già un elemento che permarrà nel futuro. La maggioranza relativa degli intervistati si aspetta di avere maggiore flessibilità nel decidere quando e come lavorare nel mondo post-Covid-19. Due dipendenti su tre, sia in Europa che nel nostro paese, si aspettano di lavorare da remoto più spesso del solito nella nuova normalità.

Imparare a gestire una forza lavoro più autonoma e meno centrata sul posto di lavoro è una nuova grande sfida per le aziende. Comporterà anche l’abbandono dei vecchi schemi di remunerazione e valutazione – finora fortemente basati sulla presenza e sulle ore lavorate. Il mancato adeguamento della performance evaluation alla maggiore autonomia ottenuta dai lavoratori limiterebbe molto l’impatto positivo che possono avere accordi di lavoro più flessibili. Infatti, la paura di dover lavorare più ore per la stessa retribuzione è una delle preoccupazioni principali per il post-Covid che emerge spesso tra gli intervistati (32% in Europa vs 31% in Italia), seconda solo all’aumento della precarietà del lavoro (36% in Europa vs 32% in Italia). Un’ulteriore preoccupazione risulta essere il deterioramento delle relazioni umane tra colleghi con conseguente perdita di fiducia (30% in Europa vs 28% in Italia).

Nuove competenze per aumentare la resilienza

L’ambiente di lavoro post-Covid richiederà nuove competenze da parte della forza lavoro e i lavoratori sembrano esserne consapevoli. In particolare, il 66% degli intervistati italiani (60% in Europa) indica la capacità di adattarsi come una delle prime tre capacità che saranno più rilevanti nel mondo. Un altro elemento che secondo gli italiani diventerà sempre più rilevante nel new normal sarà la capacità di lavorare in team (41% vs 43% in Europa), seguito dall’abilità di sviluppare un pensiero creativo e fuori dagli schemi del lavoro tradizionale (41% vs 25% in Europa). Infine, con l’aumento della flessibilità e dell’autonomia, è inevitabile che un efficace time management sarà sempre più importante (37% vs 41% in Europa).

“Il quadro che emerge dalle risposte dei lavoratori è nel complesso positivo. In un ambiente di lavoro in rapida evoluzione, la maggior parte dei lavoratori è riuscita ad adattarsi molto bene, nonostante la situazione critica – sottolinea Keith – Le aziende dovrebbero capitalizzare su questo atteggiamento positivo e raddoppiare gli impegni per costruire una forza lavoro più resiliente. Ciò richiede di andare oltre la formazione dei lavoratori unicamente nell’ambito delle competenze tecniche. Bisognerebbe infatti concentrarsi anche sulla creazione di una cultura e di una mentalità organizzativa che possano favorire la capacità di apprendere, applicare e adattare nuove competenze”.

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