LO SCONTRO

Smart working, botta e risposta Brunetta-Dadone sulle “quote” nella PA

Il ministro della PA “boccia” le percentuali di utilizzo negli uffici pubblici deciso dal governo precedente: “Valutare il ricorso al lavoro agile solo in base ad efficienza e produttività”. La replica dell’ex titolare di Palazzo Vidoni, ora alle Politiche giovanili: “Con i Pola superata quella fase”. Ma dal ministero chiariscono: “Ancora in vigore i decreti sulle attività che possono diventare smartabili”

Pubblicato il 12 Apr 2021

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Botta e risposta sullo smart working tra il ministro della PA, Renato Brunetta e l’ex titolare di Palazzo Vidoni, Fabiana Dadone, attualmente ministra alle Politiche giovanili. Al centro della polemica le quote di utilizzo del lavoro agile nella pubblica amministrazione.

Intervenendo a un convegno organizzato da Pwc, Brunetta ha annunciato una revisione della normativa sull’applicazione del lavoro agile negli uffici pubblici per garantire  “una maggiore flessibilità organizzativa, e avendo come obiettivo la riorganizzazione della Pubblica Amministrazione in modo che diventi “un grande catalizzatore della ripresa, del Recovery”.

“Chi mi ha preceduto – ha spiegato, riferendosi a Fabiana Dadone, (M5S), adesso ministro delle Politiche Giovanili – ha deciso quote di utilizzo per lo smart working nella pubblica amministrazione ma è quanto di peggio si possa fare perché l’uso va visto sulla base dell’efficienza e della produttività per i miei clienti, è senza senso dare una percentuale”.

Per Brunetta “lo smart working è stato meglio di niente” durante l’emergenza, ha aggiunto Brunetta, ma adesso “regolato nei nuovi contratti, ma tenendo conto di tre condizioni: che migliori l’organizzazione del lavoro, e la soddisfazione dei dipendenti e degli utenti”.

La ministra alle Politiche giovanili ed ex ministra della PA nel governo Conte bis precisa perà che lo smart working, così come concepito, è già “flessibile grazie ai Pola” ovvero i Piani organizzativi del lavoro agile.

In un lungo post su Facebook, Fabiana Dadone precisa che attualmente “lo smart working è vincolato a percentuali. Da gennaio infatti a stabilire le attività dette “smartabili” sono i dirigenti stessi e di conseguenza il numero di dipendenti da mettere in lavoro agile”.

“Mi duole tornare a parlare di pubblica amministrazione, di smart working e di visione nella dirigenza pubblica – scrive in un lungo post su Facebook – ma spesso vengo tirata in ballo con argomentazioni al limite del ridicolo. In questi mesi lo sport nazionale è stato commentare il governo durante la pandemia, a chiacchiere sono stati tutti più bravi di noi, tutti statisti. La drammatica realtà è l’imbarazzo politico generale nel constatare che non c’è altra via alle scelte di quel governo e ora di questo. Tant’è che tutto si limita a ficacce su Facebook, slogan al limite dell’infantile e salti in avanti che tutto fanno tranne che tutelare l’immagine delle Istituzioni italiane”.

Ma dal ministero della PA arriva pronta la controreplica. “I provvedimenti della ministra Dadone, tutt’ora vigenti, prevedono varie  percentuali minime di lavoratori destinati allo smart working – spiega una nota di Palazzo Vidoni – Il 50% per il periodo emergenziale e il 60% a regime per attività che il dirigente decide che possono essere svolte in lavoro agile (cosiddette “smartabili”). Se ora la ministra Dadone afferma che non esistono percentuali minime e che saranno i dirigenti a decidere in termini di miglioramento dell’efficienza, della produttività e della customer satisfaction, allora siamo perfettamente d’accordo”.

Cosa sono i Pola

Il Pola è uno strumento previsto dal decreto Rilancio. Il provvedimento stabilisce che entro il 31 gennaio di ciascun anno le amministrazioni pubbliche debbano redigere, sentite le organizzazioni sindacali, il Piano organizzativo del lavoro agile. Il Piano deve individuare le modalità attuative per almeno il 60% dei dipendenti che si può avvalere di questa modalità.

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Il Pola deve inoltre definire le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative.

In caso di mancata adozione del Pola, lo smart working si applica almeno al 30% dei dipendenti, ove lo richiedano. E’ istituito presso la Presidenza del Consiglio un osservatorio del funzionamento e dell’organizzazione dello smartworking nel settore pubblico, col compito di monitorare e promuovere l’efficienza del funzionamento del lavoro agile.

Finora il 33% delle PA ha pubblicato i Pola, i piani organizzativi del lavoro agile. Risulta dal monitoraggio Portale della performance del Dipartimento della Funzione pubblica, secondo sono 54 su 162 le amministrazioni che hanno rispettato la scadenza prevista del 31 gennaio 2021, fissata dal decreto Rilancio.

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