LA LECTIO MAGISTRALIS

Gdpr, Soro: “Percorso difficile per Pmi e PA periferica”

Il presidente dell’Autorità garante per la privacy in cattedra all’Università di Firenze: “Si tratta di un impegno economico, ma soprattutto di un elemento di modernizzazione per le imprese, per farle entrare da protagoniste nella società digitale”

Pubblicato il 04 Mar 2019

A. S.

ANTONELLO SORO
27/11/2008 ANTONELLO SORO

Le difficoltà per le piccole e medie imprese ad adeguarsi alla General data protection regulation (Gdpr), le norme Ue sulla protezione dei dati. Le pressioni delle lobby delle grandi piattaforme digitali alla vigilia dell’approvazione del regolamento. Il bilanciamento necessario tra il diritto alla privacy e quello alla sicurezza. I rischi per le libertà personali connessi con la profilazione degli utenti. Sono alcuni dei temi trattati da Antonello Soro, presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, durante la lectio magistralis che ha tenuto oggi all’Università di Firenze.

“Le grandi imprese hanno cominciato, e spero concluso, la fase di adeguamento al nuovo regolamento – afferma il garante – e spero anche la Pubblica amministrazione centrale: ma siamo consapevoli delle difficoltà che affrontano le piccole imprese, e la Pubblica amministrazione nelle sue strutture periferiche. Il punto centrale di questa riforma sta nel fatto che la protezione del dato è un investimento che l’impresa fa per se stessa, per avere tutela del proprio patrimonio informativo, per essere competitiva e non vulnerabile – sottolinea Soro – Questo comporta un impegno economico per le imprese, ma è un elemento di modernizzazione delle imprese, per farle entrare nella società digitale non in modo passivo ma come protagoniste: è un mutamento straordinario”.

Poi Soro ha ripercorso la strada che ha portato all’approvazione del regolamento, compresi  gli ostacoli che è stato necessario superare perché le nuove norme riuscissero a vedere la luce: “Nella fase di lunga gestazione del Gdpr grandi gestori di piattaforme tecnologiche, e nella cronaca di questi giorni ci sono notizie di carattere scandalistico, hanno svolto pressioni enormi di lobbying sulle autorità politiche e di governo europee, in particolare su alcune – sottolinea Soro – Questo dato ha prodotto un tributo che è stato pagato all’idea della semplificazione e a queste pressioni con l’approvazione dello sportello unico. Lo ‘one stop shop’ è la parola magica che faceva pensare alle imprese di poter individuare come stabilimento principale in Europa un paese non molto grande, con un’autorità non molto grande, e poter beneficiare di un’attenzione da parte del governo di un paese che è molto grato se Google, Facebook o Amazon decidono di venire a fare lì la propria sede. Al rischio che lo strumento dello sportello unico favorisca un’applicazione non uniforme del regolamento si può e si deve ovviare valorizzando al massimo la cooperazione fra le attività nazionali”.

Quanto al conflitto sempre più evidente tra le esigenze della privacy e quelle della sicurezza, Soro ha tracciato un percorso che dovrà tenere nella massima considerazione entrambi i fattori: “Non ci può essere un diritto alla sicurezza che prevale rispetto alla protezione del dato, vanno bilanciati: diversamente, arretriamo verso uno Stato illiberale rispetto al quale saremo sempre più indifesi – afferma – Non può essere che il Governo e il Parlamento ignorino il fatto che quando stanno legiferando oggi, in queste ore, settimane, su materie importanti per la vita degli italiani, ignorano il problema della proporzionalità, riparandosi dietro l’espressione ‘rispetto a questa scelta la privacy deve stare da parte’: non c’è mai un principio di libertà eccessivo, deve essere bilanciato con gli altri diritti che hanno tutela costituzionale”.

Infine i rischi legati alla profilazione degli utenti: se utilizzando questo mezzo “ricevo notizie che possono farmi piacere, e non ricevo quelle che possono dispiacermi o mettere in dubbio le mie certezze, seleziono dei pezzi di società che hanno perso la libertà perché non hanno più la conoscenza, o le condizioni per sviluppare conoscenza – afferma il garante per la privacy – Da questo punto di vista la necessità di avere una protezione rispetto all’invasività, al condizionamento che la profilazione produce, anche solo a cominciare da una trasparenza reale di questi processi, è una scelta fondamentale di libertà”. “Fino a quando la profilazione era funzionale a orientare le nostre scelte di consumo c’è stata una discreta assuefazione mondiale a questa idea – conclude – Poi abbiamo cominciato a sapere in modo più esplicito che chi detiene questo potere di condizionamento difficilmente rinuncerà a condizionare altri comportamenti, come quelli elettorali e politici. E c’è un condizionamento più sottile che è quello valoriale, della conoscenza”.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articolo 1 di 3