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Toshiba beffata dai chip: la unit che sarà venduta genera il 97% dei profitti

Gli analisti si chiedono come farà il gruppo giapponese – gravato dai debiti – a recuperare redditività mentre la probabile chiusura dell’anno in rosso rischia di causare il delisting a Tokyo. Ma il Cfo punta su nuovi business e rassicura il mercato: “Rischi sotto controllo”

Pubblicato il 09 Nov 2017

Patrizia Licata

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Sarà un vero dilemma per Toshiba capire come generare utili nel prossimo futuro, quando la vendita della divisione chip sarà completata. Il gruppo giapponese ha infatti riportato un balzo del 76% nell’utile operativo del secondo trimestre grazie alle eccezionali prestazioni della divisione che produce chip di memoria, la stessa che l’azienda ha deciso di cedere a un guppo di investitori guidato da Bain Capital per 18 miliardi di dollari.

Toshiba è il secondo maggior produttore mondiale di chip di memoria (flash Nand), la cui domanda è oggi trainata dalla crescita di smartphone e server per data center. Ma il gruppo è in profondo rosso e ha disperato bisogno di denaro per coprire i debiti che ha accumulato a causa del fallimento delle attività americane nel nucleare e a fine settembre ha acconsentito a vendere la divisione Toshiba Memory, anche se l’accordo prevede che Toshiba riacquisti il 40% del business.

Ora come non mai la casa giapponese si rende conto di essere stata costretta a cedere la parte più profittevole del business: nel trimestre luglio-settembre l’utile operativo di gruppo è balzato a 135 miliardi di yen (1,2 miliardi di dollari), il suo risultato migliore di sempre per un secondo trimestre, e cui la divisione chips and devices ha contribuito al 97%.

“Siamo consapevoli del peso che l’attività dei chip di memoria ha sull’utile complessivo”, ha commentato il chief finiancial officer Masayoshi Hirata, aggiungendo però che il gruppo prevede presto un aumento degli utili dalle divisioni energia e social infrastructure, dove il controllo del rischio è ora più efficace e il focus sui profitti vince sulla ricerca dell’espansione globale. Toshiba potrebbe anche uscire da attività non più profittevoli, come i televisori e i Pc, per rimettersi in sesto. Per l’anno interno la previsione è di 430 miliardi di yen per l’utile operativo, di cui 419,4 miliardi vengono dai chip di memoria, e perdita netta di 110 miliardi di yen.

Tuttavia i commentatori finanziari ascoltati dall’agenzia di stampa Reuters continuano a vedere un futuro a rischio per il gruppo giapponese; la stessa vendita della divisione chip potrebbe non chiudersi entro l’anno finanziaro (a marzo) per le lungaggini nelle revisioni dei regolatori e per l’opposizione del partner Western Digital e ciò avrà un forte impatto sui conti; Toshiba chiuderebbe l’anno in rosso per la seconda volta di seguito e la Borsa di Tokyo potrebbe spingere per un delisting. Il Cfo Hirata ha però assicurato che l’azienda ha previsto tutti gli scenari e in caso di rinvio della chisura del deal esiste un piano B: sono allo studio misure alternative per trovare capitali.

C’è anche un’altra incognita che preoccupa gli investitori del gruppo giapponese: il contratto ventennale per comprare gas naturale liquefatto in Texas all’interno del progetto Freeport Lng. il crollo dei prezzi del gas in Asia ha infatti reso questa scommessa ben poco redditizia e Toshiba deve trovare acquirenti interessati all’Lng americano o pagare una commissione fissa a Freeport di circa 370 milioni di dollari l’anno per 20 anni a partire dal 2019. Hirata ha ammesso che, se i prezzi del gas non risalgono, questo contratto potrebbe pesare per 200 miliardi di yen (1,8 miliardi di dollari) sul business di Toshiba, ma la cifra è inferiore a quanto temevano gli analisti.

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