SICUREZZA

Traffico nei cieli, all’orizzonte spunta l’autovelox per i droni

Presentato alle autorità il sistema DJI AeroScope sviluppato per le esigenze dell’aeronautica e delle forze dell’ordine: rileva l’ingresso dei mini-veivoli in zone vietate e aree sensibili come aeroporti, carceri e impianti industriali. DJI produce l’80% dei droni acquistati in Italia

Pubblicato il 30 Mag 2018

Patrizia Licata

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Potrebbe sbarcare in Italia l’autovelox dei droni, sofisticato sistema di tracciamento, già utilizzato in altre parti del mondo, che consente di individuare con precisione un piccolo multirotore in volo a chilometri di distanza e di conoscerne una serie di informazioni per valutarne l’eventuale pericolosità. Il sistema si chiama “DJI AeroScope” ed è stato realizzato dal colosso cinese DJI, il maggiore produttore mondiale di droni per usi amatoriali e professionali, ed è stato presentato ufficialmente alle autorità italiane durante un test operativo svoltosi presso l’Aeroporto dell’Urbe a Roma.

In pieno caso “tutor” (il sistema di controllo utilizzato dal 2004 sulla gran parte della rete autostradale italiana, che misura e sanziona i veicoli che superano il limite di velocità, da oggi “spento” per una disputa sul brevetto), le autorità riflettono su un sistema simile in grado di esercitare un’azione di controllo sui droni in volo sulle zone vietate, come centri cittadini, aeroporti, impianti industriali, carceri o altre aree sensibili. Alla presentazione di DJI AeroScope erano presenti le istituzioni aeronautiche italiane, come l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC) e l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo (ANSV). Particolare attenzione anche da parte delle Forze dell’Ordine, delle Forze Armate e degli apparati di sicurezza dello Stato.

Il DJI AeroScope è dotato di un sistema di antenne sensibili e di apparati sofisticati che intercettano il canale di collegamento radio tra il radiocomando e il drone, oppure il segnale di telemetria video che lo stesso drone trasmette a terra. Il ricevitore decodifica quindi le informazioni e le invia allo schermo di un terminale, dove sono facilmente disponibili su una mappa per l’utente. Il sistema, dice la casa produttrice, è in grado di rivelare le seguenti informazioni di uno o più droni intercettati: marca/modello; numero di serie; nome del proprietario; posizione del pilota; coordinate di decollo; rotta di volo; coordinate di posizione; direzione; altitudine; velocità. Sarebbe inoltre in grado di evitare i falsi positivi che emergono usando i “radar per droni”, perché il DJI AeroScope è un sistema di tracciamento dei droni nativo, ovvero effettua la scansione del link tra drone e radiocomando e quindi sorpassa a livello tecnologico tutti i vecchi progetti che prevedevano l’utilizzo di un modulo aggiuntivo da installare sul drone.

Esistono due versioni del DJI AeroScope, una fissa ed una portatile: la prima (range circa 25 km) è già in uso in due aeroporti internazionali in Asia, mentre la seconda (range circa 5 km) è sottoposta a vari test in tutta Europa. La versione fissa può anche funzionare in cloud e vi possono essere collegati decine di apparati per coprire aree illimitate in tutto il mondo. Attualmente, questo sistema può tracciare tutti i droni prodotti dalla DJI (che sono circa l’80% delle decine di migliaia di piccoli multirotori venduti in Italia negli ultimi anni), anche se il colosso cinese sta già lavorando in cooperazione con l’agenzia europea EASA per ampliarne la capacità ad altri droni, ad esempio utilizzando il collegamento wifi oppure un piccolo modulo hardware per i droni autocostruiti.

“Il sistema DJI AeroScope è sistema sicuro, facilmente implementabile e che sfrutta tecnologie già esistenti ed integrate nei droni”, afferma Flavio Dolce, direttore di Elite Consulting, la società romana che rappresenta DJI in Italia. “Grazie allo strumento di sviluppo SDK, potrebbe anche essere efficacemente integrato con le piattaforme radar per aeromobili, al fine di avere uno strumento unico di controllo del traffico aereo”.

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