CYBER GUERRA

Cyberwar? Il Pentagono non esclude il ricorso all’atomica

La Difesa americana presenta a Donald Trump un nuovo piano che tiene conto dei cambiamenti dell’era digitale: la Casa Bianca valuterà se cosiderare gli attacchi cibernetici tra le “circostanze estreme” in cui è ammesso l’uso delle armi nucleari. “Minacce reali da Russia, Cina, Nord Corea e Iran”

Pubblicato il 17 Gen 2018

Patrizia Licata

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La nuova strategia nucleare americana messa a punto dal Pentagono e inviata al presidente degli Stati Uniti Donald Trump per l’approvazione prevede l‘uso di armi nucleari in risposta ad una vasta gamma di “attacchi devastanti non nucleari” alle infrastrutture critiche, includendo, pur se non esplicitamente, i cyberattacchi in grado di paralizzare il paese. Lo rivela il New York Times spiegando che da decenni i presidenti degli Stati Uniti considerano possibile il cosiddetto “first use” delle armi nucleari in casi “ristretti e limitati”; per esempio, in risposta ad attacchi batteriologici. Il nuovo documento proposto dal Pentagono col nome di Nuclear Posture Review intende estendere i casi in cui la risposta nucleare è ammessa.

La strategia del Pentagono, per ora in forma di bozza e all’esame della Casa Bianca, sarà presentaa nella forma definitiva nelle prossime settimane. Il documento, rivela il NYTimes, definisce “preoccupante” lo scenario strategico che gli Stati Uniti si trovano a fronteggiare, citando i rischi di attacchi nucleari da parte di Russia, Cina, Nord Corea e, potenzialmente, Iran. “Dobbiamo guardare in faccia la realtà e vedere il mondo come è, non come vorremmo che fosse”, indica il Pentagono nella bozza. La nuova iniziativa dell’amministrazione Trump, se adottata, riallineerebbe la politica nucleare degli Stati Uniti “a una valutazione realistica delle minacce attuali e alle incertezze sulle condizioni future per la sicurezza”.

Né il Pentagono né la Casa Bianca hanno per ora confermato quanto riportato da NYTimes; tuttavia, ex alti funzionari della cybersicurezza Usa hanno indicato che la strategia delineata dalla Difesa non implica necessariamente la risposta nucleare in caso di cyberattacco: potrebbero essere valutati altri strumenti meno drastici. Inoltre, il Pentagono non fa che ribadire una posizione già assunta in era Obama; ciò che cambia, tuttavia, è la definizione delle “circostanze estreme” che ammettono il ricorso alle armi nucleari. Il documento parla di “circostanze che includono massicci attacchi strategici non-nucleari“, sia contro gli Usa che contro paesi alleati; non viene citato espressamente l’attacco cibernetico, ma siccome gli esperti della Casa Bianca hanno spesso indicato negli strumenti cyber una delle più efficaci armi oggi a disposizione dei paesi nemici per causare danni ingenti alle infrastrutture, impedire il normale funzionamento del paese e provocare vittime, per i media Usa l’associazione è ovvia: in caso di cyberattacco paralizzante sarebbe ammessa la bomba atomica.

Il documento del Pentagono definisce del resto “particolarmente preoccupanti” le “crescenti minacce nello spazio e nel cyberspazio” contro i sistemi di controllo dell’arsenale nucleare americano, esprimendo dunque il timore che un cyberattacco mandi in tilt i sistemi di comando delle armi nucleari degli Stati Uniti. Far sapere agli altri paesi che gli Usa allentano i vincoli al ricorso alla bomba atomica è un messaggio alle potenze rivali come Russia e Cina che pure hanno aggiornato le loro strategie di difesa per riflettere i cambiamenti dell’era digitale e riconoscere che una nuova guerra mondiale potrebbe essere innescata da un devastante blackout di qualche infrastruttura critica dovuta a un attacco cibernetico.

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