LA PROPOSTA

Appello dei Giovani di Confindustria: “Patto generazionale imprese-politica per l’Italia 4.0”

Il presidente Alessio Rossi: “Per la prima volta l’età media dell’assemblea di Montecitorio è sotto i 45 anni. E’ arrivato il momento di agire insieme”. Reti a banda ultralarga, e-skill e PA digitale i settori chiave su cui investire. “Pronti a fare la nostra parte”

Pubblicato il 08 Giu 2018

F. Me

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“Un patto generazionale” con la politica per fare l’Italia 4.0. La proposta è lanciata da Alessio Rossi, presidente dei Giovani imprenditori under 40 di Confindustria, a convegno oggi e domani a Rapallo. A una classe che vede “l’età media a Montecitorio di circa 44 anni e con  la più giovane assemblea della storia, per la prima volta sotto i 45 anni, con 243 deputati under 40”, Rossi chiede se non sia “arrivato il momento di allearci, imprenditori e parlamentari, per costruire insieme il futuro di questo Paese?”.

“Sono di più le cose che ci accomunano, rispetto a quelle che ci dividono. Stringiamo un patto generazionale – è l’appello del presidente dei giovani imprenditori – Proponiamo un’agenda fatta di sei punti complementari: tre che possiamo mettere in atto noi imprenditori e tre che chiediamo alla classe politica”. Da parte loro i Giovani imprenditori di Confindustria si propongono di assumere davanti al Paese e al nuovo governo impegni su lavoro, efficienza energetica e digitalizzazione.

Il primo impegno riguarda il lavoro: “giovani che assumono i giovani. Solidarietà generazionale significa che noi Giovani imprenditori abbiamo il dovere morale di assumere più giovani. Under 40 che si impegnano ad assumere under 40 con cuneo fiscale zero. Questo è il vero reddito di cittadinanza. Questo è dare lavoro a chi dà lavoro”. Il secondo impegno è relativo all’efficienza energetica. Rossi ha sottolineato che “non c’è un pianeta B: per cui ci impegniamo a fare scelte industriali che salvaguardino le risorse energetiche, idriche, ambientali anche sfruttando le potenzialità della tecnologia. Quelli in efficienza sono investimenti di lungo periodo con un ritorno nei bilanci aziendali e in quelli sociali”. Infine l’impegno sull’afalbetizzazione digitale.  Per Rossi, “digitalizzazione e intelligenza artificiale trasformeranno l’occupazione. Non sappiamo come, è certo però che investendo in competenze digitali il tessuto produttivo si adegua ai cambiamenti”. In particolare, ha spiegato Rossi, “da subito siamo a disposizione del ministero dell’Istruzione su Its e Università 4.0 per costruire insieme programmi di studio che siano una assicurazione sul futuro nostro e dei lavoratori”.

Gli altri tre sono impegni chiesti alla classe politica: “Costruire un welfare sostenibile. Pubblica amministrazione 4.0 e infrastrutture sostenibili”.

Per Rossi “serve un welfare dedicato alla nostra generazione: quella che è costretta ad appoggiarsi alle garanzie dei genitori, insostenibile. Un welfare che sostenga le donne lavoratrici, che per oltre la metà abbandona il lavoro dopo il primo figlio”.

“Allo sforzo che le imprese hanno compiuto in questi due anni per modernizzare i propri processi produttivi, grazie al piano Industria 4.0, deve ora seguire quello della PA per aumentare la competitività di tutto il sistema Paese”, ha spiegato Rossi. Infine le  infrastrutture: “senza infrastrutture non c’è sviluppo: né insostenibile, né sostenibile”. Per questo servono “infrastrutture materiali ma anche immateriali, per connettere le nostre imprese a quelle del mondo e rendere smart le città, la mobilità, l’interazione tra le persone. Sono uno strumento di inclusione. Le persone e le merci, lontane dalle connessioni umane o commerciali, sono fuori dalla società e dal mercato”.

La centralità delle e-skill nelle strategie di crescita del Paese sono state evidenziate nell’ultimo Osservatorio sulle competenze digitali realizzato da Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter. Si tratta di competenze oramai pervasive che non riguardano più solo i settori ad alto tecnologico ma vengono richieste in tutti i comparti.

Non basta più guardare al gap di specialisti nel settore Ict, ora bisogna focalizzare l’attenzione sulla capacità di rispondere alla crescente domanda di skill digitali anche nelle professioni tradizionali. In tutti i comparti e funzioni aziendali si richiedono infatti competenze digitali, non solo per creare applicazioni o gestire sistemi ma per comunicare, vendere, produrre, amministrare, gestire il personale, e così via. Alla sfida di investire nelle competenze specialistiche, si aggiungono così quelle di adeguare i percorsi formativi e sostenere l’aggiornamento digitale di milioni di lavoratori attraverso la formazione continua.

 

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