STRATEGIE

Walmart, dopo l’operazione Flipkart è l’ora dei brand “locali”

Il colosso americano del retail, che si prepara a rilevare il controllo del player indiano dell’e-commerce, è già attivo in 28 mercati fuori dagli Usa e ora preme per tenere testa a Amazon: il Ceo McMillon punta sull’M&A

Pubblicato il 14 Mag 2018

Patrizia Licata

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La maxi acquisizione di Flipkart in India è il chiaro segnale del cambio di marcia strategico per il colosso americano dei supermercati Walmart e la sua migliore occasione per tenere testa alla rivale numero uno Amazon. Ad aprile Walmart già aveva proceduto al merger della sua controllata in Uk Asda con la rivale J Sainsbury in un accordo che darà al gigante retail americano una quota del 42% della società congiunta, un colosso a sua volta che fattura 50 miliardi di dollari l’anno: la consacrazione internazionale è avviata.

L’approccio della catena di supermercati partita da Bentonville, Arkansas, e che ha conquistato l’America al motto di prezzi bassi sempre è ora “meno arrogante”, affermano gli esperti sentiti dal Financial Times. Il gruppo non vuole più portare ovunque il modello americano: adesso Walmart cerca di capire la formula più efficace per aggredire i mercati esteri e questo potrebbe essere anche appoggiarsi a un brand locale forte, come nel caso di Flipkart. Un modo di procedere secondo il sistema “trial and error”, che ha già portato Walmart in 28 nazioni, ma anche convinto il gruppo ad abbandonare paesi come la Germania e la Corea del Sud dove non è riuscito a conquistare quote di mercato soddisfacenti. In India la vecchia strategia dell’esportazione del modello americano aveva miseramente fallito negli anni Novanta, osserva Bryan Roberts, analista di TCC Global. “Ora Walmart è molto più attenta a preservare i brand e i modi di fare locali”.

Non significa che l’azienda possa riposare sugli allori: acquisita Flipkart, deve muoversi in modo “creativo” e “veloce”. La pressione è forte perché Walmart pubblicherà questa settimana la trimestrale e dovrà provare a ribaltare il trend in Borsa: il titolo ha perso il 20% negli scorsi tre mesi. Gli occhi degli azionisti sono puntati in particolare sull’andamento di Jet.com, la start-up dell’e-commerce acquisita nel 2016 per 3 miliardi di dollari e i cui risultati non sono stati gratificanti. Nemmeno l’operazione Asda in Regno Unito ha entusiasmato gli investitori (-7% in Borsa dopo l’annuncio del merger con J Sainsbury il 30 aprile). Tuttavia il Ceo Doug McMillon, il quinto in quasi sessant’anni per Walmart, è un sostenitore delle acquisizioni: riconosce i rischi della strategia ma la ritiene l’unica valida per creare valore nel lungo termine.

La settimana scorsa Walmart ha raggiunto un accordo per acquistare il 77% del gruppo indiano delle vendite online Flipkart: il deal vale 16 miliardi di dollari e infligge una sconfitta importante ad Amazon, che è la seconda piattaforma di commercio elettronico del paese asiatico e che aveva presentato un’offerta alternativa.

La domanda è se gli investitori di Walmart saranno pazienti quanto quelli di Amazon, che a Jeff Bezos perdonano gli investimenti multimiliardari in nome dell’espansione non solo geografica ma su rami di business molteplici (una strategia che sta producendo i frutti sperati, come dimostra l‘ultima brillante trimestrale). La proprietà della famiglia Walton (che possiede il 51% delle azioni Walmart) potrebbe dare al gigante delle vendite a stelle e strisce una flessibilità superiore rispetto ad altri gruppi quotati, ma il testa a testa con Amazon complica la gara.

Per Walmart però non c’è scelta, McMillon potrebbe aver ragione. L’azienda genera tre quarti delle vendite negli Stati Uniti, è il momento di andare a cogliere le opportunità su altri mercati. La Cina è difficile da conquistare, Alibaba domina. L’India è la promessa: qui Flipkart e Amazon controllano il 61% del segmento e-commerce, che oggi vale 30 miliardi di dollari ma, secondo Euromonitor, crescerà del 27,8% l’anno nei prossimi cinque anni.

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