IL CASO

Class action contro Google in Uk: “Ha violato la privacy sugli iPhone”

Un gruppo di consumatori britannici accusa Big G di aver aggirato le impostazioni di Safari per sottrarre illecitamente dati personali. L’azienda nega ma rischia una batosta da 3,6 miliardi di dollari

Pubblicato il 01 Dic 2017

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Circa 5,4 milioni di persone in Gran Bretagna potrebbero avere diritto a richiedere un risarcimento a Google per violazione della privacy se la class action intentata contro il colosso americano andrà a segno. Un gruppo di utenti britannici dell’iPhone, riuniti col nome “Google You Owe Us“, ha infatti accusato Big G di aver illegalmente raccolto i loro dati personali aggirando le impostazioni predefinite di Safari, il web browser di Apple, e chiede che ogni utente iPhone sia compensato con 672 dollari. Google rischia di dover sborsare oltre 3,6 miliardi di dollari.

La violazione dei dati personali sarebbe avvenuta tra giugno 2011 e febbraio 2012 con un sistema che ha permesso a Big G di “bypassare” le protezioni della privacy di Safari – la cosiddetta “Safari workaround”, una pratica che è stata portata alla luce per la prima volta da un ricercatore dell’Università americana di Stanford, Jonathan Mayer ed è stata già sanzionata negli Usa, dove la Federal Trade Commission ha multato il colosso dei motori di ricerca.

Google You Owe Us“, guidato da Richard Lloyd, ex direttore esecutivo dell’associazione dei consumatori Which? e rappresentato dall’ufficio legale londinese Mischon de Reya, afferma che Google si è resa responsabile non solo di aver infranto le norme britanniche sulla data protection ma di “violazione della fiducia” (trust) che gli utenti dell’iPhone ripongono nel prodotto di Apple.

La causa è senza precedenti e rappresenta “una delle più grandi lotte della mia vita”, ha commentato Lloyd, riporta il quotidiano The Guardian. “Con questa azione legale mandiamo un messaggio non solo a Google ma a tutti i colossi tecnologici della Silicon Valley: non abbiamo paura di difenderci se le leggi vengono violate”. “Abbiamo affrontato casi simili in passato. Siamo convinti che questo non abbia fondamento e lo contesteremo”, ha replicato Google.

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