COMPLIANCE

Gdpr e pubblicità mirata, ecco il vero rischio per il business di Facebook

Uno studio dell’Università Carlo III di Madrid porta alla luce la sfida numero uno per il social network: senza dati dettagliati e sensibili, le ads mirate non “funzionano”. Gli inserzionisti potrebbero disamorarsi della piattaforma di Zuckeberg

Pubblicato il 22 Feb 2018

Patrizia Licata

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Le politiche di raccolta dei dati di Facebook violeranno le nuove e più severe norme sulla privacy in vigore da maggio in Europa con il Gdpr: sarà illegale conservare alcune delle informazioni personali che oggi la società di Menlo Park colleziona. D’altra parte, un perfetto allineamento al regolamento dell’Ue minaccia la capacità del social network di vendere pubblicità mirate basate sulle informazioni dell’utente, come si legge in uno studio dell’Università Carlo III di Madrid: gli esperti, che hanno utilizzato la dashboard pubblicitaria di Facebook per misurare l’audience delle campagne pubblicitarie dell’azienda americana, mettono in luce come il nuovo regime sui dati dell’Unione europea è una sfida allo stesso modello di business di Facebook.

Lo studio ha scoperto che il 73% degli utenti europei di Facebook sono presi di mira dai marketer in base a caratteristiche personali come l’orientamento sessuale o le convinzioni politiche – dati che sarà illegale usare ai sensi del Gdpr: il regolamento vieta alle aziende di elaborare dati su razza, etnia, opinioni politiche, credenze religiose, appartenenza sindacale o orientamento sessuale senza un consenso esplicito. Facebook ha messo insieme il suo più grande team interdipartimentale per affrontare l’implementazione del Gdpr, ma lo studio spagnolo suggerisce che i nuovi regolamenti incideranno sulla capacità dell’azienda di attrarre gli inserzionisti. “Il targeted advertising funziona solo con informazioni molto accurate sull’utente che col Gdpr sarà molto più difficile utilizzare”, sottolinea oggi sul Financial Times Neil Campling, analista di Mirabaud Securities, che ha di recente dato un downgrade a Facebook. “Gli inserzionisti potrebbero cominciare a dubitare della capacità dei social media di offrire pubblicità efficaci e di coinvolgere direttamente l’utente”. Facebook ha contestato i risultati, indicando, tramite un portavoce, che nemmeno ora sfrutta i dati “sensibili”.

L’azienda di Menlo Park domina, insieme a Google, il mercato della pubblicità digitale: i due colossi attraggono il 63% degli annunci, riporta e Marketer. Facebook, in particolare, consente agli inserzionisti di scoprire piccoli gruppi di persone che hanno maggiori probabilità di essere interessati alle loro offerte attraverso l’uso di dati demografici e informazioni sulle pagine che un utente ha gradito. Questo approccio ipermirato ha lo scopo di aumentare i tassi di coinvolgimento e, quindi, fa alzare il prezzo degli annunci ma richiede un dettaglio sulle informazioni degli utenti che il Gdpr renderà molto difficile sfruttare senza l’esplicito consenso dei diretti interessati.

Facebook è già più volte finita nel mirino dei Garanti privacy europei: a settembre, l’autorità spagnola per la protezione dei dati ha multato Facebook 1,2 milioni di euro accusandola di raccogliere, archiviare e utilizzare dati a fini pubblicitari senza avere il consenso, mentre il regolatore francese ha multato la società per 150.000 euro dopo una controversia sull’utilizzo dei dati sulle preferenze sessuali degli iscritti, sempre allo scopo di fornire pubblicità mirata.

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