L'INDAGINE

Continuous Testing, serve più digitale per fare vera efficienza

Secondo un report firmato da Capgemini e Sogeti, aumentano nelle imprese i processi automatici nella validazione delle nuove versioni dei software. Ma per sprigionare tutto il potenziale dell’approccio bisogna ricorrere a Intelligenza artificiale e Machine learning

Pubblicato il 11 Mar 2019

D. A.

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Il Continuous Testing – ovvero il processo che prevede una validazione delle nuove versioni dei software in ambienti agile attraverso test automatizzati – sta prendendo piede nelle grandi aziende: circa un terzo degli It manager afferma che le loro divisioni hanno completamente abbracciato l’approccio. Tuttavia oltre la metà degli specialisti che implementano una nuova ‘build’ su base giornaliera sostiene che le aziende devono ancora migliorare la propria efficacia in ambito Continuous Testing, snellendo i propri ambienti di collaudo all’interno di un ecosistema di sviluppo agile. A dirlo è un report Capgemini e Sogeti (parte del Gruppo Capgemini) realizzato in collaborazione con Broadcom Inc.’s Enterprise Software Division. Il sondaggio si basa su 500 interviste a It manager con elevata seniority di aziende medio-grandi (con oltre mille dipendenti) attive in diversi comparti, tra cui Financial Services, High Tech, Healthcare and Life Sciences, Telecommunications, Media and Entertainment e Manufacturing.

Sbloccare il potenziale dell’automazione nella fase di testing

Ci sono ancora grossi margini di miglioramento per ottimizzare i processi di Continuous Testing attraverso l’utilizzo della tecnologia: l’automazione viene utilizzata per eseguire solo il 24% dei test, il 24% degli scenari di business end-to-end e per generare il 25% dei dati richiesti per i test. Un uso maggiore dell’automazione potrebbe migliorare significativamente la velocità delle attività di testing dei team agile; per esempio, oltre un terzo (36%) degli intervistati ha dichiarato che più del 50% dei tempi di collaudo è dedicato a ricercare, gestire, mantenere e generare dati per i test. Tra i casi d’uso descritti nel report, c’è quello di una delle principali banche australiane, che aveva oltre cinquemila build per più di cento applicazioni. Sfruttando un’unica piattaforma per la creazione e il rilascio automatizzato, integrata con strumenti di testing e di automazione, la banca è stata in grado di ridurre del 40% le tempistiche dei cicli di rilascio, migliorando il time-to-market e aumentando significativamente il tempo di operatività dell’ambiente di lavoro.

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La necessità di ricorrere a Ia e Machine learning

La discrezionalità con cui i team di lavoro si sono mossi in autonomia, ha avuto come conseguenza che molte imprese si siano trovate a dovere gestire situazioni fuori controllo, con un’ampia varietà di approcci alla Qa e al test automation. Per riprendere il controllo, afferma lo studio, le imprese devono indirizzarsi verso strumenti e metodologie che garantiscano un controllo centralizzato della qualità da parte dei team agile, attraverso linee guida più chiare in ambito Qa ( Quality Assurance) e il supporto di tecnologie Qa più smart. Uno sviluppo che può portare a risultati promettenti è rendere l’orchestrazione e l’esecuzione dei test molto più smart attraverso l’utilizzo di tecnologie di Intelligenza artificiale (Ia). Con l’introduzione di funzionalità di machine learning, i sistemi saranno in grado di determinare automaticamente i test necessari nei cicli di rilascio e di produzione.

Il report ha evidenziato la chiara necessità di migliorare trasparenza e gestione dei test agile. Per il 35% dei dirigenti intervistati, gli elementi fondanti per validare la capacità di gestione dell’orchestrazione dei test e dei rilasci sono “una tracciatura completa delle attività di test svolte” ed un “processo consolidato di test e rilascio”. Il 32% del campione, invece, ha sottolineato la necessità di uno “spazio condiviso per la collaborazione tra i team” e di una “visibilità continua dei test e rilasci in esecuzione”.

Se ci si sofferma sulle sfide legate agli ambienti di test, la carenza di una struttura centralizzata finalizzata alla fornitura di un ambiente ready-to-use è sempre più evidente. I team sprecano troppo tempo per ottenere degli ambienti di collaudo completi, tanto che quattro intervistati su dieci (40%) hanno dichiarato che i loro team dedicano più della metà del loro tempo alla creazione e manutenzione degli ambienti di test.

“I prossimi due o tre anni saranno cruciali per il Continuous Testing, in quanto le aziende dovranno risolvere il dilemma della transizione verso team sempre più autonomi, in cui tutti si devono sentire responsabili della qualità, migliorando però al contempo il sostegno e la supervisione centralizzata della stessa, al fine di creare un ambiente di sviluppo agile, che sia realmente in grado di offrire valore in un panorama It sempre più complesso”, dichiara in una nota Francesco Fantazzini, Technology & Innovation Lead, Capgemini Business Unit Italy. “Tra le aree principali di intervento, questo report evidenzia chiaramente la necessità di ampliare i livelli di automazione dei test, rendere più intelligente e rapida la disponibilità degli ambienti di collaudo e dei relativi dati, implementare metriche più efficaci supportate da cruscotti avanzati per il controllo della qualità”.

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