L'INTERVISTA

Rigoni: “Ericsson è pronta per il 5G. In Italia mettiamo in moto l’economia reale”

Il numero uno della filiale italiana accende i riflettori sulla capacità di generare investimenti grazie alle risorse impegnate sui territori: 14mila ricercatori in Europa, Italia in pole position con i centri di Genova, Pisa e Pagani. “È così che si sostiene lo sviluppo di un Paese”

Pubblicato il 26 Feb 2019

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La vera forza del 5G? A fare la differenza, come sempre, sarà la competenza. E l’ingrediente numero uno della ricetta è rappresentato dagli investimenti in ricerca e innovazione e nella forte spinta alla creazione di valore sul territorio nazionale”. Federico Rigoni, numero uno di Ericsson Italia ha una visione molto chiara sugli “asset” che fanno davvero la differenza nella competizione di mercato e che la faranno sempre di più con la quinta generazione mobile. “Arrivare pronti all’appuntamento significa aver fatto un grande lavoro ‘dietro le quinte’. I primati non sono mai casuali. Abbiamo inaugurato l’era del 5G negli Usa con Verizon e siamo in campo anche con AT&T, T-Mobile e Sprint. Ciò ci rende più che orgogliosi perché siamo stati i primi a tagliare il nastro del 5G commerciale. E stiamo procedendo velocemente anche in Europa, Asia e Oceania”, racconta Rigoni a Corcom.

Rigoni, c’è chi sostiene che l’Europa rischi un ritardo pericoloso.

Parliamoci chiaro. Gli Stati Uniti sono in questo momento molto avanti: hanno deciso di spingere l’acceleratore e lo hanno fatto concretamente. E come già avvenuto con il 4G stanno allungando le distanze. Ad oggi contiamo 13 contratti pubblici con altrettante telco a livello mondiale. In Europa abbiamo siglato contratti con i principali operatori e molti sono già in corso di esecuzione. A fare la differenza in Europa sul piano della messa in opera saranno le tempistiche in tema di assegnazione dello spettro, i costi delle frequenze, le normative. Insomma sarà il contesto. Dobbiamo accelerare ma noi siamo pronti. La tecnologia di Ericsson c’è e alcuni tra i più importanti operatori in Europa e nel mondo l’hanno già scelta e implementata. Inoltre le soluzioni hardware del nostro Ericsson Radio System, che forniamo ai nostri clienti dal 2015, supportano funzionalità 5G NR semplicemente con l’installazione di nuovo software da remoto e questo ci ha permesso di mettere in campo già 3 milioni di siti radio pronti per il 5G.

E l’Italia?

L’Italia in questo momento è senza dubbio in una posizione di primato e di vantaggio: conta il numero più elevato di sperimentazioni, le licenze sono state assegnate e le telco hanno dunque avuto modo di potersi muovere e organizzare per tempo in vista dell’obiettivo 2020, anno a cui è fissato il roll out delle reti commerciali.

In Italia Ericsson con quali operatori sta lavorando?

A primavera 2018 ci siamo aggiudicati il contratto con Wind Tre sulla parte Core della rete e stiamo lavorando già all’ “upgrade” per il 5G dal secondo semestre 2018. Questo contratto rientra tra i 14 annunciati pubblicamente. Un motivo d’orgoglio per l’Italia. Riguardo alle altre telco posso dirle che Ericsson è da sempre il vendor di fiducia delle telco italiane sulla parte Core, la più delicata della rete, che richiede i massimi livelli di sicurezza. A seguito dell’asta 5G le telco stanno ora lavorando all’assegnazione degli appalti in vista della realizzazione delle reti. Al momento stiamo collaborando su vari fronti nell’ambito delle sperimentazioni: siamo coinvolti in una serie di trial con Tim e Fastweb a Torino, Roma, Genova, Livorno, Sanremo. Alcune delle sperimentazioni messe in campo con Tim sono tra le più avanzate al mondo.  Per non parlare poi di quelli che stiamo portando avanti nell’ambito delle attività di ricerca dei nostri tre centri di Genova, Pisa e Pagani. Emblematico il progetto che ci vede coinvolti con Tim e Comau, diventato una best practice a livello internazionale. Un risultato reso possibile grazie alle ingenti risorse in campo in termini di specialisti. Mi preme evidenziare che Ericsson in Italia conta 700 ricercatori e che è questo l’asset vero che fa la differenza. L’innovazione si misura soprattutto in termini di competenze sul campo. I principali vendor possono vantare tutti più o meno asset tecnologici di grande qualità, ma il reale valore aggiunto si misura sulla capacità di sostenere l’economia locale.

In che modo?

Investire in tecnologie è scontato. Non si può diventare un’azienda globale se non si punta sull’avanguardia tecnologica. È la conditio sine qua non su cui non si discute. Ma ciò non è sufficiente per contribuire allo sviluppo dell’ecosistema e per sostenere i territori in cui ci si aggiudicano i contratti. Il valore “reale” di un vendor si misura sulla sua capacità di mettere in moto l’economia. La quantità di contratti messi a segno non è sinonimo di economia “reale”. Le domande da porsi sono: qual è la capacità di un vendor di sostenere lo sviluppo di un Paese? Di mettere in moto l’indotto? Quanti investimenti si creano sul territorio? Quante sono le risorse umane locali impiegate? Quanto il potenziale di crescita? Ericsson su questo fronte è decisamente un “campione”: vantiamo circa 14mila ricercatori in Europa in 22 centri localizzati in 15 paesi, di cui 3 in Italia. È la ricerca il vero motore della crescita. E sono questi i numeri che fanno davvero la differenza, è questo il vero asset che l’Europa deve valorizzare se vuole accelerare sul 5G. Investimenti concreti generano azioni concrete. Investire in un Paese vuol dire soprattutto investire sulle risorse umane, sviluppare competenze iper-qualificate a sostegno del lavoro di tutti gli attori in campo. Continueremo a spingere su questo fronte. Ed è così che giocheremo la nostra partita.  

E gli altri?

Posso parlare per Ericsson. Ma credo sia raro trovare altre aziende multinazionali così radicate nel tessuto italiano come lo è Ericsson. 100 anni di presenza, circa 3000 persone, 3 centri di ricerca che lavorano a stretto contatto con università e clienti, 700 ricercatori, 600 brevetti generati negli ultimi 20 anni. E ora acceleriamo con il 5G.

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