ANTITRUST

Banda ultralarga, battaglia legale tra Open Fiber e Tim

L’operatore wholesale chiede 1,5 miliardi di risarcimento danni alla compagnia guidata da Gubitosi. Che sarebbe a sua volta intenzionata a far causa per un valore uguale o maggiore per “concorrenza sleale”

Pubblicato il 30 Giu 2020

Patrizia Licata

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Oper Fiber chiede 1,5 miliardi di danni a Tim: l’azienda italiana della banda larga wholesale guidata da Elisabetta Ripa ha fatto causa all’operatore presso il Tribunale di Milano. Lo riporta Reuters in base a fonti confidenziali.

Open Fiber accusa Tim di aver abusato della sua posizione dominante sul mercato della banda larga. La richiesta dei danni, continuano le fonti dell’agenzia di informazione, è scaturita dalla decisione dell’autorità antitrust Agcm, che a marzo ha multato il gruppo guidato da Luigi Gubitosi per 116 milioni di euro per aver adottato una “strategia anticoncorrenziale pre-meditata” per preservare la sua posizione sul mercato dell’ultra-broadband e ostacolare l’ingresso dei concorrenti.

Tim avrebbe definito le argomentazioni Open Fiber “risibili”; anzi, la telco starebbe a sua volta preparando una causa contro Open Fiber in cui intende esigere un risarcimento danni per “concorrenza sleale” di valore uguale o maggiore a quello chiesto da Open Fiber.

Open Fiber: “Il cda deve tutelare i suoi interessi”

Ad aprile la ceo di Open Fiber Ripa aveva confermato che l’operatore wholesale avrebbe cercato un risarcimento dei danni da Tim, nonostante le due aziende stessero già dal 2019 trattando per valutare la possibilità di integrare le rispettive reti in fibra ottica. “Dopo la decisione dell’Antitrust il cda deve tutelare i suoi interessi”, ha affermato Ripa.

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Banda Larga

Alle accuse rivolte a Open Fiber di aver accumulato ritardi sui lavori per il Piano Banda ultra-larga del governo, Ripa ha replicato: “In ritardo di due anni? Bisognerebbe ricordare che Open Fiber ha iniziato i lavori solo nel 2018”. E ha aggiunto che le concessioni “sono state bloccate per lungaggini burocratiche e ricorsi di altri operatori, in particolare di Tim”.

Le indiscrezioni di stampa sulla causa depositata da Open Fiber hanno impattato sul titolo di Tim, che per ora resta debole a Piazza Affari.

Tim: la decisione dell’Antitrust

La multa comminata dall’Antitrust a Tim in merito alle “condotte” al Piano Cassiopea annunciato (ma poi sospeso) nel 2017 per portare la fibra nelle aree bianche segue un procedimento (“A514”) chiuso in data 25 febbraio. L’Agcm ha affermato di aver “deciso di imporre una sanzione pecuniaria di circa 116 milioni di euro, bilanciando la necessità di garantire la necessaria deterrenza rispetto a possibili future condotte con l’esigenza che la sanzione non sia ingiustificatamente afflittiva”. Secondo l’Authority presieduta da Roberto Rustichelli “Tim ha posto in essere una strategia anticoncorrenziale preordinata a ostacolare lo sviluppo in senso concorrenziale degli investimenti in infrastrutture di rete a banda ultra-larga”. Aree in cui ci sarebbe stato molto bisogno di fibra – evidenzia l’Antitrust- e “tale comportamento appare particolarmente grave” considerato che “i ritardi producono i loro effetti in una situazione complessiva che vede il nostro Paese già strutturalmente indietro di ben 18 punti percentuali rispetto alle altre economie europee in termini di copertura della Ftth”.

Le condotte di Tim, sottolinea l’Agcm “sono risultate indirizzate a preservare il suo potere di mercato nella fornitura dei servizi di accesso alla rete fissa e dei servizi di telecomunicazioni alla clientela finale. Tim ha posto ostacoli all’ingresso di altri concorrenti, impedendo sia una trasformazione del mercato secondo condizioni di concorrenza infrastrutturale, sia il regolare confronto competitivo nel mercato dei servizi al dettaglio rivolti alla clientela finale”. L’Autorità ha accertato inoltre che Tim “ha ostacolato lo svolgimento delle gare, indette nell’ambito della Strategia nazionale banda ultra-larga del Governo, per il sostegno agli investimenti in infrastrutture di rete a banda ultra-larga nelle aree più svantaggiate del territorio nazionale (cosiddette aree bianche)”. In particolare, “Tim ha deciso una modifica non profittevole dei piani di copertura di tali aree durante lo svolgimento delle le gare ed ha intrapreso, contestualmente, iniziative legali strumentalmente rivolte a ritardare le medesime”.

Tim, pur prendendo atto di quanto deciso da Agcm, ha annunciato ricorso alla giustizia amministrativa.  “Il provvedimento dell’Agcm suscita inoltre perplessità, anche perché le presunte condotte anticompetitive di Tim vengono valutate in maniera del tutto diversa dal Regolatore del settore (Agcom)”, spiega l’azienda.

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