LA ROADMAP

Kroes: “Agenda digitale, l’Europa faccia presto”

Il Commissario Ue va avanti dritto verso l’obiettivo anche in vista di Europa 2020. Ma bisogna risvegliare gli appetiti degli investitori attraverso un quadro regolamentare più stabile e propizio “che funga da catalizzatore e non da ostacolo”

Pubblicato il 04 Giu 2013

Francesco Molica

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«L’Europa deve fare presto». Pompando ossigeno in un mercato, quello delle telecomunicazioni, in crescente affanno. Così da ricondurlo sulla via maestra della competitività internazionale. È il messaggio che il Commissario per l’Agenda Digitale Neelie Kroes martella oramai ad ogni uscita pubblica. Intrecciandolo ad un corollario ineludibile: il settore Ict potrebbe interpretare un ruolo dirimente per traghettare l’Europa fuori dal guado della crisi, in prima luogo spezzando la spirale incontrollata della disoccupazione giovanile. Per questa ragione, negli ultimi mesi, l’Unione europea ha messo in cantiere un imponente ventaglio di iniziative e politiche nel campo delle comunicazioni elettroniche. All’orizzonte si stagliano gli obiettivi dell’Agenda Digitale, e in chiave più generale le ambizioni della strategia Europa 2020. Impensabile realizzarle senza una diffusione capillare e un ammodernamento delle reti digitali.

L’obiettivo più cogente è dunque risvegliare gli appetiti degli investitori attraverso un quadro regolamentare più “stabile” e “propizio”, che “funga da catalizzatore e non da ostacolo”, nelle parole della Kroes. Di qui l’emanazione a breve di una corposa raccomandazione comunitaria per spingere gli investimenti in reti Ngn, i cui contenuti salienti sono stati diffusi sin dal luglio scorso. Il testo prevede un allineamento dei prezzi di unbundling in tutt’Europa, regole di non discriminazione più cristalline, ma soprattutto una ventata di flessibilità sulle condizioni di prezzo applicabili per l’accesso proprio alle reti di nuova generazione. L’altro corno dell’offensiva regolamentare lanciata dalla Kroes è ancora più audace. La perdurante frammentazione su linee nazionali del settore telecom si quantifica in 130 miliardi di risorse bloccate.

Perciò occorre archiviarla in tutta fretta. Su mandato del Consiglio, dallo scorso marzo la Commissione europea ha cominciato a studiare un ambizioso pacchetto per tagliare in tempi celeri l’agognato traguardo di un mercato unico del digitale. E a maggior ragione in questo caso la parola d’ordine è “coerenza”. Ad esempio, sull’assegnazione dello spettro, tanto quanto nei servizi digitali. Le tempistiche sono strette: l’Esecutivo di Bruxelles dovrebbe presentare la propria proposta agli stati membri per il mese ottobre, e quindi tentare di mettere il turbo all’iter di approvazione in tempo per chiudere il cantiere entro l’estate 2014, quando il mandato del collegio Barroso verrà a scadenza.

Ridare impulso agli investimenti, dunque, incoraggiando concorrenza paneuropea e ritorni più stabili per i player. Ma anche comprimere i costi. Il terzo tassello della strategia comunitaria contempla infatti un giro di vite sulla foresta di sprechi e inefficienze che ancora oggi crivellano le diverse tappe della costruzione, e ancor di più dell’impiego delle infrastrutture digitali. Ne è nato un regolamento europeo ad hoc presentato nel mese di marzo e che, secondo stime comunitarie, potrebbe tradursi in un risparmio di 40-60 miliardi di euro per il settore privato, disponendo un supplemento di coordinamento e più semplificazione e chiarezza burocratiche nelle opere d’ingegneria civile, in particolare quelle per posare la fibra. Anche qui la proposta è appena entrata nella pipeline legislativa e c’è da scommettere che la Commissione incalzerà Parlamento e Consiglio europeo per farla varare rapidamente.

Se però un clima regolamentare favorevole può fare la differenza, anche il settore pubblico deve dare man forte. Bruxelles dispone di una serie di leve significative, spalmate su una molteplicità di programmi e strumenti di finanziamento. Il più importante fino a poco tempo fa era il pacchetto di aiuti infrastrutturali Connecting Europe Facility (Cef): 9,2 miliardi di euro di fondi da destinare alla banda larga, prima che gli stati membri li riducessero al lumicino. Sul piatto resta comunque un miliardo di euro, che risulterà utilissimo per lo sviluppo di servizi digitali. Proprio alla luce dei tagli draconiani inflitti al Cef, si guarda ora con crescente attenzione ai fondi strutturali. L’attuale programmazione, che si concluderà nel 2013, prevedeva già circa 71 miliardi da destinare a investimenti in Ict. Per quella successiva, attualmente in discussione a Bruxelles, la cifra dovrebbe salire. E soprattutto l’Ict dovrebbe essere elevato a priorità strategica. Significa che stati e regioni che usufruiscono dei fondi strutturali saranno obbligati a impiegarne una parte in progetti per lo sviluppo della banda larga e di servizi digitali.

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