L'ANNUNCIO

La svolta di Huawei: addio Android, dal 2021 gli smartphone “Harmony Os 2.0”

Il nuovo sistema operativo sviluppato dopo il “ban” degli Stati Uniti. Già disponibile la versione beta. Ma le sanzioni di Trump sui chip rischiano di mettere a rischio la filiera produttiva dei nuovi cellulari

Pubblicato il 10 Set 2020

Patrizia Licata

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Huawei porterà sul mercato i suoi smartphone con sistema operativo Hongmeng (o Harmony Os) versione 2.0 a partire dal prossimo anno. Il vendor di Shenzhen si libera così dalla dipendenza dal sistema operativo di Google, Android, finora utilizzato nei suoi dispositivi mobili ma divenuto inaccessibile dopo il “bando” commerciale di Donald Trump che impedisce alle aziende americane di vendere prodotti e servizi tecnologici all’azienda cinese.

L’annuncio della disponibilità commerciale di Harmony Os 2.0 è arrivato da Richard Yu, ceo della divisione consumer di Huawei, e da Wang Chenglu, presidente del dipartimento software della stessa divisione consumer, nel corso della conferenza annuale per gli sviluppatori che Huawei tiene nella città di Dongguan, nella Cina del sud.

Harmony a disposizione anche di altri vendor

Il sistema operativo Hongmeng è stato presentato da Huawei già ad agosto 2019, pochi mesi dopo l’entrata in vigore del bando americano. Il primo dispositivo della casa cinese dotato dell’Os proprietario è stata la smart tv Honor: il vendor ha fin dall’inizio sottolineato che questo sistema è adattabile a qualunque tipo di device mobile, dai laptop ai wearable fino a i device della IoT.

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Anzi, ha chiarito ora Richard Yu, Hongmeng non solo supporterà tutti i nuovi device di Huawei, ma sarà messo a disposizione per i dispositivi di altri vendor: “Harmony Os 2.0 sarà disponibile per tutti i produttori di hardware”.

Yu ha anche indicato che è da oggi aperta agli sviluppatori una versione beta per smartTv, smartwatch e sistemi di info.intrattenimento per le auto; entro dicembre sarà pronta la versione beta per gli smartphone.

Ecosistema di app Made in Huawei

Essere tagliata fuori da Android (nella versione ingegnerizzata da Google) significa per Huawei non poter proporre tutte le app di Google che hanno reso l’Os di Mountain View così popolare, dall’email alle mappe al Play store. L’alternativa dell’azienda cinese si chiama Huawei mobile services (Hms): Yu ha affermato che è già diventato il terzo più grande ecosistema di app mobli al mondo.

Zhang Pingan, presidente della divisione consumer cloud di Huawei, ha detto che i clienti internazionali hanno accettato l’alternativa Hms e le vendite di smartphone con questo ecosistema di app “sono notevolmente cresciute” da maggio.

Il nodo dei chip

Yu ha anche svelato che Huawei ha distribuito 240 milioni di smartphone l’anno scorso, ma solo 105 milioni nei primi sei mesi del 2020: l’azienda soffre della mancanza di accesso all’hardware.

In particolare, le nuove sanzioni di Trump che impediscono anche l’accesso ai chip creano notevoli difficoltà a Huawei: l’azienda di Shenzhen sta anche qui cercando di ovviare sviluppando un prodotto proprietario, ma per gli analisti le interruzioni nella fornitura di semiconduttori potrebbero mettere in ginocchio se non azzerare il business degli smartphone di Huawei.

“Gli Usa vogliono colpire lo sviluppo del 5G in Ue”

Sul braccio di ferro Usa-Cina che ha coinvolto il vendor di Shenzhen è intervenuto oggi Abraham Liu, rappresentante di Huawei presso le istituzioni europee, in una lettera pubblicata su Politico Europe in cui afferma che “Le azioni del governo Usa stanno rallentando lo sviluppo del 5G in Europa“. Per Liu “Le accuse degli Usa fanno parte di un’ampia strategia geopolitica per ottenere il dominio americano sulle tecnologie. L’Ue non dovrebbe prestarsi a questo gioco, ma scegliere in base ai propri valori e rispettando le sue regole”.

Nella lettera il rappresentante di Huawei mette in guardia l’Ue anche sulle implicazioni dell’iniziativa Clean Network annunciata dagli Usa che mira a “salvaguardare gli asset nazionali, tra cui la privacy dei cittadini e le informazioni sensibili delle imprese, da intrusioni aggressive di attori malevoli come il Partito comunista cinese”.  Il risultato è un’azione volta a “ripulire le reti di comunicazione” dalla presenza di tecnologie considerate pericolose per la sicurezza nazionale. “Huawei ha un’ampia base di fornitori e partner europei. Molti non potranno più lavorare con noi”, ha commentato Liu.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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