IL CASO

La versione di Genish: “Cacciato per fare lo spezzatino di Tim”

L’ex Ad punta il dito contro Elliott: “C’è stata una campagna segreta degli americani contro la società”. E sulla rete unica: “Ero d’accordo anche io ma se il controllo non sarà di Tim ci saranno problemi di finanza e lavoro”. Ecco il piano de governo: infrastruttura con proprietà diversa o controllata da terzi. I dubbi di Agcom

Pubblicato il 14 Nov 2018

F. Me

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Un colpo di Elliott per fare lo spezzatino di Tim. In un’intervista a La Stampa, l’ex Ad della compagnia Amos Genish, spiega così la sfiducia da parte del cda avvenuta mentre era in missione in Cina.

Genish giudica il suo defenestramento come “un inatteso e anormale andamento delle cose, almeno per quanto riguarda la corporate governance di una grande azienda”. Si sente tradito dal presidente Conti più che sorpreso. Preoccupato per il futuro, anche perché “i mercati sono nervosi” e ora potrebbe accadere il peggio. “Mentre ero nel mezzo di un viaggio di lavoro in Asia per parlare di 5G, e dopo che il presidente mi aveva assicurato che non ci sarebbe stato un cda, tranquillizzandomi per le indiscrezioni di segno avverso che circolavano – ha raccontato – ecco che ne convocano la riunione e fanno un vero putsch sovietico ai miei danni. Non c’era un’emergenza, potevano aspettare venerdì. Evidentemente, ci sono dei motivi per cui si sono sentiti a loro agio nel farlo mentre ero via. Con un preavviso di dodici ore”.

“Gli americani di Elliott hanno condotto una campagna segreta per molto tempo cercando di destabilizzare me e la società. Hanno interferito col mio lavoro e la mia capacità di manager. Se guardiamo le decisioni prese e quelle no – ha proseguito – è evidente che il board non mi ha mai sostenuto. Il punto interrogativo sulla mia permanenza ha complicato il quadro. Il contesto ostile ha permeato di disfunzioni l’ambiente societario. Se qualcuno è da biasimare per come vanno le cose, o per come non sono andate, è il consiglio”.

Sul voto contro del cda, Genish ha detto: “Possiamo chiederci se non sia tutto dovuto alle due filosofie che animano Tim. Una è quella di chi vuole lo spezzatino della società per vendere i diversi pezzi, come Elliott ha sempre dichiarato dall’inizio. L’altra è di chi, come me, immagina un gruppo industriale integrato orientato al pieno sfruttamento del potenziale tecnologico a partire dal 5G. Questi approcci si sono scontrati sin dall’inizio. Era impossibile lavorare. Elliott mi ha sempre promesso sostegno a parole e non lo ha mai fatto”.

Secondo Genish “l’ultima cosa che farebbe bene alla Tim è uno spezzatino. Non funzionerebbe. Creerebbe uno scenario di caos. Loro credono di avere la soluzione rapida per risolvere i problemi. Io dico che non è così”.

Per quanto riguarda la rete unica, Genish dice di essere d’accordo. “Il problema- avverte – è chi debba controllare la rete”. Per il manager l’ideale sarebbe che lo facesse Tim perché se così non fosse “avremmo problemi di lavoro e finanza”.

Restando sul tema rete unica il governo ha un piano molto chiaro su quale sarà il suo assetto. Come spiega Il Sole 24 Ore si prevede un’aggregazione su base volontaria degli asset della rete di accesso in capo a un soggetto giuridico terzo non verticalmente integrato (non attivo sui servizi al dettaglio). La norma, che potrebbe finire nel decreto Semplificazioni, mira ad accelerare gli investimenti sulla banda ultra, consentendo al contempo ad Agcom di fissare adeguati meccanismi di remunerazione del capitale investito. L’Autorità però sarebbe dubbiosa perché il piano potrebbe rincarare  i prezzi finali.

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