IL COMMENTO

Telecom, Asati e le querele milionarie per diffamazione

La controversia tra l’azienda e i piccoli azionisti si è risolta positivamente con una transazione tra le parti. Ma accende un faro sui rapporti all’interno del gruppo e sul valore della convergenza di interessi

Pubblicato il 20 Lug 2018

Maurizio Matteo Dècina

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Quello delle querele civili con richieste milionarie per diffamazione è un argomento che fa sempre clamore. L’ultimo caso è quello della querela da un milione di euro di danni civili richiesti da Tim all’associazione dei piccoli azionisti di Telecom Italia in seguito ad alcuni comunicati che criticavano alcune scelte aziendali tra cui il bonus all’ex Ad Flavio Cattaneo. Comunicato ripreso e ripubblicato al livello  istituzionale dal Movimento Cinque Stelle, a sua volta non querelato.

La vicenda potrebbe far venire in mente lontanamente la querela civile da 10 milioni di euro da parte dell’ex Presidente Telecom Marco Tronchetti Provera sul mio libro “Goodbye Telecom” che ne avrebbe accresciuto la fama, soprattutto dopo l’intervento del Movimento Cinque Stelle e la prefazione del Presidente dell’Agcom per la riedizione in Senato nel ventennale della privatizzazione. All’epoca dei fatti, rivestivo la carica di Vicepresidente della stessa Asati in un momento in cui il suo Presidente Franco Lombardi aveva criticato la precedente gestione Pirelli e tra le altre cose diffuso informazioni sul caso Kroll. Caso per il quale Tronchetti Provera risulta ancora sotto processo. Ma la vicenda civile attuale per diffamazione è molto diversa, a parte l’appartenenza ad Asati dei querelati e le vicende con oggetto la stessa azienda.

La paradossale scelta di querelare i suoi stessi azionisti nel 2017 (all’epoca della querela l’Ad era Flavio Cattaneo ed il Presidente era Giuseppe Recchi), ovvero Tim che querela la sua parte più debole, sembra però essersi risolta positivamente con una transazione tra le parti che prevede anche tra le altre cose un esborso da parte di Tim in favore della parte querelata. La notizia della risoluzione è stata data proprio dalla stessa Asati che sottolinea così gli ottimi rapporti con i vertici attuali “grazie al rinnovato contesto di disponibilità al confronto del nuovo management aziendale” con evidente ritorno positivo di immagine per la stessa lungimirante Tim.

L’opinione pubblica di solito giudica, soprattutto quando gli argomenti sono sotto gli occhi di tutti. Poi ognuno si difende come meglio conviene in relazione all’evidenza di numeri, dati e situazioni. La fama è
infatti figlia di Giove, una divinità della mitologia romana, personificazione  della voce pubblica. Descritta da Virgilio ed Ovidio come “una Dea alata (corpore plumae) con molteplici occhi, orecchie e bocche dotate di trombe (tot uigiles oculi subter, tot lingue, tot subrigit auris)”. Attenzione dunque ad invocare una divinità dalle simili parvenze, anche per la possibile recalcitranza degli effetti. Da notare che Fama viene dal latino “Fari” (parlare) che al participio passato si traduce in Fatum (ciò che è stato detto) ovvero un destino inevitabile.

La nuova gestione ha in ogni modo un ottimo rapporto con i piccoli azionisti. E sembra che su questo tema ci sia una buona intesa. La sintonia verte naturalmente anche sulle potenzialità di Tim, che va ricordato che negli ultimi anni ha fatto un grandissimo lavoro di cablatura per colmare l’epocale gap lasciato dalla privatizzazione. E il titolo ora non può che risalire in seguito all’ambizioso progetto di una rete unica che supporterà le nuove ed infinite possibilità dei mercati emergenti. Come più volte spiegato, al valore puramente finanziario della rete in termini di flussi di cassa va aggiunto un premio di efficienza, dovuto alle sinergie e agli impatti macroeconomici sul sistema Paese. La consapevolezza è quella di una nuova sfida, tutti uniti, per un nuovo rilancio aziendale che porterà ben presto a succosi frutti.
L’unione fa la forza e a beneficiarne è tutto.

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