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Ecco come il digitale stravolgerà le regole del business

Dalla Difesa all’agricoltura, dalla cultura alle utility: la “disruption” sarà per tutti i settori. Alla convention EY di Capri riflettori puntati sulle nuove sfide

Pubblicato il 07 Ott 2016

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Contribuire all’evoluzione della cultura dell’innovazione e di stimolare la crescita del Paese. Questa la “mission” dell’evento “Accelerare x competere x crescere. Creatività, innovazione, digitale”, organizzato da EY a Capri e giunto quest’anno alla nona edizione. A seguire alcune delle “ricette” dei manager presenti alla convention. Qui gli interventi della giornata di giovedì 6 ottobre

Mauro Moretti, ceo e direttore generale Leonardo

Avremo a che fare con quantità di dati incredibile. Bisogna essere tempestivi nel modificare i propri business e modelli cogliendo le sfide prima di altri. Dal satellite ci aspettiamo molte innovazioni: riuscendo a coprire con sistema di navigazione il comando e il controllo di qualsiasi mezzo si può pensare a mezzi-veicoli unmanned. La geolocalizzazione permette di avere serie di dati su cui poter costruire info preziose, e si pensi ai benefici nel mondo ad esempio dell’agricoltura. Ma le dimensioni degli investimenti che sono in gioco sono determinanti. E per partecipare all’innovazione bisognerà fare lava sulla proprietà intellettuale. Avere proprietà intellettuale sarà la vera questione su cui si confronteranno le aziende.

Sandro De Poli, presidente e amministratore delegato GE Italia e Istraele

Dall’energia alla salute, dai trasporti alla manifattura, ciò che chiamiamo Industrial Internet (la connessione tra macchine, dati e persone) sta rivoluzionando le infrastrutture del 21esimo secolo. Nel 2015 la dimensione economica globale del mercato dell’Internet of Things è stata valutata in 157 miliardi di dollari. Nel 2021, secondo l’agenzia Research and Markets, salirà a 661 miliardi, con relativo tasso annuo di crescita composto (CAGR) del 33,3%. Il vantaggio stimato della diffusione del servizio Industrial Internet in Italia è un apporto al PIL nazionale che varia da 120 miliardi di euro (secondo le stime più moderate) a 197 miliardi di euro (secondo le stime più coraggiose) entro il 2030. Per questo GE ha avviato un cambiamento epocale puntando sulla digital industry e l’internet delle cose. Una trasformazione che coinvolge sia i processi produttivi sia il mondo software. E, sempre per questo, siamo convinti che le misure del Piano per l’Industria 4.0 accelereranno la modernizzazione dell’Italia verso nuovi orizzonti di competitività.

Luigi De Vecchis, executive vice president Huawei Italia

È finita la spinta della rete di tlc e perfino quella del web e sta accadendo qualcosa di diverso. Si parla di Iot e industria 4.0. ma la nuova rete deve avere caratteristiche differenti. Dobbiamo cambiare atteggiamento. L’innovazione è direttamente proporzionale alla scuola. L’Oriente investe moltissimo in capitale umano. E così un’azienda (Huawei ndr) che nasce poco meno di 30 anni fa ha una struttura di R&S di 70mila ingegneri e ha affiancato le grandi aziende. A dimostrazione che è importante cambiare atteggiamento. Dalla densità di mille oggetti per kmq passeremo a un milione. L’interazione dei sistemi ci porterà a capire come affrontare la fabbrica del domani.

Nunzio Mirtillo, president of Region Mediterranean Ericsson

La società connessa sta accadendo. Gli enabler sono mobilità, broadband e cloud. In Italia qualche problema sul broadband ma lo stiamo risolvendo, sul cloud non abbiamo problemi a implementare e sulla mobility siamo messi bene. Il cliente è centrale e la fisicità scompare. Il 5G permetterà di avere use case oggi impossibili. Iot e cloud la faranno da padrone. Il 5g non è una tecnologia ma un ecosistema. Ben venga il piano Industria 4.0 del governo. La rivoluzione digitale ci aiuta a implementare nuovi obiettivi. Noi come imprenditori dobbiamo porci la domanda se quello che stiamo facendo è a favore dei nostri clienti e se siamo in linea con obiettivi globali. Altrimenti è un problema. Andiamo verso il mondo 4.0.

Walter Ruffinoni, amministratore delegato di Ntt Data Italia

I dati relativi ai crimini cyber sono rilevanti e ci mostrano da una parte come vi sia stato un aumento degli attacchi verso le infrastrutture critiche, sempre più interconnesse, e dall’altra quanto le vulnerabilità siano legate proprio ai comportamenti dell’individuo. Un dato interessante è che il 75% degli attacchi alle aziende avviene quando i dipendenti tornano al lavoro dopo le festività. Per anticipare il rischio e aumentare perciò la resilienza agli attacchi, mondo istituzionale e aziende private dovranno collaborare, dotandosi di una chiara strategia di Cyber Security e facendo sistema, condividendo informazioni e best practice. Nei prossimi anni si dovrà sviluppare un Cyber Security Risk Rating, una certificazione indipendente per giudicare la sicurezza dei grandi gruppi che diventerà una nuova forma di valutazione delle aziende equiparabile all’attuale attenzione del rischio finanziario.

Enrico Cereda, amministratore delegato IBM Italia

In tema di cybersecurity il Paese ha bisogno di una chiara strategia nazionale. Servono risorse e competenze da aggregare intorno a una visione comune, i cui pilastri sono la difesa collaborativa e l’impiego di avanzate tecnologie, come il cloud e i sistemi cognitivi. La trasformazione digitale dipenderà anche da ciò”.

Fabio Fregi, Italy country manager Google for Work

Una cultura come quella di Google non l’ho mai trovata. Se un’azienda ha come core business inventare allora le persone sono la risposta. In questa affermazioni in Google si trova un corpo. Attenzione maniacale al processo di assunzione. Se le persone scelte sono eccellenti ci si assicura di dare tutto l’empowerment necessario alle persone. Il tema della cultura e l’apertura all’errore è un tema fondamentale. Quando si fa innovazione bisogna mettere nel piano che almeno 9 idee su 10 sono sbagliate. Quindi bisogna mettere a piano l’errore. Google ha compiuto 18 anni il mese scorso ma nella sua adolescenza ha realizzato servizi che hanno oltre 1 miliardo di utenti. Secondo la nostra esperienza ci sono cinque cose che un’azienda deve fare per diventare digitale: usare la tecnologia per scalare i clienti, fare in modo che l’intelligenza sia distribuita in tutta l’azienda, consentire che l’azienda possa lavorare in tempi veloci e che i dati siano alla base delle decisioni, utilizzare la tecnologia all’interno dell’azienda.

Ernesto Ciorra, direttore Innovazione e Sostenibilità Enel

I responsabili dell’innovazione hanno in Italia potere organizzativo pari a zero. Il modello si sostiene se si può fare innovazione. Perché innovare? Fino a molti anni fa c’erano grandi aziende leader, Nokia, Kodak, Blockbuster, che non esistono più. L’innovazione uccide il modello di business. Oggi si può diventare un billionaire su Kickstarter. Come trasformare la minaccia in opportunità? Enel come tutte le aziende grandi è piccola: non si può innovare da soli. Siamo figli di regole dominanti che chiamiamo paradigmi. Ma sono una trappola. Noi cerchiamo piccole aziende con grandi idee. Abbiamo valutato 1400 aziende nell’ultimo anno. Abbiamo 50 collaborazioni aperte. Ci vuole fatica e propensione al rischio.

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