IL CASO

Alta Corte Ue, l’autodifesa di Uber: “Così spingiamo la digital economy”

La Corte di Giustizia chiamata a decidere sulla natura del servizio. Una decisione che potrebbe avere un impatto su molte altre aziende della sharing economy

Pubblicato il 30 Nov 2016

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Uber è una app o una vera e propria società di trasporti? A deciderlo sarà la Corte di giustizia dell’Unione Europea in una sentenza che oltre ad impattare sull’attività della compagnia, potrebbe avere conseguenza anche su altre aziende di sharing economy. La sentenza è attesa per la primavera prossima.

La giustizia europea è stata coinvolta in seguito al ricorso presentato dall’associazione dei tassisti spagnola contro il servizio “UberPop”, quello rivolto a autisti privi di licenza.

E sarebbe proprio UberPop ad essere colpito da un’eventuale decisione restrittiva da parte della Corte europea. In Italia UberPop è già stata sospesa nel giugno 2015 in seguito a una decisione del Tribunale di Milano. L’app è stata particolarmente attaccata a Barcellona: per dirimere la questione sollevata dall’associazione dei tassisti che la giustizia spagnola ha chiesto il parere dei giudici europei nel procedimento arrivato in aula martedì. Secondo l’associazione, Uber sta cercando di nascondere il fatto che “è chiaramente un’attività di trasporti”, eludendo la legge che in Spagna obbliga tali società a pagare 150mila euro per ottenere l’autorizzazione amministrativa necessaria.

Ieri, martedì 29 novembre in Lussemburgo Uber ha esposto in udienza le proprie ragioni, ribadendo i motivi per i quali si ritiene un’applicazione. “Le persone si occupano di trasporti tutti i giorni usando le proprie auto, indipendentemente da Uber – ha sostenuto la compagnia davanti la Corte Europea – e naturalmente tendono a condividere i propri mezzi con gli altri. Con la tecnologia degli smartphone Uber rende solo più efficiente per autisti e passeggeri la possibilità di entrare in contatto in una maniera conveniente per entrambi”.

Nel caso in cui venisse deciso che Uber è un servizio di trasporti, la società dovrebbe accordarsi con ciascuno dei 28 paesi dell’Ue (per ora opera in 21 di questi) sulle norme da rispettare nei singoli stati, e iniziare a rispettare le regole sindacali e di sicurezza sul lavoro previste per i tassisti. Se invece si deciderà che Uber è una semplice piattaforma digitale, potrebbe essere reintrodotto UberPop in alcuni paesi dove è stato bloccato.

Ma, in realtà, la causa non obbliga Bruxelles a decidere se Uber sia una app o un servizio di trasporto. Le autorità potrebbero anche sostenere che Uber ha entrambe le caratteristiche, creando in questo modo maggiore confusione. L’Europa consente alle società di servizi di operare liberamente nell’Unione, mentre pone alcune restrizioni a particolari settori: i trasporti sono di competenza statale. Aziende come Uber e Airbnb possono facilitare un servizio ma non possono eseguirlo direttamente.

Le proteste dei tassisti, che accusano Uber di concorrenza sleale, non hanno risparmiato neanche l’Italia e sono legate ai vari servizi offerti da Uber. Accanto agli ordinari noleggi con autista, le cosiddette black car, l’azienda di San Francisco permette di ottenere un passaggio da parte di un altro soggetto (UberPop), il quale riceve da Uber una parte del denaro pagato per la corsa. È forte l’analogia col servizio taxi, con due fondamentali differenze: il guidatore può anche non disporre di una licenza apposita, e – inoltre – non lavora, almeno sulla carta, per una società di trasporti. Per questo Uber si reputa, piuttosto, titolare di un programma attraverso il quale gli utenti (uno che chiede un passaggio e un altro che lo offre a pagamento) possono interfacciarsi.

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