IL WORKSHOP

Meno burocrazia e più brevetti, la ricetta Anitec per la ricerca 4.0

Il tema degli investimenti R&S al centro del workshop promosso dall’associazione delle imprese Ict e andato in scena a Roma. Il presidente Pileri: “Dobbiamo snellire le procedure di investimento e rivedere i criteri di valutazione di prof e ricercatori. Fare sistema è fondamentale”. La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli: “Pronti a fare la nostra parte”

Pubblicato il 09 Giu 2017

Andrea Frollà

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Favorire la cooperazione tra istituzioni e aziende nelle fasi progettuali. Snellire le procedure di ricerca e sviluppo in un’ottica di coordinamento efficiente fra i vari attori. E rivedere i sistemi di valutazione di professori e ricercatori, attribuendo un peso maggiore alla registrazione di brevetti e ai progetti di cooperazione industriale. Sono questi i tre ingredienti della ricetta per sostenere la crescita dell’Italia sul versante R&S proposta da Anitec, presentata oggi durante un workshop andato in scena al Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca.

A mettere in luce le criticità che non permettono al Paese di avvicinare i numeri di altri big europei, Germania su tutti, è il presidente dell’associazione confindustriale dell’Ict e dell’elettronica di consumo, Stefano Pileri: “Ci sono a disposizione risorse economiche importanti, come quelle del Piano nazionale per la ricerca o i fondi Pon, ma si impiega troppo tempo per la progettazione. Noi ci mettiamo a disposizione del sistema per fare prima, che significa innanzitutto progettare il prossimo triennio insieme al governo, alle istutizioni e ad altri player – spiega Pileri -. Dobbiamo anche snellirle le procedure ed evitare che a governarle siano le banche, che non sono in grado e hanno ben altri priorità. Così come è necessario avvicinare industria e ricerca, rivedendo i criteri con cui si valutano professori e ricercatori: le pubblicazioni non bastano, bisogna attribuire un valore ai brevetti e alle iniziative di cooperazione industriale”.

Da sinistra a destra: Stefano Pileri (Anitec), Valeria Fedeli (Miur) e Marco Mancini (Miur)

Alle proposte di Anitec risponde Valeria Fedeli, titolare del Miur, attribuendo un giudizio positivo alle parole di Pileri: “Dobbiamo senza dubbio accelerare i tempi e intervenire sui criteri, considerano i brevetti. Questi due elementi sono una componente importante dei risultati finali. Così come lo snellimento delle procedure, che non è semplicissimo ma serve – dichiara Fedeli -. La cooperazione nell’ambito della ricerca e dello sviluppo è fondamentale e ora abbiamo anche l’Agenda Onu 2030, che ha avuto il pregio di individuare le priorità degli investimenti, a fungere da faro. Avere Anitec che dice che vuole fare investimenti e ci chiede di essere al suo fianco è un fatto importante”.

Numeri alla mano risulta chiaro che sul fronte R&S l’Italia possa e debba fare di più. I dati presentati da Pileri durante il workshop segnalano un gap importante con la media europea e con i primi Paesi del continente rispetto a diversi punti. A partire dalla quota di investimenti, che in Italia si attesta all’1,34% del Pil (0,74% dai privati in grandissima parte autofinanziati, 0,60% dal settore pubblico), piuttosto distante dalla media dell’UE (2,06%) e dal dato di Germania (2,9%) e Francia (2,24%). Nel nostro Paese si investono 22,29 miliardi l’anno, vale a dire lo 0,3% del fatturato delle imprese. Il settore dell’Ict fa meglio, con un rapporto investimenti-fatturato che si attesta al 2,3%. Spicca il termine di paragone con Apple, Google e Microsoft, che investono circa 28 miliardi di dollari l’anno, una cifra pari al 10% del loro fatturato e superiore a tutti gli investimenti dell’Italia.

L’Italia sconta un ritardo anche sul fronte brevetti, nonostante gli ultimi 3 anni in crescita guidati dalla meccanica. Le 4.166 registrazioni made in Italy del 2016 sono superate abbondantemente dalle 25mila della Germania e dalle 10mila della Francia, ma anche, seppur in misura minore, dalle 7mila di Svizzera e Olanda e dalle 5mila del Regno Unito. “Dobbiamo incoraggiare il mondo universitario e spostare il focus sui brevetti – sostiene il presidente di Anitec – Non è possibile avere la prevalenza assoluta delle pubblicazioni sulle riviste scientifiche e scontare un ritardo così importanti sui brevetti”. A preoccupare Pileri è soprattutto l’ultimo posto occupato dall’ambito digital nella classifica dei brevetti per settori. Spazio anche per il tema delle startup, rispetto al cui ecosistema il presidente esprime una valutazione positiva, dettata dalla crescita del numero di imprese innovative negli ultimi anni. Ma, avverte Pileri, il problema è la scarsità del capitale di rischio (1 miliardo scarso ogni anni in Italia contro i 7 miliardi annuali nel Regno Unito).

“Rispetto al sistema di valutazione dei professori dobbiamo capire le aree dove intervenire – sottolinea Marco Mancini, capo dipartimento università e ricerca Miur -. Un altro problema riguarda la realizzazione dell’albo dei valutatori che oggi è generico, volontario e poco vincolante. Noi vorremmo riformularlo inserendo competenze più specifiche”. Mancini ricorda l’attenzione avuta nella stesura del Piano nazionale per la ricerca, specificando di averlo pensato “non assemblando pezzi dal basso, ma pensando a tutto il sistema Paese”, e annuncia che un nuovo bando per la ricerca da 500 milioni di euro che vedrà la luce prima dell’estate.

Un impegno che si inserisce negli sforzi messi in campi dal Miur per sostenere la ricerca e lo sviluppo, evidenziati durante il workshop di Anitec da Oscar Pasquali, capo della segreteria tecnica del Miur: “Stiamo lavorando molto con il Mise sul piano industria 4.0, perché competenze e ricerca sono dei abilitanti del nuovo paradigma industriale. E lo stesso vale per l’alternanza scuola-lavoro, che serve ad avvicinare gli studenti alle tecnologie”. Le lauree professionalizzanti sull’industry 4.0, aggiunge Pasquali, “sono fondamentali per garantire competitività”.

Andrea Bianchi, direttore aree politiche industriali Confindustria, mette invece nel mirino la sottovalutazione del rapporto tra ricerca, riuscita e occupazione. “È necessario capire che investire in ricerca significa creare occupazione. Il piano industria 4.0 sta cambiando l’attenzione delle imprese, grazie a una visione d’insieme – commenta Bianchi -. C’è un’attenzione importante che va trasformato in innovazione concreta. Dobbiamo scaricare a terra i risultati della ricerca”.

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