“La Pubblica amministrazione deve riprendere in mano la palla della questione relativa allo scorporo della rete Telecom Italia, non lasciando solo in capo all’operatore e alla Cdp la decisione finale” Alex Curti, responsabile del gruppo di lavoro sulla connettività del Movimento 5 Stelle spiega al Corriere delle Comunicazioni quali le strategie del movimento sull’Agenda digitale.
Curti, il M5S è nativo digitale. Quali sono i punti chiave della vostra Agenda?
Credo che il termine Agenda digitale sia troppo tecnico. Motivo per cui il M5S parla di “Informazione e Digitalizzazione”. Il nostro approccio nell’elaborazione del programma è stato suddiviso in gruppi di lavoro e condiviso in Rete. Da questa condivisione proattiva è emersa la consapevolezza che l’informazione è uno dei fondamenti della democrazia. Il cittadino non informato o disinformato non può decidere, non può scegliere. Assume un ruolo di consumatore e di elettore passivo, escluso dalle scelte che lo riguardano.
Queste riflessioni come cambiano le politiche per l’innovazione?
Chiaramente, partendo dal presupposto che tutti hanno diritti di informarsi, il punto saliente dell’Agenda – se così vogliamo continuare a chiamarla – deve essere l’abbattimento del digital divide.
Anche l’Agenda digitale varata nella scorsa legislatura lo definisce obiettivo prioritario…
Sì, ma il problema è come raggiungere quell’obiettivo. Noi crediamo che siano tre i driver di sviluppo delle reti. Il primo è il ricorso a un approccio di “marketing territoriale” che indica la collaborazione della PA, proprietaria di infrastrutture passive, con gli operatori che hanno necessità di un’infrastruttura di rete potente (per erogare servizi Lte, ad esempio). Si tratta di mettere in campo a uno sforzo congiunto per realizzare una rete che raggiunge i cittadini per erogare servizi digitali amministrativi – lato PA – e servizi di connettività ed evoluti a pagamento – lato operatori.
Gli altri due driver?
Ovviamente un trasparente ed efficiente utilizzo delle risorse comunitarie e un’ottimizzazione degli investimenti già messi in campo. Questi driver sono necessari a realizzare un’infrastruttura di rete che sia di proprietà della PA locale per l’interconnessione dei siti pubblici sul e la sua interconnessione centralizzata a Internet. Questo permette anche la creazione di una rete WiFi, sovrapposta all’infrastruttura di rete, accessibile in modalità gratuita per l’erogazione ai cittadini dei servizi digitali amministrativi e a tempo e traffico per la connettività verso Internet.
In questa visione della rete come si inserisce la questione della statalizzazione della dorsale di Telecom di cui si parla nel programma pubblicato sul sito del movimento?
Quel programma risale al 2010. In termini tecnologici parliamo di “ere” fa. In tre anni è cambiato il mondo, non solo le tecnologie. Ora c’è in ballo un possibile scorporo delle rete Telecom. Noi pensiamo che la PA debba riprendere in mano la palla di questa importante partita perché, come ho già detto, la rete è l’infrastruttura abilitante non solo per i servizi ma anche per la cittadinanza. Si tratta di cose che noi già diciamo negli enti locali dove siamo presenti.
Ma a livello nazionale, l’Italia soffre per l’assenza di una governance in grado di mettere a sistema le best practice locali. Come si può rimediare a questa carenza?
La mancanza di una messa a sistema delle buona pratiche è più che altro frutto della mancanza di trasparenza che, spesso, caratterizza il pubblico. Credo che l’elaborazione di un progetto chiaro e trasparente negli obiettivi, nonché dell’uso delle risorse, sia l’approccio da seguire per permette un’efficace replica delle iniziative a livello nazionale.
A proposito di Trasparenza, è stato da poco varato il decreto. Le PA sono obbligate a pubblicare online alcune info: i patrimoni dei politici, i dati sui piani regolatori e sulle nomine dei direttori generali delle strutture sanitarie. Come giudica il provvedimento?
Certamente un passo avanti. Ma noi faremo di più: metteremo online tutto ciò che viene fatto in Parlamento.
L’Agenda digitale aspetta il varo dei decreti attuativi. Il Movimento 5 Stelle è disponibile a spingere per il loro varo?
Il Movimento costruirà l’ Agenda digitale in Parlamento in maniera trasparente e disinteressata, lontano da consociativismi. Al di là dei decreti, il punto chiave è un altro: la mancanza di piani industriali ad hoc per ogni punto dell’Agenda. Crediamo che, anche in questo caso, serva cambiare approccio.