L'INCHIESTA

Cloud, l’ecosistema IT alla svolta

In Italia le grandi aziende sono già scese in campo. Ma per la rivoluzione vera sarà necessaria la “migrazione” delle Pmi. E’ solo questione di tempo. Corso (Polimi): “Non è indubbio se lo faranno. Ci si chiede solo quando”

Pubblicato il 15 Ott 2012

Alessandro Longo

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Il cloud computing è un’onda che trasforma tutto. L’offerta dei servizi IT, certo. Ma anche il mercato e le aziende utilizzatrici. Il punto è che ha bisogno di essere rivoluzione per realizzarsi appieno: poiché richiede un cambio di paradigma nell’uso dell’IT, funziona bene solo se la domanda e l’offerta mutano di conseguenza.

Cominciano ad apparire i primi passi di un lungo cammino. Gli attori dell’ecosistema si apprestano a cambiare pelle, per adeguarsi al modello basato sulle nuvole. Le aziende medio-grandi l’hanno capito e ora tocca alle pmi. Il loro matrimonio con il cloud è dato per inevitabile dagli esperti interpellati dal Corriere delle Comunicazioni (Idc, Gartner, Forrester Research, School of Management-Politecnico di Milano). I vantaggi che derivano dalle nuvole, per le aziende piccole e medie, sono notevoli, soprattutto in prospettiva. Non solo il risparmio sui costi informatici, ma anche una riduzione della complessità gestionale (possibile anche senza avere un responsabile dell’IT in azienda) e una maggiore agilità sul mercato.

In forza di questi fattori, comincia quindi a definirsi il quadro di una svolta epocale per il tessuto industriale italiano: le pmi, che ne sono una colonna portante, muteranno profondamente perché grazie al traino del cloud affronteranno quella grande informatizzazione di massa che hanno sempre rimandato. “Non è in dubbio se lo faranno. Ci si chiede solo quando lo faranno”, sottolinea Mariano Corso, responsabile di questo settore per il Politecnico. Il modello del cloud abbatte le barriere tecniche ed economiche che hanno ostacolato molte piccole imprese italiane sulla via dell’IT. Restano le barriere culturali, ovvio. Ma se grazie al cloud le aziende diventano più competitive, costringeranno i concorrenti a fare lo stesso passo o a morire: quindi anche le resistenze culturali sono destinate a sparire. L’onda si propaga.

Ma tutto questo, beninteso, è il futuro. Il processo con cui il cloud permea le aziende di ogni grandezza è appena agli albori, in Italia; un po’ meglio va nel resto d’Europa e, in particolare, negli Usa, che sono avanti di uno-due anni. Appena il 22% delle pmi italiane (fino a 250 addetti) ha adottato il cloud in qualche misura, secondo il Politecnico, ma in realtà i casi di studio sono concentrati nella fascia più alta delle pmi (circa 200 dipendenti). Le piccole aziende che hanno fatto questo passo- in Italia come nel resto d’Europa- sono una netta minoranza, riferiscono Gartner e Idc. Perlopiù, inoltre, preferiscono gli strumenti gratuiti, usati anche dai consumatori (Google Apps e Dropbox). In generale, le pmi europee usano il cloud pubblico di tipo Saas (Software as a service), per servizi di comunicazione, collaboration e gestione documentale. Di rado, Iaas (Infrastructure as a service), a quanto riporta Forrester.

I casi di studio dimostrano che le pmi hanno tratto i vantaggi promessi. Ma non è una cosa scontata, riuscirci. Le aziende ottengono benefici solo se hanno una certa struttura interna e un’attitudine particolare. In sintesi: solo se sono riuscite a legare in modo armonico i reparti IT alle linee di business e solo se hanno reso quanto più possibile standard i propri processi.

I vantaggi del cloud, e di conseguenza la sua vera diffusione nel mercato, non dipendono però solo dalla volontà delle aziende. È necessario che anche l’offerta cambi, diventando quando più possibile completa, semplice, self service. “In particolare è in ritardo il canale IT, che in Europa è il punto di riferimento delle pmi per l’acquisto d’informatica”, spiega Tiny Haines, analista di Gartner. “I rivenditori del canale sono nervosi: resistono ad abbracciare il cloud, perché questo li costringe a lavorare e guadagnare in modo diverso rispetto a quello a cui sono abituati. Ma dovranno adeguarsi o saranno spazzati dal mercato”. Vediamo già però i primi segnali di cambiamento. “Ci sono aziende come Ingram Micro e Techdate, che in primavera hanno lanciato programmi di formazione al cloud per i propri canali di rivendita. Alcuni fornitori creano attorno a sé una piattaforma di servizi per offrire anche alle pmi soluzioni complete e accessibili”, aggiunge Corso. “Lo fanno Telecom Italia, Hp, Accenture, Ibm, Fujitsu. Ma anche attori nuovi come Altea, Cloudea”, continua.

È simile la filosofia di My Cloud Network, nata a luglio da Var Group: ha 25 partner che apportano 120 servizi cloud, dedicati alle pmi. I partner uniscono competenze e tecnologie, sui datacenter di Var Group. L’idea è che se le pmi trovano tutto quanto serve su una stessa piattaforma, e sono supportate nell’adozione, vengono facilitate nel passaggio al cloud. Terza novità in questa direzione, nascono i “cloud broker”, come li chiama il Politecnico, cioè “rivenditori specializzati in servizi cloud”, puntualizza Haines. “Come gli svedesi Ebuilder.com e Trustweaver.com e l’italiano Revevol.it”. Fanno scouting delle offerte disponibili, spesso legate a uno specifico vendor, le mettono assieme creando un pacchetto che propongono a un cliente. Poi lo aiutano a gestirle.

Come si vede, il cloud non è soltanto una nuova tecnologia. È un ecosistema che cambia, e deve farlo, per spingere l’IT verso una nuova fase. Quella in cui, si spera, penetrerà davvero nel tessuto produttivo italiano: incluse le pmi.

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