IL CASO

Google tax, Amcham: “Danneggia la competitività italiana”

La American Chamber of commerce in Italia: “Dietro una presunta ‘giustizia fiscale’ si vuole ostacolare uno dei principali driver di sviluppo per il futuro. Da un lato si chiede agli investitori di scommettere sul Paese, e dall’altro si innalzano nuove barriere. Probabile una procedura d’infrazione Ue”

Pubblicato il 13 Nov 2013

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La proposta di Web tax avanzata con un emendamento alla Legge di stabilità “nasconde una volontà punitiva nei confronti delle imprese coinvolte e rappresenta un freno all’espansione dell’economia digitale in Italia che, secondo un recente rapporto di Assintel, vale il 3,1% del Pil nazionale”. Ad affermarlo in un comunicato è la “American Chamber of commerce in Italy”, che prende così una posizione nettamente critica contro l’iniziativa sulla “vendita di servizi online” dei senatori Pd Francesco Russo, Valeria Fedeli e Rita Ghedini.

“Dal punto di vista etico – affermano dalla AmCham in Italia – il concetto generale che chi produce reddito in Italia debba pagare le tasse nel nostro Paese è corretto, ma tale argomento dovrebbe essere condiviso a livello di Unione Europea o di altro organismo sovranazionale, come dimostrano le discussioni sul tema in corso all’Ocse. E’ doveroso precisare che attualmente le imprese straniere che offrono servizi online in Italia non violano alcuna legge in materia fiscale. Al contrario, orientamento all’innovazione tecnologica (i bassi investimenti in ‘Ricerca & Sviluppo‘ rappresentano uno dei principali svantaggi competitivi del nostro Paese), cultura delle ‘start-up’, arricchimento del know-how manageriale e spinta verso l’internazionalizzazione sono i benefici in termini di valore che queste aziende apportano al nostro mercato e in generale al nostro Paese”.

“Le stime del gettito fiscale elaborate dall’onorevole Francesco Boccia, superiori al miliardo di euro, oltre a essere tuttora oggetto di verifica, non considerano gli effetti negativi indiretti sull’indotto e sulle prospettive di sviluppo del settore, soprattutto a livello occupazionale. Dietro una presunta ‘giustizia fiscale’, si vuole ostacolare uno dei principali driver di sviluppo per il futuro, creando altresì danni economici alle Pmi italiane che beneficiano di questi servizi”.

“Appare, inoltre, evidente la contraddizione tra le finalità di questo emendamento, dal vago sapore protezionista – continua la nota – rispetto agli scopi di apertura ed incremento dell’attrattività del Paese contenuti nel piano Destinazione Italia. Da un lato si chiede agli investitori internazionali di scommettere sull’Italia, dall’altro, invece, si innalzano nuove barriere per difendere presunti interessi nazionali”.

“In aggiunta – proseguono dalla AmCham – la formulazione di tale emendamento rappresenta una forte restrizione alla libertà di scelta dei consumatori italiani, siano essi individui o imprese. Come sottolineato da numerosi esperti del settore, tale norma, se approvata, potrebbe esporre l’Italia a una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea, per possibili violazioni dei trattati e delle normative Ue sui princìpi del mercato unico e della libera circolazione dei servizi”.

“Infine – conclude il comunicato – è lecito domandarsi se sia possibile conciliare la volontà di maggiore integrazione a livello europeo ed il desiderio di stipulare al più presto il Trattato di Libero Scambio tra Europa e USA (Ttip) con questa volontà di chiusura a qualsiasi forma di concorrenza, bollata come ‘sleale’”.

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