IL CASO

Web tax, Bonaccorsi: “Ora intervenga l’Europa”

La parlamentare Pd presenterà un ordine del giorno per sollecitare una riflessione in sede europea sulla norma che prevede vincoli fiscali per la pubblicità online

Pubblicato il 19 Dic 2013

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È in arrivo un ordine del giorno sulla web tax: lo presenterà entro stasera Lorenza Bonaccorsi, parlamentare del Pd e componente della commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera. La deputata è in queste ore al lavoro per predisporre il testo che dovrebbe costituire, secondo quanto da lei stessa dichiarato, una sollecitazione a governo e parlamento a richiedere una riflessione sulla questione in sede europea, come peraltro già auspicato nei giorni scorsi del neo segretario del Pd, Matteo Renzi. Per i dettagli del provvedimento bisognerà comunque aspettare il tardo pomeriggio. Per il momento non è ancora chiaro se altri parlamentari firmeranno il documento.

Approvata mercoledì sera in versione definitiva, la norma promossa da Francesco Boccia (Pd) stabilisce che chi vorrà acquistare servizi di pubblicità, link sponsorizzati online e spazi pubblicitari lo potrà fare solo da soggetti titolari di partita Iva italiana. La proposta, già oggetto di varie critiche nei mesi scorsi, è stata bocciata ieri dall’ufficio studi della Camera, che ha definito il comma 17-bis “non (…) compatibile con la normativa comunitaria in materia di libertà di circolazione di beni e servizi” e ha aggiunto che la disposizione non fornisce “specifici strumenti” per l’attività di informazione nei confronti dei consumatori. Intanto la norma ha ottenuto il via libera dalla Ragioneria generale dello Stato ed è destinata ad essere approvata così com’è nella sua ultima formulazione dal momento che ieri, dalla riunione dei capigruppo, è emersa la volontà di votare la fiducia alla legge di stabilità in cui è contenuta. Quindi, di default, votando la fiducia passerà anche la web tax.

Inizialmente la proposta prevedeva una serie di interventi normativi ai fini Iva e delle imposte dirette per tassare in Italia i proventi derivanti dal commercio elettronico diretto e indiretto. Dal testo finale è sparita qualsiasi traccia di imposizione fiscale per i soggetti che effettuano il servizio di commercio elettronico diretto o indiretto. Sono però stati aggiunti due commi in cui si specifica che “i soggetti passivi che intendano acquistare servizi di pubblicità e link sponsorizzati online anche attraverso centri media ed operatori terzi sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana” e che “gli spazi pubblicitari online e i link sponsorizzati che appaiono sulle pagine dei risultati dei motori di ricerca (…), visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito o la fruizione di un servizio online (…) devono essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti quali editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca o altro operatore pubblicitario, titolari di partita Iva italiana”.

La web tax si è attirata negli ultimi mesi varie critiche, tra cui quella di Renzi, che più volte aveva manifestato la sua contrarietà al provvedimento e che due giorni fa in un tweet aveva chiesto al governo Letta “di eliminare ogni riferimento alla web tax e porre il tema dopo una riflessione sistematica nel semestre europeo”.

Critiche sono arrivate anche dai 5 Stelle (“Era difficile peggiorare una norma come quella della web tax ma il testo uscito dalla commissione Bilancio della Camera è riuscito in questa improba impresa”), da Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale, Filippo Taddei, responsabile economico del Partito democratico e Riccardo Donadon, presidente di Italia Startup. Tra coloro che si erano espressi a favore invece l’editore Carlo De Benedetti e Andrea Pezzi, fondatore della media company Ovo.

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