LA SENTENZA

La Cassazione boccia Hp: “No a software di serie obbligatori”

Secondo i giudici i clienti possono chiedere il rimborso del prezzo pagato per la licenza d’uso di software che non si intende utilizzare. E definisce la scelta della preinstallazione “una politica commerciale per la diffusione forzosa di software”

Pubblicato il 11 Set 2014

140911190151

Chi acquista un Pc che ha già preinstallato un sistema operativo può rifiutarsi di utilizzarlo, non sottoscrivere la licenza d’uso, restituirlo e chiedere al venditore il rimborso del prezzo dei programmi che decide di “rispedire al mittente”. Lo ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione, che ha dato torto ad Hewlett-Packard che aveva intentato la causa.

“Chi acquista un computer sul quale sia stato preinstallato dal produttore un determinato software di funzionamento (sistema operativo) ha il diritto, qualora non intenda accettare le condizioni della licenza d’uso del software propostegli al primo avvio del computer, di trattenere quest’ultimo restituendo il solo software oggetto della licenza non accettata, a fronte del rimborso della parte di prezzo ad esso specificamente riferibile”, recita la sentenza, che ha disposto la conferma del rimborso da 140 euro a un consumatore fiorentino.
“Nell’accertata assenza di controindicazioni tecnologiche – stabilisce la Cassazione – l’impacchettamento alla fonte di hardware e sistema operativo Windows-Microsoft (così come avverrebbe per qualsiasi altro sistema operativo a pagamento) risponderebbe, infatti, nella sostanza, a una politica commerciale finalizzata alla diffusione forzosa di quest’ ultimo nella grande distribuzione dell’hardware (quantomeno in quella, largamente maggioritaria, facente capo ai marchi Oem più affermati)”.

Una situazione che provocherebbe “riflessi a cascata in ordine all’imposizione sul mercato di ulteriore software applicativo la cui diffusione presso i clienti finali troverebbe forte stimolo e condizionamento – recita la sentenza – se non vera e propria necessità, in più o meno intensi vincoli di compatibilità ed interoperabilità (che potremo questa volta definire ‘tecnologici a effetto commerciale’) con quel sistema operativo, almeno tendenzialmente monopolista”.

“Una evenienza – conclude la Cassazione nella sentenza 19161 della Terza sezione civile – a tal punto ‘concreta’ da essere già stata fatta oggetto sotto vari profili di interventi restrittivi e sanzionatori da parte degli organismi antritust Usa e della stessa Commissione Ue”.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati