Decreto Romani, la Ue verso la procedura d’infrazione

La Commissione Ue avvierà la procedura per “mancata notifica”. Calabrò (Agcom), in audizione alla Camera: “Aspetti da riconsiderare”. Per Sky il tetto alla pubblicità pay tv è “un limite alla crescita”

Pubblicato il 26 Gen 2010

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La Commissione Ue è pronta ad aprire una procedura
d'infrazione contro l'Italia per la mancata notifica,
attesa entro il 19 dicembre scorso, del decreto che recepisce la
direttiva Ue in materia di audiovisivi. Inoltre, la parte del
decreto Romani che riguarda il controllo sui contenuti che
viaggiano in rete, rischia di violare le norme Ue sul commercio
elettronico.
Il decreto vorrebbe affidare a Google e agli altri Isp il controllo
preventivo sui contenuti caricati, ad esempio, su piattaforme di
video sharing come You Tube. Ma per la direttiva Ue sul commercio
elettronico, i fornitori di servizi non sono tenuti a compiti di
monitoraggio, sebbene un'autorità nazionale possa loro
imporlo.

Mentre Bruxelles è a lavoro proseguono a Roma le audizioni alle
Camere sul decreto legge sui nuovi media e audiovisivi. E
dall'audizione l’Agcom si fa sentire: nel decreto Romani,
dice Corrado Calabrò ascoltato oggi dalla commissioni Lavori
pubblici del Senato, “ci sono aspetti che vanno riconsiderati
perché non perfettamente coerenti con la direttiva”. Dopo aver
riconosciuto che il governo ha comunque agito nel rispetto del
perimentro assegnatogli dalla norma, Calabrò ha anche aggiunto che
la delega riconosciuta all'esecutivo è “molto, molto ampia,
con molto pochi criteri direttivi e molto poco dettagliati”.
L'Agcom rivendica innanzitutto “il ruolo e la sua funzione
regolatrice” mentre il decreto “frammenta o addirittura sottrae
ad essa competenze”.

Per quanto riguarda il web Calabrò ha rimarcato che si tratta di
“un problema enorme” e ricordato che la Ue, dopo un dibattito
prolungatosi per mesi, ha poi trovato “una soluzione di
compromesso che stabilisce come interventi repressivi sono
possibili purché proporzionali e sempre ex post. Non è cioè
consentito un filtro preventivo”. Anche il tentativo del decreto
in questione di introdurre un'autorizzazione preventiva
“rischierebbe di trasformare quest'ultima in un filtro
burocratico”. Molto più opportuno dunque, secondo il garante
delle comunicazioni “restare sulla linea di intervento
europeo”.

Critica feroce da parte di Sky sui tetti alla pubblicità per la
pay tv. “Non si comprende la necessità di un intervento
legislativo sul classico processo di domanda e offerta che va
lasciato al mercato – ha detto Andrea Scrosati, vice presidente
Corporate e Market Communication di Sky -. L'effetto sugli
introiti c'è, è sottrattivo, mette un limite alla crescita e
non solo a Sky Italia ma a tutti gli altri operatori”. “Siamo
convinti che investire in Italia sia stato giusto e siamo
soddisfatti dei cittadini e dei consumatori italiani che hanno
scelto Sky – ha concluso Scrosati – News Corp ha intenzione di
rimanere in Italia per molto, molto tempo”.

Anche Iab Italia fa pressione perché il governo riveda il decreto.
Ascoltata alle Camere, il presidente dell'associazione, Layla
Pavone, chiede di "recuperare lo spirito originale del
legislatore europeo – che ha ritenuto necessario specificare e
limitare il perimetro di attuazione del provvedimento in più punti
dello stesso – e prevedere l’esclusione delle piattaforme
online che veicolano contenuti generati e messi a disposizione
dagli utenti". La Rete non è solo una piattaforma dove si
possono far convergere tutti i media, dice Iab Italia, ma è un
luogo di aggregazione. Serve che anche il governo italiano
"comprenda le potenzialità e continui a promuovere uno
sviluppo di Internet finalizzato alla crescita e alla
competitività del Sistema Paese".

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