Caso Google, Pizzetti: “La sentenza non convince”

Secondo il garante della Privacy le motivazioni alla base della condanna potrebbero non reggere l’appello. Ma “servono accordi globali per disciplinare privacy e Internet”

Pubblicato il 16 Apr 2010

La sentenza che ha condannato i responsabili di Google a sei mesi
di carcere per violazione della privacy, quella che per settimane
ha tenuto banco sui giornali e le televisioni nel mondo intero,
"con ogni probabilità non reggerà all’appello".
Ne è convinto Francesco Pizzetti, garante della Privacy, che in
un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore dichiara: “Dalle
motivazioni si evince che il giudice basa la sentenza
sull’articolo 13 del Codice, il quale però contiene obblighi
diversi da quelli che, secondo la sentenza, Google avrebbe
violato”.

In sostanza, secondo il Tribunale di Milano Google Italia avrebbe
dovuto avvertire con maggior chiarezza i propri utenti (in questo
caso la ragazzina che ha caricato il filmato) di prestare
attenzione al rispetto della privacy del protagonista (il ragazzo
disabile) del proprio video, chiedendone il consenso. Ma le norme
sulla privacy non obbligano a fare così: “Un tale obbligo non
rientra nell’articolo 13 del codice e non c’è nell’attuale
diritto”, spiega Pizzetti.

Secondo il garante è sbagliato affermare che questa sentenza
rappresenti una minaccia alla libertà di Intenet, perchè esonera
i fornitori di servizi tecnologici dall’obbligo di controllare i
contenuti pubblicati, ponendo a loro carico solo un obbligo di
corretta informazione.
E questo è un bene in quanto Google e gli altri grandi fornitori
"sono poco attenti al problema, mentre dovrebbero agire in
modo più incisivo per diminuire il più possibile il
problema", adottando loro stessi precauzioni maggiori contro
il rischio di violazione della privacy.
Come? “Per esempio per il servizio Street View, Google non ha
ancora soddisfatto le richieste di molti garanti della privacy
nazionali. Chiedono che Google avvisi quando passa l’auto che
fotografa le strade delle città, che poi finiscono sulle mappe.
Così i passanti possono evitare di essere ripresi se non lo
desiderano.”

Pizzetti auspica che la vicenda italiana apra lo spunto per un
dibattito internazionale per arrivare a nuove leggi a tutela della
privacy: “Servono accordi globali, perché globale è il fenomeno
e multinazionali i protagonisti. E dagli accordi arrivare a nuove
norme, con sanzioni onerose per chi non le rispetta”.

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