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Amsterdam la prima “sharing city” d’Europa

Una squadra speciale di 35 “ambasciatori” lavora per il consolidamento di una visione collaborativa: dall’amministrazione comunale alle imprese ai cittadini, fino alle start up e alle associazioni civiche

Pubblicato il 03 Mar 2015

Chiara Buongiovanni

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Lo scorso 2 febbraio Amsterdam è ufficialmente diventata la prima Sharing City d’Europa. Per l’occasione ha presentato la “squadra” che da tempo lavora al consolidamento di una visione collaborativa per la capitale dei Paesi Bassi: dall’amministrazione comunale alle rappresentanze di imprese e consumatori, dalle multinazionali presenti in città alle startup dell’economia collaborativa fino alle organizzazioni civiche. Il collante è un obiettivo comune: riuscire a cogliere, a beneficio dell’intera città, le opportunità offerte dalla sharing economy per aumentare sostenibilità, coesione sociale e sviluppo economico. E, in parallelo, formulare risposte condivise alle sfide e alle criticità emergenti. Il punto di partenza di Amsterdam Sharing City è stato riconoscere che la sharing economy è una chiave per costruire una città sostenibile, economicamente resiliente e ricca di capitale sociale. Da qui la scelta condivisa di farne propri i principi e incorporarli nel processo, già in atto, di rigenerazione dell’ecosistema urbano.

Elemento centrale del “modello olandese” è la governance. Il nuovo progetto di città mette insieme 35 “Sharing City Ambassador” – tra cui l’Amsterdam Economic Board, aziende del calibro di Accenture e Achmea, singoli esperti quali Neal Gorenflo e Aprile Rinne, organizzazioni e agenzie che lavorano su innovazione e sviluppo – e 21 “Sharing Economy Platform”. Dalle più conosciute Airnbnb, Uber e Blalablacar a Snappcar, ParkFlyRent e MyWheels (piattaforme per servizi di mobilità), da Peerby (per condivisione e scambio tra vicini di casa) a OnePlanetCrowd (per il crowdfunding), da Seats2Meet.com (per condividere spazi di lavoro) a ShareNL, la piattaforma sulla sharing economy che ha dato il via all’intero processo.

“Amsterdam Sharing City – spiegano i fondatori di shareNL in una recente intervista a OuiShare – è nata da una presentazione che abbiamo fatto davanti a policy maker e funzionari comunali. Abbiamo dimostrato le potenzialità dell’economia collaborativa e da lì è partita la collaborazione con l’Amsterdam Economic Board, organo di raccordo tra amministrazione, enti di ricerca e imprese”.

Per partire, insomma, è necessario convincersi che “attraverso gli occhiali dell’economia collaborativa, i problemi possono essere trasformati in soluzioni, in tutti i campi: mobilità, assistenza sanitaria, coesione sociale, sostenibilità”. Il primo passo è stato creare una visione comune a servizio della città: un ombrello sotto il quale far operare gli stakeholder. Sono stati organizzati incontri e tavole rotonde, mettendo al centro l’esperienza finale del cittadino. Ora si tratta di consolidare un modello di collaborazione capace di sostenere un network fluido di portatori di interessi, affinché possano lavorare insieme su iniziative concrete. In sintesi, sarà l’intera città a dare forma a Amsterdam Sharing City. Secondo il vicesindaco della città, Kajsa Ollongren, non è un caso che sia Amsterdam la prima Sharing City d’Europa: È stata la prima città al mondo a sviluppare nuove forme di regolamentazione a fronte dell’esplosione “Airbnb”, cogliendo la domanda dietro al successo mentre i cittadini, per l’84%, si dichiarano pronti a prender parte alle dinamiche dell’economia collaborativa (dati ShareNL). La forza di Amsterdam Sharing city sta probabilmente proprio nell’incontrare e potenziare la visione politica e le istanze dei cittadini.

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