LA CASE HISTORY

Milano studia lo “sharing” in vista dell’Expo

La capitale lombarda è la prima città in Italia a dotarsi di una policy in materia. Le linee guida di indirizzo sono state adottate a dicembre dalla giunta Comunale

Pubblicato il 03 Mar 2015

Chiara Buogiovanni

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Già in vetta alla classifica ICity Rate 2014 per le smart city, Milano è oggi la prima città italiana a dotarsi ufficialmente di una policy “sharing city”. Le “Linee di indirizzo per promuovere e governare lo sviluppo di iniziative di economia della condivisione e della collaborazione”, adottate in giunta a dicembre, non sono che un primo passo del percorso che Milano ha intrapreso alla ricerca di un’anima collaborativa nel paradigma smart.

Nate da un percorso aperto alla consultazione on line, le Linee di indirizzo sono un documento generale che permette di cogliere alcuni punti su cui il Comune sta già muovendo i primi passi, con un’accelerazione virtuosa legata all’imminente Expo 2015. Ad accendere i riflettori sulle potenzialità dell’economia collaborativa per la città di Milano è stato proprio SharExpo, il percorso partecipato per Milano Città Condivisa per Expo 2015, avviato ad aprile 2014 da Collaboriamo, Fondazione Eni Enrico Mattei, Moda Cult-Università Cattolica di Milano e Secolo Urbano con l’obiettivo di fornire uno stimolo alla progettazione e all’innovazione normativa a favore dei servizi collaborativi.

Dei 20 milioni di visitatori stimati per Expo, il 52% (10,4 milioni) è rappresentato da utenti potenzialmente interessati ai servizi della sharing economy e il 23% (4,6 milioni) da utenti con forte propensione al consumo di servizi sharing. Allo stesso tempo, due lombardi su tre risultano essere aperti ai servizi collaborativi. In quanto alla disponibilità a “prestare” qualcosa di proprio durante Expo2015, la propensione più alta si registra per la bicicletta (52% la presterebbe dietro compenso, il 32% gratuitamente) e per il wi-fi (48% a pagamento, 43% gratuitamente). Le percentuali più basse si registrano quando si parla della propria casa: il 6% la presterebbe dietro compenso, il 2% gratuitamente (dati Doxa per Sharexpo).

Valutando l’Expo come una grande occasione di prova e sviluppo per l’economia collaborativa a vantaggio dell’intero ecosistema urbano, Sharexpo, sotto la guida di un nutrito Comitato di indirizzo, ha redatto un documento di dettaglio “consegnato” alla città di Milano l’estate scorsa. In quell’occasione, gli assessori alla Mobilità, Pierfrancesco Maran e allo Sviluppo economico, Cristina Tajani avevano assicurato che il Comune avrebbe fatto sua la sfida Sharexpo. E, a quanto pare, la promessa inizia a farsi realtà.

Nel documento “Milano Sharing City”, adottato a corredo delle Linee guida, l’amministrazione ha riconosciuto che a Milano fioriscono e continueranno a fiorire esperienze di sharing economy, capaci di proporre nuovi modelli di servizi e di attività profit e non.

La categoria “sharing economy” è stata già prevista nel nuovo bando FabriQ, il programma del Comune per l’accelerazione di imprese a finalità sociale, mentre nel corso dell’incontro “Milano è IN”, del 21 febbraio è stato presentato l’avviso pubblico per dar vita alla rete locale di attori che intendono lavorare sul tema. Da qui in poi, l’amministrazione si impegna a mappare le iniziative esistenti e a rafforzare le reti, a sensibilizzare e a formare gli stakeholder, a mettere a disposizione infrastrutture fisiche (spazi) e virtuali, a reperire risorse finanziare anche attraverso la programmazione europea, a proporre regole chiare e semplici.

E, nella città delle violente proteste dei tassisti e degli oltraggi pubblici alla general manager di Uber Italia, non è cosa da poco.

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