FARE DIGITALE

Battiferri: “Spid trampolino di lancio per il Paese”

Il presidente Area Identità Digitale di Assinform: “Il progetto pilastro delle strategie di innovazione nella PA, ma anche i privati si devono mettere in gioco”

Pubblicato il 23 Giu 2015

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Sono passati tre lustri dai primi tentativi di dotare gli italiani di un’identità digitale. Allora si parlava di carta d’identità elettronica: una card finita però in tasca a pochi, da un lato a causa di alcuni “disallineamenti” dei vari attori della PA, dall’altro perché all’epoca non era certo ipotizzabile un modello in cui l’identità digitale potesse diventare lo standard per l’erogazione sicura di servizi pubblici e privati. Oggi quest’ultimo aspetto è quello più importante: l’identità digitale è un elemento abilitante della digitalizzazione diffusa. Ovvio dunque domandarsi se le azioni contemplate dalla Strategia per la Crescita Digitale del Governo stiano producendo novità su questo fronte.

E al riguardo va detto che i fermenti in atto promettono finalmente qualcosa di nuovo. Le regole tecniche per la costituzione dello Spid sono in dirittura finale, e non è irrealistico l’obiettivo del Governo di arrivare a 3 milioni di ID per settembre 2015 e a 10 milioni per il 2017, per poi salire al 60-70% della popolazione entro il 2020. Altro passo avanti riguarda il progetto Italia LogIn che punta a realizzare una piattaforma dove, con l’identità digitale, il cittadino possa accedere al proprio profilo civico online contenente tutte le informazioni e i servizi personalizzati che lo riguardano e comunicare con gli enti pubblici. La prima release dell’applicazione è attesa per settembre 2015. Evidenziamo però un punto essenziale: se è vero che senza identità digitale è in pratica molto difficile, se non impossibile, realizzare qualsiasi progetto di digitalizzazione diffusa che riguardi la PA, la Sanità, la Giustizia e così via, è altrettanto importante sottolineare che il decollo di Spid rende l’identità digitale un fattore di sicurezza e facilità d’uso che può potenzialmente riguardare la stragrande maggioranza dei servizi digitali erogabili anche dai privati. A ciò si aggiunga poi che per lo stesso Spid si è scelto di ricorrere a operatori privati come entità abilitate alla certificazione e gestione delle identità digitali.

A questi soggetti si chiede di partecipare finanziando l’investimento, lasciando loro immaginare quali siano gli elementi di convenienza di un progetto di questo tipo. È un modello non facile da gestire, ma è evidente che più rapidamente e capillarmente si diffonderà l’identità digitale, più sarà facile per coloro che contribuiranno al suo decollo trovarsi in pole position per offrire poi servizi a valore correlati, producendo nel contempo una “accelerazione” nella digitalizzazione del Paese nel suo complesso. Diamo loro fiducia, anche perché saranno principalmente questi attori a dover coinvolgere e convincere il più ampio pubblico ad adottare questa importante innovazione di sistema.

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