Spid, odissea di un cittadino

Poche informazioni, procedure troppo complesse. Un utente racconta a CorCom quanto è difficile dotarsi di identità digitale

Pubblicato il 09 Mag 2016

Dario De Marchi

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Dopo le complicanze, almeno per i semplici cittadini, per l’emissione di fatture digitali, che ha costretto molti a rivolgersi a professionisti e aziende, ora è la volta di un’altra novità per i cittadini spacciata per una grande ed efficace semplificazione e digitalizzazione del Paese.

Il Governo infatti ha​ da poco​ enfaticamente lanciato lo Spid, una soluzione digitale che dovrebbe consentire di accedere a tutti i servizi online della pubblica amministrazione e dei privati con un’unica Identità digitale. Reduce dall’infelicissima esperienza, quasi una ‘mission impossible’, della fattura digitale, ora con lo Spid amaramente lo Stato, la sua Pubblica Amministrazione, continua a non produrre procedure consumer oriented.

Ossia non si pone dalla parte del cittadino normale, quello che non ha personale specializzato che gli sbrighi quelle che, con le tecnologie digitali, dovrebbero essere operazioni di semplificazione, non di complicazione.

Così, sperando che l’aria fosse finalmente cambiata rispetto al passato, ho aderito allo Spid sottoscrivendo on line la richiesta attraverso Poste Italiane (uno dei pochi abilitati a farlo). Dopo aver compilato un articolato modulo on line per ottenere questa nuova “semplificazione” (all’incontrario), arriva per sms uno specifico codice numerico.

Ma la procedura impone di recarsi in un ufficio postale abilitato (sono pochissimi, anzi meno) per la convalida. Cosa che fatto. Subito dopo è arrivata la conferma con un sms, secondo cui dopo 24 ore si sarebbe potuto fare l’avvio dal pc. Finalmente? Magari! Due giorni dopo sono entrato dal mio pc nell’apposito sito di Poste per completare la registrazione.

Sembrava facile, ma le opzioni ammesse sono solo a condizione di avere uno di questi strumenti: 1) l’apposito lettore; o la 2) firma digitale; o 3) la carta elettronica dei servizi (quanti ne hanno una?), 4) o la carta d’identità elettronica (alzi la mano chi ce l’ha!); 4) o l’sms certificato (rialzi la mano chi ne ha mai sentito parlare!).

Desisto. Ma dopo due ore mi ha chiamato sul cellulare una operatrice del call center di Poste Italiane che ha visto che l’operazione non è andata in porto. Ma chiedendomi anche se ho un conto bancario presso le stesse Poste (ecco svelato l’inganno: era la scusa per un’operazione commerciale, ossia dare denaro, prestare cammello!).

E poi mi ha confermato che è necessario andare (meglio dire, ritornare) in un ufficio delle Poste per farsi rilasciare l’sms cerificato. Ma non lo potevano dire subito nelle istruzioni così alla prima volta che uno va in Posta fa tutte le operazioni necessarie?

​Non ultimo. Tornato in Posta per la seconda volta in uno dei rari uffici abilitati, là nessuno sapeva che cosa fosse l’sms cerificato.

È così che si realizza la digitalizzazione in Italia per rendere la sua Pubblica amministrazione al passo degli altri Paesi, ove però la semplificazione è una regola?

Complicanze, costi aggiuntivi e, soprattutto, perdite di tempo in nome della … semplificazione! Di fatto, a distanza di anni si continua a digitalizzare la burocrazia, esasperandola, anziché digitalizzare la semplificazione.

Con l’aggravante di adottare procedure complesse e non orientate ad agevolare la vita dei cittadini. Insomma, dire che anche lo Spid è un’altra beffa nei confronti del cittadini​ è un eufemismo, un pessimo esempio di​ come la ​”borbonizzazione digitale​”​ della PA sia in pieno sviluppo. Il Gattopardo vive accanto a noi, altro che digitale e banda larga.

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