Giacalone: “Alla PA serve una rete degli innovatori”

Parla il neo-presidente dell’Agenzia dell’Innovazione: “Aiuteremo le imprese a trasformare i prodotti in processi di modernizzazione utili a riformare l’amministrazione”

Pubblicato il 19 Lug 2010

Il rilancio del programma di innovazione della PA che il ministro
Brunetta ha messo in campo passa anche per l’Agenzia
dell’Innovazione, tornata a nuova vita con due nomine eccellenti,
quella di Davide Giacalone alla presidenza e di
Mario Dal Co alla direzione generale. Con il neo-presidente
parliamo del nuovo corso dell’e-gov battezzato da Brunetta, che
ha integrato E-gov 2012 e i2010 per dare nuovo sprint
all’innovazione.
Che ruolo per l’Agenzia dell’Innovazione?
L’Agenzia è segnalata nei documenti che integrano i piani nella
parte relativa all’esperienza dell’Italia degli Innovatori,
nata in occasione dell’Expo di Shanghai con l’obiettivo di
evidenziare le eccellenze frutto della ricerca e dell’impegno
made in Italy. In questa prospettiva sarà compito dell’Agenzia
rendere permanente quella preziosa esperienza.
In che modo?
Prima di tutto gettando le basi per la creazione di un nuovo
eco-sistema in grado di dare corpo ai progetti innovativi. Mi
spiego: l’Italia è fra i primi dieci Paesi, in quanto a
richieste di brevetti presso l’ufficio europeo. Peccato che, poi,
questi brevetti restino tali, perché non esiste un contesto che li
stimoli a diventare prodotti, ma soprattutto, “processi” in
grado di innovare le organizzazioni, anche pubbliche. Ecco,
l’Agenzia si propone l’ambizioso obiettivo di determinare le
condizioni perché l’innovazione diventi realtà
“strutturata”. Noi non abbiamo un Mit come negli Usa, ma non ci
mancano certo i “garage”. Le invenzioni, le innovazioni hanno
bisogno di essere messe in rete, creando, appunto, un’Italia
degli Innovatori in grado di competere anche sui mercati
internazionali. Lavoreremo alla creazione delle condizioni
affinché l’innovazioni trovi e diventi mercato
Erogherete fondi per i nuovi progetti?
No. L’Agenzia non è una intermediatrice di spesa pubblica. Il
mercato non deve venire da noi per cercare finanziamenti, ma a dire
“noi abbiamo un’idea, collaboriamo per farla diventare realtà
”. La PA sarà un grande banco di prova per questi progetti:
dalle aziende può venire un importante impulso per la
riorganizzazione dei processi interni orientati ad una maggiore
efficienza del back office nonché dell’erogazione dei
servizi.
L’Agenzia è nata con la Finanziaria 2006 ma finora non
è riuscita a svolgere il suo compito. Come mai, secondo
lei?

Ha sofferto di un “male” tutto italiano: la duplicazioni delle
funzioni e l’impantanamento burocratico. Male che le ha impedito
di conquistare il ruolo di primo piano, pur se cose buone sono
state fatte. L’Agenzia avrebbe dovuto fare da polo di attrazione
di iniziative innovative e, allo stesso tempo, valutarne il grado
di innovazione (come se davvero serva valutare il quantum di
innovazione!). In questo modo è rimasta in un guado che non le ha
permesso di esprimere tutte le sue potenzialità. Speriamo di
riuscire a farlo noi nei prossimi mesi.

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