IL CDA

Aldo Minucci è il nuovo presidente di Telecom Italia (per tre mesi)

“Il mio lavoro a sarà a garanzia di tutti”, ha commentato. Nella riunione di oggi rimandata la questione della governance al 27 febbraio. Per Tim Brasil si punta a creare un comitato ad hoc che dovrà vagliare eventuali offerte di acquisto

Pubblicato il 06 Feb 2014

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Aldo Minucci è il nuovo presidente di Telecom Italia. “Sarò presidente per tre mesi con un ruolo di garanzia per tutti”, ha detto Minucci commentando la nomina a presidente di Telecom durante il cda di oggi. ”Dopo l’assemblea (di aprile,ndr) è improbabile che resti io perché c’è la necessità di dare più spazio a personalità indipendenti”.

“E’ una scelta che non va enfatizzata: è solo la naturale prosecuzione del lavoro che stavo già facendo come vicario dopo le dimissioni di Franco Bernabè’‘ spiega a First Online. Il nuovo incarico non avrà ripercussioni sulla sua presidenza all’Ania che ”è e resta il mio principale incarico, almeno fino alla fine del 2014 quando scadrà il mio mandato triennale. Un incarico che richiede un grande impegno perché anche il mondo delle assicurazioni vive un momento di forte fibrillazione e di delusione per i miglioramenti delle regole del gioco che sembravano, soprattutto nel caso dell’Rc auto, a portata di mano e che stanno sfumando”.

Nato a Reggio Calabria, classe ’46, consigliere Telecom dal 2007, consigliere e presidente Telco (la holding che controlla il 22,4% della compagnia telefonica) fino a gennaio 2012, Minucci nell’aprile 2011 diventa vicepresidente di Telecom, ruolo che sin dai primissimi momenti delle dimissioni di Bernabe’ lo indicava come suo naturale successore; almeno in una fase di stallo e di transizione come sembra quella che sta vivendo la principale compagnia di telecomunicazioni italiana.

Laurea in giurisprudenza a Trieste, nel ’72 entra in Generali e qui costruisce tutta la sua carriera fino a diventare vicedirettore generale. E’ stato in vari cda: di AdR fino a giugno 2011, di Gemina dal 2006 a fine 2012, di Ina Assitalia dal 2007 fino ad aprile 2012, di Banca Generali dal ’95 ad aprile 2012, di Acegas dal 2001 a maggio 2013. E’ attualmente presidente di Ania (da dicembre 2011), della Fondazione Ania (dal 2012) e di Genertel (dal 2001).

Il primo a confermare la nomina è stato il consigliere Tarak Ben Ammar, uscendo dal cda. “Abbiamo parlato di tutto, sugli esiti aspettate comunicazioni ufficiali”, ha detto Ben Ammar, in merito alle tematiche relative alla governance e alla procedura rafforzata su parti correlate nel caso di possibili future offerte sul Brasile.

“Di modifiche allo statuto se ne parlerà a un prossimo Cda il 27 febbraio”, ha detto il consigliere indipendente Jean Paul Fitoussi, al termine della riunione.

Nella riuione di oggi, dunque, non si sono prese decisioni sulla corporate governance sul tavolo del cda di Telecom Italia di oggi. Ieri il gruppo, in una nota messa si richiesta Consob, ha affermato che il cda non procederà ad “alcuna proposta di modifica statutaria”, e ha ricordato che eventuali conflitti di interessi su questo tema “è a carico del singolo” consigliere, “e non della società e del plenum del consiglio”. In pratica, sulla governance, spiega una fonte all’Agi, “si procederà all’approvazione di linee guida, sulla base dell’analisi comparata commissionata dal cda del 16 gennaio, che verranno poi poste all’attenzione di una consiglio che dovrebbe riunirsi il 27 febbraio”.

Allo scopo di vagliare le diverse alternative da sottoporre al board dovrebbe essere costituito un comitato ad hoc composto da Antonino Cusimano e dagli amministratori indipendenti Lucia Calvosa e Mauro Sentinelli. L’ipotesi di compromesso che si potrebbe raggiungere nella modifica della governance sarebbe quella di non cambiare le regole in questa fase, ma di sfruttare le previsioni dello statuto per assegnare un maggior peso nel board ai rappresentanti dei fondi e promuovendo una spinta verso una composizione a preponderanza di indipendenti veri. Riducendo a 11 il numero dei consiglieri, di cui 8 alla maggioranza e 3 alle minoranze.

Sul tema si è dovuta pronunciare anche Telco, la scatola che controlla il 22,4% di Telecom, che, sempre su richiesta della Consob, ha affermato che nel cda della holding del quattro febbraio non è stata “assunta alcuna deliberazione in merito a ipotesi di modifica della corporate governance”, e, soprattutto, ha smentito di “aver mai preso in considerazione ne’ affrontato il tema relativo agli effetti sulla vigenza del patto parasociale” nel caso di “eventuali modifiche allo statuto di Telecom riguardanti le modalità di elezione del cda”.

“Se un accordo occulto tra i pattisti Telco dovesse esserci”, sostiene una fonte vicina al dossier, “allora difficilmente si potrebbe arrivare a modifiche statutarie”, e si andrebbe all’elezione del nuovo cda all’assemblea di aprile con le norme attuali. Come ipotizzato dal consigliere Tarak Ben Ammar all’uscita del cda del 16 gennaio, e come affermato ieri dal consigliere Gaetano Miccichè: “credo che sia abbastanza probabile che si arrivi alla prossima assemblea con l’attuale governance”; “E’ opportuno affidare all’assemblea, che è la casa degli azionisti, questa decisione”.

A tagliare la testa al toro, in un certo senso, ci hanno pensato nei giorni scorsi Marco Fossati e ieri Asati che hanno proposto una conferma del cda a 11 membri, come la composizione di adesso dopo le defezioni degli ultimi mesi, ma tutto indipendenti; e con la stessa ripartizione dei 4/5 dei posti riservati alla lista di maggioranza (8 membri, tra cui l’ad), con gli azionisti di minoranza che si spartirebbero i restanti 3 membri, tra cui far emergere la figura del presidente.

Per quanto riguarda le trattative con parti correlate, anche relativamente alla partita Tim Brasil, si dà per scontata la costituzione, come indicato dal cda del 16 gennaio, di un comitato ad hoc per valutare eventuali trattative per la cessione della controllata brasiliana. “Si tratta del minimo sindacale offerto alle minoranze”, spiega all’Agi una fonte qualificata, secondo la quale il comitato sarebbe composto da soli consiglieri indipendenti chiamati a valutare prioritariamente “la congruità dell’ipotetica valorizzazione” dell’asset brasiliano. In caso di valutazione negativa da parte del comitato, comunque, il cda potrebbe rinviare ogni decisione sul tema all’assemblea di aprile.

Di sicuro, prosegue la fonte, l’azione portata avanti in questi mesi da Asati (l’associazione dei piccoli azionisti), da Fossati (5,004%), nonché l’attenzione su Telecom di Consob, politica e magistratura, ha innalzato “il livello di guardia su Tim Brasil”, e con esso il suo prezzo, per cui “sotto i 10 miliardi di euro difficilmente la controllata potrà essere ceduta”.

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