Strand Consult: Tlc, politiche Ue “fallimentari”

Si allarga il gap con gli Stati Uniti nella banda larga e ultra-larga e nella digital economy: è il prezzo pagato a un quadro regolatorio che non favorisce gli investimenti e il consolidamento. Ecco le sfide di fronte ai decisori europei

Pubblicato il 20 Feb 2014

Patrizia Licata

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La politica dell’Ue sulle telecomunicazioni non funziona. Lo scrive Strand Consult in una nota di ricerca, in cui sottolinea come il divario tra Ue ed Usa nel volume degli investimenti, nell’accesso alle reti nuova generazione e nella digital economy si stia allargando sempre di più. Anche se la Commissione europea ha tentato di affrontare gli squilibri esistenti con le iniziative legate al Digital Single Market, secondo Strand Consult questo programma si basa su soluzioni d’impatto superficiale come il roaming e la app economy e non mettono mano ai temi cruciali che necessitano di grandi riforme, ovvero il fallimentare regime del “ladder of investment”, le barriere al consolidamento e gli escamotage fiscali.

Il tema viene ampiamente analizzato da Strand Consult nello studio intitolato “The European Union’s broadband challenge“. Solo dieci anni fa, l’Ue rappresentava un terzo degli investimenti di capitale nelle comunicazioni mondiali; oggi ne costituisce meno di un quinto. Gli Usa invece hanno mantenuto i loro livelli di investimento in infrastrutture di banda larga a circa un quarto del totale mondiale e i provider privati della banda larga americani investono il doppio di quelli europei.

Gli Usa hanno anche un quadro regolatorio light-touch che permette ai fornitori della banda larga di ottenere le economie di scala, consolidare, guadagnare profitti e investire, notano gli analisti. L’approccio dell’Ue di gestire la concorrenza tramite l’accesso aperto e il controllo dei prezzi non ha invece creato incentivi agli investimenti nelle reti di nuova generazione, mentre negli Usa è molto maggiore la disponibilità di Lte, Ftth, banda larga su cavo, con velocità in download di 100 Mbps.

Gli Usa hanno anche sfruttato i loro investimenti in banda larga per creare la più grande digital economy mondiale, che rappresenta circa il 5% del suo pil. Delle 25 maggiori Internet companies globali, 15 sono statunitensi, una sola dell’Ue. Gli Usa hanno sfruttato i loro investimenti in broadband anche per esportare beni e servizi digitali: con un valore di circa 356 miliardi di dollari l’anno si tratta della terza maggiore categoria per l’export a stelle e strisce. E due terzi di queste esportazioni si dirigono in Ue.

Dieci anni fa l’Ue era leader mondiale della telefonia mobile con lo standard Gsm e sei produttori di cellulari che rappresentavano metà della produzione globale. Oggi non esiste più un produttore di telefonini europeo e l’America ha superato l’Europa col 4G/Lte.

Senza uniformare la regolamentazione in materia di telecomunicazioni e permettere il consolidamento del mercato, l’Ue non potrà che continuare a perdere terreno, ma, conclude Strand Consult, con le prossime elezioni parlamentari, i leader dell’Ue hanno un’occasione per modificare l’approccio europeo rendendolo più simile a quello americano.

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