La fibra di Enel, una sfida per Telecom

La discesa in campo dell’azienda di Starace pone a Telecom scelte strategiche fondamentali: andare avanti per la propria strada o accettare di non essere più l’esclusivo proprietario della rete di accesso?

Pubblicato il 13 Nov 2015

Gildo Campesato

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Più anodino di così non poteva essere. Appena quattro righe a pagina 7 del lungo comunicato in cui si annunciano i risultati del gruppo Enel al 30 settembre. Inserito proprio all’ultimo capitoletto della voce “avvenimenti recenti”. È l’ufficializzazione, questa mattina, della decisione dell’Enel di realizzare una rete in fibra ottica di accesso nelle case degli italiani.

Una rete di fatto alternativa a quella in rame di Telecom Italia, se quest’ultima non vorrà entrare nella partita lanciata dalla società elettrica. La proposta di Enel (non ne sono stati resi noti i dettagli) è infatti aperta alla partecipazione di tutti gli operatori. Gli amministratori delegati di Vodafone, Aldo Bisio, e di Wind, Maximo Ibarra, hanno già risposto in termini entusiastici; silenzio su altri fronti: Telecom Italia e Fastweb in particolare. Partecipare o non partecipare? Il nodo cui si trovano davanti Recchi e Patuano (e i loro azionisti) è gordiano. Per molte ragioni.

Cerchiamo di capire lo scenario che si è aperto. Enel, prima società elettrica al mondo, butta i dubbi oltre l’ostacolo e decide che anche le comunicazioni telefoniche possono essere un business che va ad integrare la tradizionale offerta di elettricità.

Non è una riedizione moderna della vecchia esperienza negativa di Wind (poi ceduta al miliardario egiziano Naguib Sawiris), né una riproposizione delle powerline che alla fine del secolo scorso avevano destato tante speranze (poi ridimensionate) sulla possibilità di trasmettere sul cavo elettrico le frequenze di voce e dati.

Si tratta di una cosa del tutto nuova. Da tempo Enel ha varato un piano per sostituire 33 milioni di vecchi contatori con apparati più moderni. Visto che per cambiare gli apparati gli operai già arriveranno in casa (a volte persino negli appartamenti), stendere nel contempo la fibra tirando un cavo ottico nei corrugati che portano i fili elettrici ai contatori è quasi un gioco da ragazzi.

E, soprattutto, è operazione molto meno costosa e assai più rapida che scavare per sostituire con la fibra ottica i doppini di rame esistenti. Lo scavo vale da solo il 70% dei costi di realizzazione. Tant’è vero che all’Enel hanno calcolato un risparmio che può arrivare sino al 40% rispetto alla posa ottica tradizionale. In particolare, risparmi e accelerazioni delle realizzazioni appaiono evidenti quando si tratta di utilizzare le reti di trasmissione elettrica aerea.

Nuove tecnologie nate da poco (una, ad esempio, è costruita negli stabilimenti italiani di Prysmian) consentono quello che sinora appariva impossibile: stendere il cavo ottico insieme o addirittura attorcigliarlo a quello elettrico, senza provocare particolari interferenze di disturbo per il segnale dati ottici.

Altra carta su cui l’Enel conta parecchio sono capillarità e vicinanza all’utente: a fronte dei 150.000 armadi di strada Telecom, la società elettrica “schiera” 1 milione di cabine. Inoltre, si fa notare, data la struttura della rete elettrica, basterebbe allacciarsi direttamente al backbone di Telecom Italia per arrivare direttamente all’utente finale, bypassando molti passaggi intermedi. Insomma, per la prima volta in Italia è una rete alternativa che va a minacciare il quasi monopolio di ultimo miglio di Telecom Italia.

Enel non vuole entrare direttamente nel business dei servizi di comunicazione ai clienti finali (li lascia agli operatori) ed è disponibile ad andare eventualmente in minoranza nella società che poserà la fibra. Parteciperà di sicuro alle gare nei cluster C e D, quelli a fallimento di mercato o quasi. Un facilitare e un acceleratore dei piani del governo. Ma la società guidata dall’amministratore delegato Francesco Starace non si chiamerà fuori nemmeno nelle aree A e B, magari anche in collaborazione con le municipalizzate di quelle città dove non è presente con una propria rete di distribuzione. Insomma, Telecom Italia rischia di trovarsi un competitor di ultimo miglio non solo nei cluster C e D dove sinora ha vinto tutte le gare per mancanza di sfidanti, ma anche nelle zone di mercato più remunerative.

Se funzionasse in Italia, non è escluso che Enel possa essere tentata di riproporre il business anche nei numerosi altri Paesi in cui la società elettrica è presente.

Ma funzionerà? Ovviamente, i dubbi non mancano. Di vario tipo. Regolatorio: Autorità per l’energia e Agcom avranno da dire la loro per assicurare trasparenza di costi e dei servizi offerti dalla nuova società; tecnico: mai nessuno ha tentato un’operazione tecnologica di questo tipo in così larga scala; realizzativo: Enel (e soci della newco broadband) dovranno dotarsi di tutte le competenze necessarie per posare una rete di tlc; gestionale: la manutenzione di una rete di telecomunicazioni è cosa assai complessa; economico: i preventivi di costo andranno verificati con i consuntivi, tanto più che vi è il tema nell’investimento negli apparati di rete attivi visto non basta posare la fibra spenta per trasmettere il segnale; temporale: sarà veramente possibile accelerare la sostituzione dei contatori per rispettare i tempi del piano ultrabroadband del governo?; di modello di business: non basta posare la rete, bisogna anche (e questo vale soprattutto per i gestori telefonici coinvolti) conquistare i clienti.

Come reagirà Telecom Italia? Per ora ha scelto il silenzio: la cautela è d’obbligo e lo si capisce. L’azienda, già in una situazione di turbolenza per i contrasti al vertice e l’incertezza sul futuro del suo azionariato di controllo e sulle sue strategie, si trova di fronte a un enigma in più. Che fare con Enel? È chiaro sin d’ora, però, che non sono molte le risposte possibili. Fare finta di nulla e andare avanti per la propria strada sperando che la rete Enel resti una marginalità nel sistema delle tlc italiane? Oppure accettare, almeno nelle aree banche e grigie, quel “condominio” sinora sempre rifiutato?

L’integrazione rete e servizi è da sempre nel Dna di Telecom Italia. Per di più, ha in bilancio una valorizzazione della rete in rame che rischia di essere poco compatibile con un mondo tecnologico in rapida evoluzione. Una volta arrivata la fibra a casa di un cliente, il vecchio doppino vale zero. Se TI resta ferma al suo modello tradizionale, Enel può davvero diventare per Telecom una seria minaccia da molti punti di vista.

Oppure Telecom può decidere di fare il gran salto e, come del resto già avviene a Milano con Metroweb, accettare di non essere più in molte parti del Paese il proprietario della rete di accesso ma solo un fornitore di servizi. Anche questa è una minaccia: alla “vecchia” Telecom integrata rete/servizi. Ma può essere anche una opportunità nuova: quella di concentrarsi sui clienti piuttosto che sulla rete. Magari l’inizio di un’evoluzione verso una rete “terza” di cui molto si è discusso in passato parlando di “scorporo” e le cui premesse qualcuno potrebbe anche leggere nella recente riorganizzazione della divisione wholesale. Al cda (e agli azionisti) di Telecom l’ardua sentenza.

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