STRATEGIE

La guerra lampo di Ibm nel cloud. Entra nel vivo la sfida a Amazon

Annunciata una storica partnership con VMware e potenziata quella con Apple. Apertura ai tedeschi di Siemens per la Internet of Things. Conquistato il primato mondiale per il cloud ibrido

Pubblicato il 23 Feb 2016

Antonio Dini

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Un vero e proprio blitz nel cloud. Ibm gioca le sue carte migliori per la nuvola durante la sua conferenza InterConnect in corso in questi giorni a Las Vegas con l’obiettivo di muoversi sempre più rapidamente in un mercato sempre più frammentato e, per questo, come dicono gli americani, sempre più interessante.

Una partnership strategica con VMware il colosso della virtualizzazione, fa accordi con la tedesca Siemes (soprattutto la divisione Building Technologies) per conquistare un ritaglio significativo della Internet of Things grazie a Watson, mette nella nuvola il database di oltre 25 miliardi di link di Bitly, amplia l’alleanza con Apple e il suo linguaggio open source di programmazione Swift, (che porta nel cloud) e altri 50 annunci di prodotti e servizi minori.

Il colosso Ibm cerca di muoversi rapidamente e con leggerezza nel mondo del cloud e lo fa con la determinazione di arrivare a colpire al cuore Amazon, che con la sua divisione Web Services fino a oggi ha dominato il mercato del cloud soprattutto pubblico ma anche ibrido e privato. Invece adesso Ibm si attesta saldamente, secondo rilevazioni indipendenti di mercato, al primo posto nel cloud ibrido e privato, e ipoteca anche la crescita in quello pubblico con l’apertura di nuovi datacenter, l’alleanza di cui si è fatto cenno con VMware, e l’approccio basato su Swift di Apple per lo sviluppo end-to-end di app sia client side che server (o cloud) side.

Partiamo proprio da Apple: con l’azienda guidata da Tim Cook Ibm ha cominciato a ragionare da un paio d’anni. Ha raccolto un primo risultato stringendo una alleanza strategica per lo sviluppo di app su iOS, in maniera tale che le aziende sue clienti possano creare più facilmente e distribuire dal cloud app per i propri dipendenti. A questo si è poi unito un secondo accordo per quanto riguarda l’acquisto di decine di migliaia (se non centinaia di migliaia) di MacBook, i portatili di Apple, come computer aziendali per Ibm, che abbandona decisamente i ThinkPad venduti anni addietro alla cinese Lenovo. E infine una alleanza strategica su Swift, il linguaggio di programmazione creato con grandi ambizioni da Apple due anni fa e messo in open source su GitHub pochi mesi fa. Proprio con GitHub, tra l’altro. Ibm ha stretto un accordo per fornire il GitHub for Enterprise, una modalità differente con la quale gli sviluppatori aziendali possono utilizzare il “contenitore” del codice condiviso.

Con Apple, e con il suo linguaggio Swift in particolare, Ibm ritiene di aver trovato lo strumento adatto a dominare un altro strateo del mondo dell’informatica: dopo aver ipotecato quello dei sistemi operativi grazie a una alleanza profonda e variegata con Linux, adesso Ibm mette da parte gli altri ambienti di sviluppo non suoi, a partire da Java di proprietà di Oracle, per spingere su un ambiente e linguaggio open che promette di funzionare su qualsiasi dispositivo. Con Swift infatti Apple vuol far fare codice per le app dei telefonini o dei computer, mentre Ibm lo porta nel cloud e permette di fare molto di più anche sui server. Apple fornisce inoltre quella “visibilità” e quel tocco di marketing di lusso che fece già la fortuna di Intel quando l’azienda guidata da Steve Jobs nel 2007 decise di lasciare i processori realizzati da Motorola e da Ibm per sposare quelli di Intel. Una visibilità e quel tocco in più che ridette fiato alla casa di Santa Clara per sconfiggere quasi definitivamente la rivale Amd.

L’altro grande accordo è quello con la tedesca Siemes, che porta nella divisione specializzata in strutture e ingegneria edilizia la competenza e i dati cloud di Ibm. Quello è il settore di entrata delle smart city e della Internet of Things, un business che vale decine se non centinaia di miliardi all’anno, e sul quale Ibm ha deciso di diventare una “piattaforma pragmatica”, cioè basata sull’adozione da parte dei grandi anziché su alleanze basate su standard.

Infine, la mossa con il colpo di teatro: sale sul palco dell’MGM Grand (l’arena dove Mike Tyson teneva i suoi incontri ed Elton John i suoi concerti) il presidente e COO di VMware, Carl Eschenbach, sale sul palco per stringere la mano con il boss del cloud di Ibm, Robert LeBlanc, e annunciare l’accordo per spingere sull’adozione del cloud ibrido da parte delle aziende. VMware fa il 90% del mercato delle macchine virtuali, strumenti solitamente utilizzati nel cloud privato (dove Ibm ha già fortemente piede con le sue soluzioni hardware) e adesso l’accordo permette a VMware di realizzare tutto lo stack di soluzioni software in maniera nativa e completa sui server Ibm. È una nuova fase del mercato del cloud che vede la collaborazione tattica tra i due grandi giganti dei rispetti settori soprattutto per schiacciare e tenere controllato sia l’ambiente del cloud pubblico (dove domina Amazon) che quello delle tecnologie di container, sposate da Google e più di recente all’occhio di Microsoft.

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