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“Spezzatino” Wind-3, testa a testa tra Fastweb e Tiscali

Secondo quanto ricostruito da CorCom si profila una corsa a due per gli asset delle telco. Iliad ancora ai nastri di partenza, nessun interesse da Sky e Transatel. Sullo sfondo la liberazione della banda 700Mhz

Pubblicato il 23 Mag 2016

Andrea Frollà

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Non solo Fastweb al tavolo Wind3 per l’acquisto di siti radio mobile e frequenze. A pochi mesi di distanza dal verdetto dell’Unione Europea sul merger delle due telco, atteso subito dopo la metà di agosto, la partita per lo “spezzatino” di infrastrutture si allarga a Tiscali e, forse, Iliad. Secondo quanto ricostruito da CorCom, Fastweb non è infatti l’unico operatore ad aver avviato colloqui con Hutchison e Vimpelcom, rispettivamente controllanti di 3 Italia e Wind: fra tutti i player citati da indiscrezioni di stampa circolate nei giorni scorsi, Tiscali e Iliad sono gli unici ad aver avuto contatti con i due Gruppi su un’eventuale acquisizione di asset. Della partita non fanno parte né Sky, che si sarebbe fermata ad una fase esplorativa, né la francese Transatel, con il ceo Jacques Bonifay che in un’intervista esclusiva rilasciata a CorCom ha smentito qualsiasi interesse.

Operatori, quale numero magico? – Il verdetto della Commissione Ue al merger italiano è in arrivo, ma è tutt’altro che scontato. Tra le tante variabili in gioco, tutte strettamente connesse al tema della concorrenza, c’è il tema del mantenimento dei 4 operatori strutturati: Wind e 3 dovrebbero cedere parte della propria infrastruttura a un quarto operatore per evitare concentrazioni eccessive nel settore. Un’ipotesi che ha preso piede nei giorni scorsi e che sta spingendo le due telco a valutare la chiusura di un accordo preliminare per la cessione di alcuni asset (siti radio e frequenze). Hutchison e Vimpelcom vogliono capire se una mossa del genere potrebbe agevolare il disco verde dell’Ue. Anzi, il fatto che la questione delle torri e delle frequenze “in eccedenza” si sia scaldata così tanto nelle ultime settimane potrebbe anche essere la spia di un preciso orientamento della Commissione Ue a porre paletti “infrastrutturali” prima di dare il via libera alla fusione.

Wind-3, insieme troppe frequenze – Particolarmente interessante è lo scenario relativo alle frequenze. Attualmente 3 è l’unica a non disporre di frequenze sulla banda più pregiata tra quelle assegnate nell’ultima asta chiusa a settembre 2011, ossia quella delle 800Mhz. In quell’occasione la società controllata da Hutchison si aggiudicò infatti 1 blocco sulle 1800Mhz, 2 blocchi sulle 2600 e tutto lo spettro sulle 2600 TDD, sborsando complessivamente 305 milioni di euro.

Wind riuscì invece a ottenere, come Telecom e Vodafone, 2 blocchi da 5Mhz sulle 800Mhz. Sulle altre bande, rispetto ai due big rivali, rimase a bocca asciutta sulle 1800Mhz (1 blocco a testa assegnato a TI e Vodafone) e ottenne un blocco in più (4 contro 3) sulle 2600Mhz. A questa ripartizione dello spettro 4G, bisogna poi aggiungere le frequenze già in portafoglio fra le varie telco, ossia quelle 900Mhz e 2100Mhz utilizzate per le reti mobile 2G e 3G.

Le due ipotesi sul tavolo Ue – Per quel che riguarda strettamente la banda deputata a ospitare le comunicazioni mobili in 4G, ossia quella che fa più gola, secondo l’orientamento della Commissione Europea una fusione tra Wind e 3 potrebbe creare una situazione di squilibrio infrastrutturale.

Se, difficile ma non impossibile, Bruxelles optasse per la restrizione del mercato a 3 operatori, potrebbe contestualmente decidere per una redistribuzione delle frequenze in eccedenza dalla fusione fra Wind e 3, soprattutto sulla banda alta: sulle 800Mhz e le 1800Mhz Vodafone, TI e il duo Wind-3 sarebbero in perfetta parità, ma le numerose variabili in gioco non ammettono calcoli così matematici. Ma anche se, come sembra probabile, Bruxelles puntasse sul mantenimento dello schema a 4, le frequenze nel portafoglio del nuovo duo mobile sarebbero comunque troppe. L’Ue potrebbe così obbligare Wind e 3 a portarle sul mercato, assieme ai siti radio mobile, per la vendita ad un quarto operatore. In quest’ultimo caso, Telecom e Vodafone verrebbero probabilmente escluse dalla corsa, in tutto o in parte, per motivi di antitrust.

Gioco d’anticipo per ottenere il via libera? – Ma, come accennato prima, non è da escludere che le due controllanti di Wind e 3 Italia decidano di chiudere subito un accordo preliminare per la vendita di questi asset con un 4° operatore, diverso da TI e Vodafone. Una mossa che potrebbe costituire una carta in più da giocarsi con la Commissione Europea per ottenere l’ok alla fusione, ma che ovviamente avrebbe come effetto collaterale una spinta verso lo schema a 4 operatori strutturati. Chiedersi quale sia, per Wind e 3, la convenienza a fondersi in un unico soggetto per ritrovarsi con lo stesso numero di concorrenti ante fusione è un esercizio che rischia di rendere il terreno di analisi fin troppo scivoloso. Ci si può limitare a sottolineare che il nuovo duo partirebbe sicuramente più avanti rispetto al quarto entrante e avrebbe più forza commerciale e infrastrutturale per competere con Telecom e Vodafone. Ma avrebbe sempre 3 competitor e non due. Questioni di natura strategica e industriale che due grossi Gruppi come Vimpelcom e Hutchison stanno sicuramente vagliando con attenzione.

Fastweb-Tiscali: è corsa a due – Ma chi potrebbe essere questo famoso 4° player a cui cedere siti e frequenze eventualmente eccedenti? I soggetti interessati non mancano e, secondo quanto ricostruito da CorCom, attualmente si profila una gara a 2, che potrebbe anche diventare a 3.

Le indiscrezioni di stampa circolate la scorsa settimana hanno chiamato in causa 5 soggetti, che avrebbero avuto dialoghi con le controllanti di Wind e 3 Italia: Fastweb, Tiscali, Sky, Iliad e Transatel. In realtà, il campo è più ristretto: fonti di mercato interpellate da CorCom fanno sapere che fra queste 5 compagnie, solo Fastweb e Tiscali hanno avviato veri e propri colloqui con Hutchison e Vimpelcom.

Sky Plc, la nuova Sky pan-europea, ha sì dato un’occhiata al dossier sugli asset, ma senza un interesse concreto alle spalle. In effetti, l’acquisto di siti e frequenze per il mobile da parte di una società 100% tv-focused come Sky suonerebbe come un salto nel vuoto poco british e dal timing discutibile: meglio restare concentrati e tenere il salvadanaio pieno per i diritti televisivi.

Chi invece non ha avuto alcun contatto con Vimpelcom e Hutchison è Transatel, enabler e operatore virtuale francese. Intervistato in esclusiva da CorCom, il ceo Jacques Bonifay ha smentito categoricamente un coinvolgimento della società transalpina nella partita sugli asset Wind-3: “Non so perché la stampa italiana parli di noi. Scopro da voi che saremmo interessati a torri e frequenze mobile…Ma in realtà noi non ne abbiamo nemmeno bisogno, non ci servono per sviluppare i nostri piani”.

Infine Iliad e il suo patron Xavier Niel, che potrebbe puntare su torri e frequenze delle due telco per entrare con decisione sul mercato telefonico italiano, più di quanto già fatto tramite Telecom Italia, rispetto alla quale Niel vanta una posizione lunga complessiva pari al 15,143% del capitale con diritto di voto. Avrebbe dalla sua l’esperienza maturata con Free, terzo operatore mobile francese che opera sotto il cappello del Gruppo Iliad, ma partirebbe con un handicap di presenza e notorietà sul mercato italiano tutt’altro che trascurabile. Niel è dunque un terzo cavallo ancora fermo ai nastri di partenza, in una partita che per ora suona come un testa a testa tra Fastweb e Tiscali.

La prima sta aumentando la pressione giorno dopo giorno e non sembra intenzionata a fermarsi: operando già come operatore virtuale, avere siti e frequenze significherebbe fare un salto di qualità notevole e poter spingere con decisione sulla convergenza fisso-mobile. La società fresca di fusione con Aria potrebbe invece aver trovato nelle infrastrutture mobile un nuovo focus strategico, che si sposerebbe con la nuova vision di lungo periodo inaugurata dall’amministratore delegato Riccardo Ruggiero.

Frequenze ora, frequenze 700Mhz dopo – Sullo sfondo di questa situazione, la liberazione delle frequenze 700Mhz, che le emittenti televisive dovranno lasciare alla telefonia mobile entro il 2020 (oppure entro il 2022 ma a certe condizioni), secondo le previsioni della Commissione Europea. Prendere ora da Wind e 3 i siti e le frequenze 1800Mhz o 2600Mhz, per poi puntare al bottino pieno nella prossima asta delle 700Mhz e costruire così in 6-7 anni un’infrastruttura di rete mobile “completa”. Un’ipotesi da fantatelco? L’ultima parola dell’Unione Europea sul merger è prevista subito dopo la metà di agosto. Ma nella partita a poker sugli asset Wind-3 qualcuno dovrà presto scoprire le carte.

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