I data center spaziali non sono più un’ipotesi da science fiction. Sono oggi una realtà industriale in accelerazione, alimentata da esigenze crescenti di potenza computazionale, sostenibilità e calcolo distribuito. Startup, governi e big tech come Eric Schmidt ed Elon Musk stanno puntando concretamente su un’infrastruttura orbitale che promette di superare i limiti energetici e ambientali dei data center terrestri.
In un contesto in cui la domanda globale di energia da parte del settore data center potrebbe aumentare di 67 GW entro il 2030, pari a circa il 9% della produzione elettrica degli Stati Uniti, l’opzione extra-atmosferica inizia a essere considerata non solo praticabile, ma necessaria.
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Eric Schmidt e la visione industriale dello spazio
A guidare questa trasformazione ci sono nomi di peso. Eric Schmidt, ex ceo di Google, ha acquisito la startup di lanci spaziali Relativity Space e ne è ora ceo. La società, che si distingue per l’uso della stampa 3D per costruire razzi, mira a rendere lanci frequenti e modulabili per carichi tecnologici come i server orbitanti. In audizione al Congresso statunitense, Schmidt ha sottolineato come la crescita dell’AI imponga infrastrutture “industriali in scala mai vista prima”, suggerendo che lo spazio può offrire le risorse necessarie senza dover affrontare i vincoli terrestri.
Data center spaziali e satelliti AI-ready: i progetti sul campo
Tra i progetti più avanzati spicca quello della startup Lonestar Data Holdings, con sede in Florida. A marzo 2025, Lonestar ha inviato in orbita il primo micro data center fisico a bordo del lander Athena, portato nello spazio da un razzo SpaceX. Il sistema, alimentato da pannelli solari e basato su memorie a stato solido, rappresenta il primo passo verso una rete di server extra-terrestri capaci di offrire backup, elaborazione sicura e capacità edge in ambienti remoti.
Un altro attore è Starcloud, precedentemente nota come Lumen Orbit. La startup lancerà il suo primo satellite dimostrativo ad agosto, equipaggiato con Gpu Nvidia H100 per testare carichi di lavoro legati ad AI, inferenza e edge computing. Questi payload sono progettati per operare autonomamente in orbita, gestendo task di calcolo avanzati con risorse computazionali altamente specializzate.
L’Europa prepara Ascend, la Cina corre con Xingsuan
Sul fronte europeo, l’ambizioso consorzio Ascend, composto da 11 aziende tra cui Airbus, ArianeGroup e Thales Alenia Space, mira a installare un vero e proprio data center spaziale operativo entro il 2030. Il progetto è parte delle strategie continentali per l’autonomia tecnologica e la sostenibilità, in sinergia con il Green Deal e l’espansione dell’AI industriale.
Ma è la Cina a giocare il ruolo di acceleratore globale. A maggio 2025, il paese ha lanciato i primi 12 satelliti della costellazione Xingsuan, costruita da Guoxing Aerospace e Zhejiang Lab con supporto regionale. Il progetto punta a una rete di 2800 satelliti entro il 2035, con una capacità di elaborazione orbitale dichiarata pari a 1.000 peta operations per second (Pops). Si tratta di una delle più grandi architetture di calcolo distribuito mai concepite fuori dalla Terra.
Parallelamente, è in fase di proposta un data center spaziale nazionale, promosso dalla statale Castc, ancora in fase embrionale ma destinato a rafforzare ulteriormente l’infrastruttura strategica del paese.
Vantaggi ambientali e operativi: perché lo spazio convince
L’interesse crescente per i data center spaziali deriva anche da ragioni ambientali ed economiche. In orbita, l’energia solare è disponibile 24/7, senza costi aggiuntivi e senza intermittenze. Il raffreddamento avviene in modo passivo attraverso il vuoto termico, eliminando le complesse e costose soluzioni di climatizzazione attualmente in uso nei data center hyperscale.
Inoltre, lo spazio offre una risorsa rara sulla Terra: l’assenza di vincoli normativi e urbanistici. Nessuna opposizione da parte delle comunità locali, nessuna esigenza di lottizzazione o approvazione edilizia. L’infrastruttura orbitale può quindi crescere rapidamente, supportata da lanci sempre più frequenti e meno costosi grazie all’ingresso sul mercato di operatori come SpaceX, Blue Origin e Relativity.
Le sfide tecnologiche: radiazioni, sincronizzazione e latenza
Nonostante i benefici, i data center spaziali devono affrontare ostacoli tecnici non trascurabili. Secondo la professoressa Su Hui, direttrice dell’Institute of Space Science & Technology dell’Università di Hong Kong, le sfide chiave sono la coerenza computazionale tra nodi che viaggiano a 7-8 km al secondo, l’ambiente altamente radioattivo e la dissipazione termica inefficiente nello spazio profondo.
Non si tratta solo di potenza grezza, ma di costruire un’architettura distribuita affidabile, capace di operare in ambienti remoti e dinamici. La professoressa definisce il sistema Xingsuan “tecnicamente realizzabile e strategicamente significativo”, un passo avanti rispetto ai satelliti tradizionali, trasformandoli da semplici relè passivi a nodi attivi di calcolo e decisione autonoma.
Impatti per Telco, AI e cloud: la sfida dell’integrazione
Per il settore Telco e per i fornitori di cloud, l’integrazione dei data center spaziali rappresenta un nuovo paradigma operativo. La banda ultralarga terrestre, con la diffusione della fibra ottica e del 5G, sarà fondamentale per interconnettere le stazioni di terra ai nodi orbitali, creando una rete computazionale planetaria.
L’elaborazione edge in orbita potrà ridurre la congestione delle dorsali terrestri, ottimizzare le latenze per applicazioni industriali e di difesa, e offrire backup distribuiti di dati strategici. I grandi hyperscaler guardano a questo modello come a una naturale estensione della propria infrastruttura, dove la sostenibilità e la scalabilità si coniugano con la resilienza geopolitica.
Governance, sicurezza e futuro normativo
Il crescente interesse per i data center spaziali solleva interrogativi cruciali sulla governance. Chi regolerà la gestione delle risorse orbitali? Come si garantirà la sicurezza dei dati processati in orbita? Quali standard internazionali definiranno interoperabilità e diritti d’accesso?
Oggi manca un quadro giuridico condiviso. Le attuali norme sullo spazio sono pensate per le telecomunicazioni e l’osservazione della Terra, ma non per reti distribuite di calcolo autonome. È urgente costruire un framework multilaterale che consenta cooperazione, trasparenza e sovranità digitale in orbita, evitando una frammentazione competitiva dannosa.