L’industria automobilistica è entrata in una fase di trasformazione che la porta sempre più vicina al settore delle telecomunicazioni. La crescita delle auto connesse e la diffusione del 5G non rappresentano soltanto innovazioni tecnologiche, ma l’inizio di un ecosistema integrato che necessita di regole comuni, linguaggi condivisi e infrastrutture adeguate.
Nel podcast CC-Podcast.Telco di Carrier Community, Uzain Jabbar, Specialist Software Engineer in T-Systems, ha spiegato come l’apertura del software e la collaborazione tra costruttori e telco siano diventati passaggi indispensabili per garantire la sostenibilità di questa rivoluzione. «Le aziende stanno cercando di spostarsi da software chiusi a un’architettura più aperta», osserva Jabbar, sottolineando come l’approccio open source stia diventando una necessità per accelerare i processi di innovazione.
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Dal software proprietario alle piattaforme aperte
Tradizionalmente, i costruttori di automobili hanno operato in ambienti fortemente proprietari. Ogni OEM sviluppava i propri sistemi, con protocolli dedicati e componenti spesso incompatibili con quelli di altri produttori. Questa strategia ha garantito autonomia e protezione degli investimenti, ma ha creato un ecosistema frammentato, dove la comunicazione tra sistemi diversi risultava complessa o impossibile.
Jabbar spiega che il settore sta ora cercando di superare questi limiti attraverso l’adozione di soluzioni collaborative: «Vediamo sempre più aziende coinvolte in gruppi come l’Eclipse Foundation, dove OEM e fornitori collaborano allo sviluppo di pacchetti software open source». L’obiettivo è duplice: ridurre i costi di sviluppo e creare un terreno comune che faciliti l’integrazione tra piattaforme diverse.
Un’architettura aperta non significa rinunciare alla competizione, ma piuttosto concentrarsi su elementi di base condivisi per permettere a ciascun attore di costruire i propri servizi distintivi sopra una piattaforma standardizzata. In questo senso, la standardizzazione automotive appare come un prerequisito per l’evoluzione dei veicoli connessi.
Il nodo dell’interoperabilità e il V2X
La necessità di una base comune si riflette in modo evidente nel concetto di Vehicle-to-Everything (V2X), cioè la capacità dei veicoli di comunicare non solo con altri veicoli (V2V), ma anche con le infrastrutture stradali, i pedoni e la rete elettrica. L’obiettivo è creare un ecosistema integrato in cui i flussi di dati circolano in tempo reale per aumentare la sicurezza e migliorare la mobilità.
«Serve un livello di standardizzazione che consenta ai veicoli di comunicare senza barriere», sottolinea Jabbar. Senza questo, il V2X rischia di restare un concetto teorico, frammentato da protocolli incompatibili e soluzioni chiuse.
La posta in gioco è alta: la possibilità che le auto scambino in tempo reale informazioni su posizione, velocità e condizioni della strada potrebbe prevenire incidenti, ridurre i tempi di percorrenza e ottimizzare il consumo energetico. Ma tutto ciò può avvenire solo se i sistemi parlano la stessa lingua.
5G, edge computing e sfida europea
La standardizzazione automotive non è un tema che riguarda soltanto i costruttori. Il successo della mobilità connessa dipende anche dalla capacità delle telecomunicazioni di garantire reti adeguate. Le applicazioni critiche, come la prevenzione degli incidenti attraverso la comunicazione veicolo-veicolo, richiedono tempi di risposta quasi istantanei. Il 5G, con l’Ultra Reliable Low Latency Communication (URLLC), è considerato la tecnologia chiave per abilitare questi scenari.
Jabbar sottolinea come l’Europa stia però rallentando rispetto ad altri Paesi: «In Giappone e Corea del Sud lo sviluppo del 6G è già avanzato, mentre in Europa la burocrazia frena l’installazione delle infrastrutture». Le lunghe procedure autorizzative per l’installazione di torri e apparati ritardano la diffusione di reti che sarebbero indispensabili per supportare i servizi più avanzati della mobilità connessa.
Il ritardo infrastrutturale rischia di accentuare il divario con mercati asiatici che, grazie a iter più rapidi, sono già in grado di sperimentare scenari che in Europa appaiono ancora lontani.
Telco e automotive: un rapporto da ridefinire
L’apertura del software e la costruzione di standard comuni si inseriscono in un contesto dove la collaborazione tra automotive e telco non è più opzionale, ma necessaria. «Le aziende di telecomunicazioni hanno l’obbligo di accelerare. Non basta dire che lo stanno facendo, serve maggiore rapidità», afferma Jabbar.
Da un lato, i costruttori hanno bisogno di reti robuste e capillari per offrire ai clienti servizi realmente innovativi. Dall’altro, le telco devono sviluppare modelli di business che giustifichino gli investimenti infrastrutturali, puntando su applicazioni che abbiano un impatto diretto sul mercato.
In questo senso, la standardizzazione automotive rappresenta anche una leva economica. Senza regole comuni, ogni nuovo servizio richiederebbe investimenti duplicati e soluzioni ad hoc, rendendo più difficile la scalabilità. Con protocolli condivisi, invece, i costi si riducono e le opportunità di monetizzazione si ampliano.
Un ecosistema ancora in costruzione
Il quadro delineato nel podcast mostra un settore in piena transizione. Da un lato, gli OEM cercano di adottare architetture open source e di partecipare a iniziative collaborative come l’Eclipse Foundation. Dall’altro, le telco sono chiamate a rafforzare le proprie infrastrutture per supportare applicazioni a bassa latenza.
La sfida della standardizzazione automotive non è quindi soltanto tecnologica, ma anche culturale e politica. Significa accettare di condividere parte del controllo, accelerare i processi decisionali e superare barriere burocratiche che rischiano di frenare l’innovazione.
La direzione sembra tracciata: il veicolo del futuro sarà sempre più un nodo della rete, capace di interagire con l’ambiente circostante. Perché ciò avvenga in modo sicuro ed efficace, però, serviranno regole condivise e una stretta collaborazione tra settori che per lungo tempo hanno viaggiato su binari paralleli.